R Recensione

6/10

Thievery Corporation

Radio Retaliation

Il rischio, quando si entra nel regno della downtempo, è quello di trovarsi imprigionati in una sclerotica ed insopportabile ripetizione di cose già dette e di concetti già espressi centinaia di volte: la standardizzazione del genere e la sua conseguente banalizzazione, la difficoltà per i produttori di punta di elaborare qualcosa di nuovo, la sensazione di trovarsi sempre di fronte sostanzialmente allo stesso disco.

C'è però sempre uno spunto d'interesse: la curiosità di vedere quale escamotage verrà studiato dall'artista o dagli artisti di turno per giustificare l'ennesima uscita nell'abusato filone. Prendiamo ad esempio i Thievery Corporation: trai migliori e più raffinati artefici di questi suoni, controparte ecumenica dei Fila Brazillia, contraltare morbido alle oscurità dub dei remix targati K&D. Se nell'ultimo The Cosmic Game, del 2005, avevano optato per un maggior avvicinamento alla forma canzone, con questo Radio Retaliation i nostri si giocano la carta dell'internazionalismo, della globalizzazione musicale senza steccati.

Che, a ben vedere, è sempre stata uno dei pallini fissi dei TC, ma che qui assume il ruolo di fil rouge dell'intero album, insieme al tema dell'antagonismo politico reso esplicito fin dalla copertina raffigurante un guerrigliero zapatista.

La parte del leone, la fanno, come sempre (ovviamente) ritmi in levare: il dub in apertura di Sound The Alarm, il reggae dalle sfumature roots della title track e di Blasting Through The City, l'aplomb à la Massive Attack di 33 Degree. Ma ci sono anche (come potrebbero mancare ?) gli aromi indiani di Mandala, sitar e tablas in bella vista e richiami alle vecchie produzioni del dimenticato Talvin Singh, a fare il paio con le divagazioni orientali di the Forgotten People.

E c'è pure spazio per l'”erede” Femi Kuti in mezzo alle scorribande tra soul e afro beat di Vampires e per il divo brasiliano Seu Jorge che bacia con il suo tocco inconfondibile Hare Krsna.

E non può mancare, a questo tour de force, una puntatina tra i passi latin di El Pueblo Unido.

E perchè farsi mancare un pò di trip-pop ? Ecco allora una Beautiful Drug un pò Zero7 e un pò Morcheeba ed una Femme Parallel che strizza d'occhio alla ragazza d'argento degli Air ed ai remix d'annata di Kid Loco. O ancora un ultimo svolazzo lieve sul formato canzone con Sweet Tides.

Manca qualcosa ? Ah, si: un tocco di nu jazz (Retaliation Suite) e un pelo di funk in compagnia del decano Chuck Brown (The Numbers Game).

L'eclettismo non manca, non c'è che dire, e lo stile resta una costante nel suono della coppia di Washington D.c. I dubbi, come sempre, restano sulla sostanza: tutto fila liscio e senza scossoni, ma l'impressione alla fine di questa circumnavigazione di sonorità e ritmi è al massimo un piacevole retrogusto, con la fame di qualcosa di più sostanzioso dietro l'angolo. Come in uno di quei variopinti buffet che accompagnano gli aperitivi. Appunto.

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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rael 6/10

C Commenti

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icominto alle 15:35 del 10 gennaio 2010 ha scritto:

COSMIC GAME

Un bel disco ma THE COSMIC GAME resta il loro capolavoro!

superPOP girl (ha votato 5 questo disco) alle 15:51 del 30 gennaio 2011 ha scritto:

l'impressione è che dei TC piaccia a tutti il primo disco che si ascolta, per poi scoprirne la ripetitività seppure sempre ben confezionata. Io trovo "The Richest Man in Babylon" il loro disco migliore, benché ad oggi sia il loro the best of "It Takes A Thief" a rappresentarli appieno!