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R Recensione

7/10

Mai Mai Mai

Isola / Azione

Dischi della pandemia fantastici e dove trovarli. Da brava mente pensante e pulsante qual è, Toni Cutrone non si è limitato ad assorbire l’impatto devastante di Covid sulla propria attività con il catramoso rancore di chi, come molti, è costretto a riprogrammare da zero interi tour già organizzati, ma ha cominciato ad esplorare le conseguenze pratiche e filosofiche più a lungo termine legate alla chimera di un “ritorno alla normalità” che, specialmente per l’underground artistico di cui è parte integrante, non può darsi come soluzione praticabile. Una meditazione profonda e radicale sul senso della propria arte, dell’uomo-isola illusoriamente autosufficiente e delle forze collettive in cui sarà chiamato a confluire per poter sperare di proporre un’alternativa nuova, non tangenziale bensì opposta a quella sconvolta dall’irruzione del virus. È da queste considerazioni che nasce, come loro coerente propaggine evolutiva, il nuovo lavoro “Isola / Azione”, registrato in casa a Roma durante le prime due settimane del lockdown e uscito in un’edizione limitata (100 copie in tutto) in vinile rosso, con la bella copertina stilizzata di Andrea De Franco.

Rispetto alla trilogia mediterranea e al più recente “Nel Sud” (2019), questo Mai Mai Mai si muove su traiettorie più astratte e volatili, semioticamente più indefinite. Due brani, uno per facciata. Per una sua buona metà “Isola” (16:11) si avvicina alle visioni kraute della Squadra Omega de “Il Serpente Nel Cielo”, traslate però nei landscapes postapocalittici di “Lost Coast”: sugli stessi arpeggi psichedelici della chitarra dell’ospite Matt Bordin, dapprima cupi ed espansi alla maniera dell’ultimo Paolo Spaccamonti di “Volume Quattro”, comincia gradualmente a depositarsi polvere desertica da americana terminale, rifrazioni allucinogene che boccheggiano in tombe di cemento. “Azione” (12:18) si avviluppa intorno ad un’unica, lugubre, sorda pulsazione noise, da cui si dipanano anoressiche sfrangiature industrial e rintocchi processati di campane da morto: un minimalismo totale che, anziché svolgere una funzione defatigante, prostra e atterrisce.

Manifesto ideologico ed estetico ad un tempo. Illuminante nonostante (o grazie a?) un’assoluta povertà di mezzi.

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