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R Recensione

6/10

Eluvium

Similes

All’epoca dell’uscita di “Copia”, tre anni fa, dissi che una recensione track-by-track, scrittura che allora prediligevo, non avrebbe potuto restituire, in maniera tangibile ed efficace, tutta la gamma di emozioni che la monolitica prova ambientale del sensibile Matthew Cooper mi aveva, di fatto, concesso. È passato un po’ di tempo e, sostanzialmente, considerando come l’alta caratura del disco lo faccia girare ancora, più o meno frequentemente, nel mio lettore, mi sento di confermare il mio pensiero. In funzione di questo, ripartire da “Similes”, in un primo momento, spiazza. Anzitutto perché in termini di minutaggio, composizione, struttura, funzione è quasi agli opposti del suo predecessore. Spazio ancora al piano e alle manopole del buon Eluvium: come potrebbero, d’altronde, in quanto fondamenta stesse, venire meno? Assieme a loro, però, anche voce (!) e percussioni (!), dilatate su otto tracce. Con tanto di singolo in pre-release, “The Motion Makes Me Last”, che amplifica le sensazioni di svolta annunciata.  

Eresia? Azzardo? Sperimentazione? Confesserò che per lunghi giorni sono rimasto particolarmente dibattuto fra un estremo e l’altro. Ancora più amletica, dopo aver capito da che parte ero incline a propendere, la scelta di impostare, un’altra volta, la recensione. Come poter trovare, in soldoni, una via di mezzo, una perfetta aurea mediocritas tra la cerebrale esaltazione linguistica e la scarna, prevedibile comparazione tecnica. Se non altro ho finalmente appreso, una volta per tutte, che la tanto sbandierata connessione tra musica ed immagine non è solo fatto di repertorio, e nemmeno evento raro, ma cosa conclamata e verificabile in ogni istante, specie su input ideali come quelli ambient. Così, da un semplice paragone fra copertine, è saltata fuori la chiave di lettura. “Copia” sbandierava un paesaggio montano schematico ed assai intimo, la tinta perfetta per l’introspezione del suo contenuto, senza troppo fragore e lontano da qualsiasi influsso urbano. Quella di “Similes”, analogamente raccolta, fissa un embrione disperso, solitario, in cosmici liquidi amniotici. Da raccolto, profondo abbraccio circolare, il messaggio diventa più sintetico, semplice e pionieristico.  

Tale lo si deve intendere: progettuale. Un piede messo a metà nella staffa, in modo da non scoprire troppe carte per volta e lasciare, seppur con qualche rimpianto, l’attesa per un capitolo più completo e meno sbozzato. È palese che Cooper voglia abbandonare parte dei vecchi stilemi – sussurri, cantilene, appigli vocali fioccano un po’ ovunque – ma non abbia ancora ben chiara la direzione da intraprendere. Le basi sono state, in ogni caso, poste: “Leaves Eclipse The Night” lega ad un sinuoso guinzaglio di archi e drone quello che è poco più di un bisbiglio, trascinato da un loop a rientrare, mentre la già citata “The Motion Makes Me Last” è quasi un brano pop, preso per mano da un asettico pianoforte ma svuotato, al contempo, di intensità, per le coccole sonnolente reiterate dalla voce. Vi è un’impressione di generale freddezza, che impedisce a queste nuove canzoni di penetrare a fondo, perdurante nel tempo. Qualcosa di potenzialmente bello, sicuramente intenso, ma non sufficientemente interessante per poter scaldare l’animo di chi ascolta. Gli undici minuti abbondanti di “Cease To Know”, matrimonio combinato (chissà quante volte) tra la musica da aeroporti di Brian Eno, Takahiro Kido e i Sigur Rós, poco colpiscono e ancora meno rimangono impressi.

Ingiusto sarebbe, però, fermarsi all’apparenza e stroncare sul nascere questa metamorfosi in fieri, solo perché meno convincente del vestito indossato sino all’altro ieri. Non per nulla, il nome di Eluvium è cresciuto, divenuto importante ed apprezzato anche al di fuori degli addetti ai lavori: non per nulla, zampate come “In Culmination”, imponente cascata di note neoclassica, i crepuscoli di “Weird Creatures” o gli abissi minimalistici in “Nightmare 5”, sulla scia dei migliori – ma c’è anche la versione peggiore? – Stars Of The Lid parlano chiaro.  

In funzione di questo, ripartire da “Similes”, in un primo momento, spiazza. Anche in un secondo, ed in un terzo. L’importante è spegnere le luci.

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Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 13 voti.

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target (ha votato 6 questo disco) alle 13:44 del 16 marzo 2010 ha scritto:

I primi due pezzi cantati fanno molto Richard Youngs di "Beyond the valley...": un pop aereo e asettico, sotto cui però si sente un'anima intensa (più in "Leaves eclipse the light"). Pop-art. Come il video qui sopra: bellissimo. D'accordo con Marco per il resto.

Tizio (ha votato 9 questo disco) alle 19:03 del 16 marzo 2010 ha scritto:

Secondo me Eluvium a tentato di contaminare la sua musica con una forma più usuale di canzone. Continuo ad ascoltarlo e lo trovo bellissimo, diverso da Copia ma altrettanto stimolante. Credo che l'esperimento Similes sia riuscito.