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R Recensione

7/10

Lee Scratch Perry/Bill Laswell

Rise Again

From Addis Abeda to Kingston. Dall’Etiopia alla Jamaica all’intero globo terraqueo e ritorno. Il tutto stando comodamente rilassati sulla propria poltrona di casa. Il viaggio di Lee “Scratch” Perry continua. E con lui prosegue anche il nostro. Alla veneranda età di 75 anni l’uomo, che con il suo estro e la sua genialità ha illuminato l’ultimo quarantennio di musica jamaicana (ma non solo quella), torna sulla scena con un album dove viene coadiuvato da mister Bill Laswell, altro personaggio che un piccolo posticino nella storia della musica se lo meriterebbe davvero. Uno che ha dato il meglio di sé non solo come bassista (Material tanto per dire …), ma anche quando si è trattato di manovrare leve e manopole dietro al banco del mix (come dimenticare lo splendido Panthalassa: The Music Of Miles Davis 1969-1974, un po’ meno fortunato a parere di chi scrive Dreams Of Freedom, Ambient Translations Of Bob Marley che sarebbe invece più in tema con quest’ultima fatica a quattro mani con Lee Perry).

Rise Again è titolo quantomeno sintomatico del percorso intrapreso dai due scafatissimi musicisti. In effetti Perry e il suo compagno di viaggio non fanno che risorgere anche questa volta, identici a sé stessi, eppure diversi, originali, nuovi, mai scontati. D’altra parte non è questo ciò che fanno i grandissimi? Subito in apertura Higher Level ci proietta a un livello superiore, serenamente catapultati tra le nuvole della Jamaica. In mezzo alle tipiche sonorità ovattate specialità della casa. Scratch Message prosegue sullo stesso canovaccio, il trip prende corpo. Che il Verbo dei nostri sia diffuso. Ancora una volta. In loop per sempre. I contributi vocali degli ospiti sono eccellenti. Dalla cantante etiope Gigi Shibabaw a Tunde Adebimpe dei Tv on the Radio, fino a the Hawk(man), alias (Method Of Defiance). Fanno il loro ingresso soprattutto a partire dalla splendida Orthodox regalando a Rise Again un respiro global(izzant)e che lo rende assolutamente attuale, pur essendo fuori dal tempo come il suo stravagante autore che ormai pare un essere immortale. Come un Noè strampalato e bizzarro che invece di caricare bestie sulla sua Arca preferisce collezionare nuovi album e collaborazioni. Il marchio di fabbrica della coppia si conferma anche in Wake the Dead e non potrebbe essere altrimenti visto il titolo. Nella mente si fissa una (ormai) vecchia copertina di un disco dei Tarwater, una cassa incastonata in una palma.

La title-track Rise Again è un inno che invita a rialzarsi, a risorgere. Una dichiarazione d’intenti in bassa battuta. Suono pastoso, battito cardiaco ultra-rallentato e ovviamente ritmiche e bassi sempre in primo e primissimo piano. Un flash. Segue African Revolution apice (afro)pop del disco. Un ritornello irresistibile che si appiccica in testa e non lo si cancella più. Il testo invita apertamente alla rivoluzione. In Africa, nel mondo, dentro sé stessi. Anche Dancehall Kung Fu ha un bel tiro con quel suo suono meticcio a metà strada tra Jamaica e metriche hip hop. La seconda parte del disco non riesce a mantenere l’asticella così elevata. Si scivola un po’ troppo in una camera dub fatta di visioni e allucinati quadretti made in Jamaica, vedi Butterfly e il pezzo di chiusura Inakaya (Japanese Food), tra echi e riverberi super intrippanti. Il rischio sbadiglio è dietro l’angolo. Comunque facendo una media tra la prima parte da 8 e la seconda da 6, ne esce un bel 7 pieno. Niente male per un 75enne che ne ha passate di tutti i colori, sicuramente meglio di tanti giovanotti che potrebbero essere suoi nipoti …

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 2 voti.
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redbar 7/10

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