R Recensione

7/10

Bugz in the Attic

Back In The Dog House

Il broken beat è stato (insieme al dubstep) il suono più fresco ed innovativo emerso dalle nebbie inglesi nel corso del 2006.

Decodificare questo nuovo segnale di vita non è cosa semplice, si tratta infatti di materiale più buono per la pancia che per il cervello; si può comunque tentare col dire che le fondamenta per la nascita di queste sonorità sono rintracciabili nel suono drum’n’bass , o per meglio dire, nella morte per sterilità della drum’n’bass.

La ricerca di nuovi orizzonti musicali ha portato i suoi figli a contagiarsi con la febbre ritmica del break-beat, dove hanno assimilato i moderni tecnicismi e gli incastri ritmici tipici del genere, per poi rivolgere il cuore ai groove vitali specifici della prima House.

Un pò come voler trarre dalle radici il nutrimento necessario per dar sostanza alle idee e alle intuizioni tecniche indispensabili per sperimentare nuovi suoni .

Tramite una miriade di produzioni, remix, e lavori su 12” si andava riscoprendo quella passione che cosi dolorosamente era stata latitante nelle grigie lande del drum’n’bass.

Ed è cosi’ che, grazie al lavoro dei primi sperimentatori, alla fine degli anni ‘90 cresce la fertile scena broken beat nell’area di West London, creando tra l’altro l’ennesimo caso musicale in cui è possibile associare ad una specifica area urbana un certo tipo di suono: in questo caso mix di House,Electro,Breakbeat,Disco, a creare un suono inedito in ambito dance.

A fare da rompighiaccio furono gli assi del puro suono jungle4 Hero, (all’epoca incompresi per i loro esperimenti in tal senso), seguiti aruota da una ragnatela di produttori che sotto vari alias, sigle e progetti collaborativi ( citiamone solo alcuni: Neon Phusion con alcuni futuri Bugz, Afronaught, Recloose, Atjazz, Restless Soul …) hanno contribuito a creare interesse e credibilità attorno a questo nuovo intricato scenario.

In poco tempo il collettivo a formazione aperta Bugz In The Attic si rivela il nome più caldo, quello che inizia a catalizzare le aspettative maggiori e che accenna ad uscire dalla cerchia di appassionati di broken-beat, anche grazie alle leggendarie serate curate nei vari club della zona ovest di Londra.

I nostri coltivano la loro reputazione, più che con le proprie creazioni, con le produzioni di qualità e con i remix per alcuni dei nomi più in vista in ambito di musica ritmica(Zero7, Jazzanova, Victor Duplaix, Macy Gray, Nithin Shawney, Gene Harris, Amp Fiddler, solo per fare alcuni esempi) in cui troviamo i singoli componenti del supergruppo, a volte nascosti dietro i vari alias adottati, altre a nome Bugz In The Attic, plasmando un marchio di fabbrica riconosciuto ed amato sia dal pubblico che dai colleghi della cosiddetta musica dance .

Produzione dopo produzione le loro idee si rivelano capaci di elevarsi molto sopra la media , la musica dei londinesi sembra in grado di poter essere esportata anche al di fuori dell’ ambiente ‘underground’ dove fino ad oggi sono state, seppur con grandi risultati, relegate.

E la fiducia che la major V2 ripone in loro, a dispetto dei tempi lunghissimi richiesti dal gruppo per la pubblicazione dell’album d’esordio, sembra confermare l’ipotesi che i Bugz sono in grado di potersi battere ad armi pari con le superproduzioni del pop da classifica, pur mantenendo quella freschezza e quella credibilità guadagnate negli anni. Vera e propria manna dal cielo per qualsiasi etichetta anche solo un pò sveglia .

Ed ora che abbiamo l’album tra mani possiamo dirlo con sicurezza : ‘Back In The Dog House’ è proprio la bomba che ci si aspettava.

L’eclettismo dei pezzi che compongono questo album, dal tiro house-disco-black marcatissimo ma sempre mescolato ad electro,jazz, rock,hip hop e chi più ne ha più ne metta, non va a scapito della compattezza di una delle uscite più spumeggianti del 2006 .

Che senza dubbio non e’e non può essere il manifesto del broken beat (proprio a causa della sua eterogeneità), ma che di questo stile porta il sincopato dna a passeggio con il suono più eccitante che vi possa capitare di ascoltare in un’uscita dance odierna.

Avvinghiata a tutte le sedici tracce di ‘ Back In The Dog House’ c’è una vitalità che farebbe ballare anche un morto, la passione esplode dalle casse dello stereo canzone dopo canzone…in alcuni momenti ho pensato che se fossi uno psichiatra prescriverei questo album come terapia per i pazienti più depressi… La tristezza scapperebbe inorridita al cospetto dell’eccitazione totale alla Go!Team di ‘Move Aside’ o alle irresistibili provocazioni di ‘I’m Gonna Letcha’. Per non parlare delle scintille errebi’impiastricciate di Electro quali ‘No More’ , ‘Happy Days’ e ‘Don’t Stop The Music’.

Altrove ci si avvicina a certe raffinatezze di area jazztronica (‘Once Twice’,’Inna Row’) per poi portare omaggio alla natale West London con le sincopi di ‘Redhanded’ e ‘It Don’t Work Like That’. Proseguendo ‘Knocks Me Off My Feet’ sembra studiata a tavolino per le nostre serate più sguaiate, ‘Consequences’ ascoltata al volume giusto ( cioè il più alto possibile) potrebbe far ballare alla Michael Jackson anche il più triste degli indie rockers, coi suoi bassi ciccioni e le voci maliziose, per finire facendosi cullare dai morbidi coretti di ‘Booty La La

L’album è versatile, adatto ad ogni situazione e ambiente: perfetto per l’ascolto casalingo(cosi’ pieno di rotondità), consigliato per l’ascolto in auto (occhio ai balletti ai semafori però), destinato a scatenare il delirio(o anche peggio) in qualsiasi club venga suonato.

Dentro ‘Back In The Dog House’ c’e’ la formula per combattere il grigiore della vita moderna .

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