R Recensione

9/10

William Orbit

Strange Cargo III

Riuscire a sottrarsi al fascino di William Orbit non è cosa assicurata nemmeno per chi schiva il genere ambient. La sua è una delle parabole più avvincenti che la sperimentazione elettronica anni ’90 abbia tracciato.

Inglese, classe ’56, Orbit vanta una traccia stilistica inconfondibile per eleganza e ricercatezza; i suoi pezzi intrecciano lirismo naturalista, influenze etniche e spietata espressione tecnologica creando una sorta di psichedelia ambient.La trilogia Strange Cargo, avviata nel 1988, si congeda felicemente nel 1993 con il terzo capitolo Strange Cargo III.

L’album si apre con Water From A Vine Leaf, dove la voce di Beth Orton interviene su un’incisiva struttura trance-ambient e prosegue con Into the Paradise, dove distorsioni musicali sembrano sciogliersi in paradisiache risonanze vocali, guidate da una valicante base di bassi che modula il pezzo. Il miracolo si ripete in Harry Flowers dove l’abbondante uso di archi erige una levigata cornice al brano, preceduto da Time to get Wize dalla destrutturata forma hip hop. In A Hazy Shade Of Random e Best Friend, Paranoia Orbit mette in campo le più evidenti penetrazioni etniche mentre A Touch of the Night sfiora la tribalità per concludere con un gioco di archi serpeggianti.

Per tutta la durata del disco, tastiere elettriche e distorsioni di chitarra elettriche fanno da contrappunto a dispersioni liriche, fluttuazioni sonore e vibranti incursioni etniche, sostenute da abili intrecci elettronici. L’effetto è strabiliante: ascoltare Strange Cargo III è come osservare lo scintillio della luce sul mare, guardare il cielo stellato, percepire spiragli di sole dall’irregolare chioma di un albero, ascoltare l’eco della voce del mare in una caverna, affondare i piedi nella sabbia bagnata, tutto contemporaneamente: è un viaggio incredibile in un mondo ai confini del reale.

William Orbit confeziona quindi un perfetto disco fatto di sottili ma irrinunciabili sensazioni che rapisce l’ascoltatore in una sorta di trance benefica per poi liberarlo con l’impressione di essersi appena svegliato da un bel sogno. Assolutamente imperdibile!

V Voti

Voto degli utenti: 9/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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SamJack alle 15:36 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

"un perfetto disco fatto di sottili ma irrinunciabili sensazioni che rapisce l’ascoltatore in una sorta di trance benefica per poi liberarlo con l’impressione di essersi appena svegliato da un bel sogno." .....mi incuriosisce questa tua descrizione.....il disco non lo conosco, rimedierò.....