V Video

R Recensione

8/10

Andy Stott

Luxury Problems

Alza lo sguardo verso il cielo, Andy Stott, ma resta sempre verticalmente scavato nel magma il suo suono. Dopo l’eccellente accoppiata di Ep dello scorso anno (“Passed Me By” e “We Stay Together”), questo “Luxury Problems” sancisce l’originalità della sintesi su base dub-techno del producer inglese, raffinandone persino l’accessibilità. Perché Stott, dopo anni di diffidenza e di prove centellinate, si è aperto in modo deciso all’uso della voce, qua sempre affidata alla sua ex insegnante di piano Alison Skidmore. Come per un illusionismo, i vocals creano, infilandosi nelle textures sempre molto infossate di Stott, una specie di altra dimensione, diventando il perno impalpabile di interi pezzi, quasi (per quanto sembri assurdo) ‘cantautorali’. È questo il passaggio geniale dell’ultimo Stott: diventare più luminoso in superficie, mantenendo intatto il proprio nascosto risucchio nero, di città e zone industriali fatte cimiteri.

Perché la sua Manchester conta, eccome. Basta ascoltare i primi due minuti della catatonica “Expecting”, prima che entrino sottopelle tastiere che leggermente sollevano la visuale e alzano dai docks nebbiosi e dalle fabbriche mancuniane, con la techno che si fa quasi industrial, raccogliendo brandelli dell'hauntologia recente.

Dove il disco splende, in realtà, è nei momenti in cui la verticalità viene sfruttata in tutta la sua scala: “Numb” acceca nelle sovrapposizioni dei loop vocali di una Skidmore da vero eden, fino all’ingresso disturbante dei beat e del groviglio di bassi che crea un tappeto sinistro, come se la tuffatrice dall’alto stesse per immergersi in un vortice impeciato e ctonio. È in questa sospensione, potenzialmente paradisiaca e assieme mortale, che si costruisce la magia di "Luxury Problems". In questo connubio di elementi che sembrano non esistere nemmeno, tanto smembrati sono i vocalizzi e tanto abissali sono i bassi (avvicinate bene le cuffie alle orecchie!). La tensione si ricrea in “Lost And Found” (apice): la Skidmore, che è anche cantante di opera, qua si arrampica in una linea quasi spiritualizzata sopra un magma di groove da rave insozzato, tutto ipercompresso. Mentre salgono incubi Demdike Stare (ma anche, dai '90s, certi Future Sound of London), i beat spariscono e poi tornano, come mostri negli horror. Brano da classico-subito.

La verità è che la tradizione viene riplasmata da Stott con un mash-up di grandissima originalità, passando dalla techno solo un poco rallentata e tinta di ambient (“Sleepless”) a paesaggi e scorci da post punk sperimentale: “Hatch the Plan” attacca noise con bleeps che feriscono come sangue che ti sgocciola dentro (già in “Execution”). Poi un lungo sample in loop, con un riverbero che diventa viluppo, mentre l’equalizzazione sempre molto rough e improvvisi inabissamenti sotto-urbani (ecco Burial) inquinano la potenzialità paradisiaca del pezzo, che infatti alla fine degli 8 minuti abbondanti si disfà in un nuovo gorgo noise, sembra farsi travolgere da una bufera metropolitana e apocalittica, fino a essere tagliata da una turbina che gira a vuoto cigolando (presente il finale del video di “Karmacoma”?). Dark è dire poco. Knackered, infatti, si dice di Stott: esausto e distrutto.

Problemi di lusso, d'altronde, sono le micro-rotture con cui Stott sabota i suoi stessi brani. Come l’equalizzazione ondivaga e gli stacchi sonori sballati della title-track, a volte volutamente fuori sincrono (Voices of Black?), in mezzo a un mare di bassi avvolgenti. Come la prima metà di “Up The Box”, paranoide corsa verso il nulla, nevrastenica fuga sfregiata dai bassi buttati sullo sfondo come un’ombra inesorabile, che poi sfocia, con uno stacco drum'n'bass, in una ritmica jungle in incessante distorsione. “Leaving”, in chiusura, è un inno purificatore, con la voce spinta da propulsioni di synth eighties, finché i cimbali accelerano all’impazzata e la voce, lasciata libera dal loop, sembra intonare una preghiera.

Che è la speranza, mentre si è in aria, di non finire schiantati. Pur sapendo che...

Tra i dischi dell’anno.

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 12 voti.
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2
1,5
1
0,5
loson 7,5/10
pieera 8,5/10
Kid_Ale 9,5/10
REBBY 6/10
mavri 8,5/10
andy capp 2,5/10
JetBlack 7,5/10

C Commenti

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loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:23 del 2 novembre 2012 ha scritto:

I due ep dell'anno scorso li avevo ascoltati poco e male, ma anche adesso, riprendendoli, non mi hanno entusiasmato. Questo, d'altro canto, è notevole. Stott ha traghettato la sua idea di techno verso lidi ancora più radicali, riuscendo, per paradosso, ad "aprire" il sound a una comunicatività inedita. La scelta di utilizzare la voce femminile (e che voce!) è stata vincente: l'operistica "Lost And Found" gioiello inestimabile; "Hatch The Plan", "Leaving" e "Numb" numeri da brividi in cui frammenti dell'estetica gothic 4AD, reinquadrati in un nuovo e inedito contesto "sozzo", risplendono che è un piacere. Anche quando Stott si chiude a riccio nel suo universo "terminale" alla Eraserhead (la doom-techno di "Expecting") riesce a mantenersi altamente coinvolgente. Mi convincono meno "Sleepless" e soprattutto "Up The Box", con quel cambio di marcia in broken beat messo quasi a casaccio. Resta un lavoro eccellente, come dicevo poc'anzi. Se non gli metto 8 è solo perchè ultimamente mi sono allontanato un po' dalla techno "meno melodica", e poi con la minimal ho un rapporto abbastanza controverso. XD Mastro Targ, tanto di cappello: recensione straordineria come di consueto, ma non ci volevo certo io a rimarcarlo. Fra l'altro, sei stato puntualissimo nel rilevare "gli stacchi sonori sballati" e "fuori sincrono" della maestosa Title-Track, quando al beat principale si attorciglia, per pochi secondi, un beat "accessorio" con annesso effetto destabilizzante. <3

MyRadio (ha votato 7 questo disco) alle 2:02 del 3 novembre 2012 ha scritto:

Leaving è semplicemente incantevole.

Cas alle 11:51 del 3 novembre 2012 ha scritto:

Ci sono almeno due brani (Numb e Hatch the Plan) che nel giro di un paio di ascolti mi hanno completamente stregato. Il bello è che il resto sembra essere altrettanto affascinante. Grande targ: proposta notevole!

Filippo Maradei alle 12:53 del 3 novembre 2012 ha scritto:

Io rimango più sul freddino, invece: "Lost And Found" e "Hatch The Plan" mi piacciono molto, il resto poco. Solo io c'ho sentito dentro tanto Trentemøller per le progressioni techno e l'uso gothizzante della voce?

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 10:14 del 8 novembre 2012 ha scritto:

a me entusiasma tutto, in pratica, di questo disco. l'impressione è di un'inesorabile, interiore processione decadente, sgretolata e magmatica (impasto fluido, nell'etere, di scorie industriali, techno, e foschie di spettri), avvolta da proiezioni goth (ma anche trip hop, dark, …); processione che è funzione, sospeso disfacimento (da declino), punto di partenza per l’articolazione di una resa estetica totale, marcata da immissioni compresse di dub (a scavare),dagli intrecci groovy di beat (sovente accattivanti, su bordi da club) in relazione ruvida-armonica coi bassi, e sopratutto dalla grazia, dorata, della skidmore.

eccetera.

non so, sul serio, mi è difficile scegliere il pezzo più rappresentativo: dico la title track, anche per resa (incanto nei sospiri a nascondersi e riaffacciarsi) vocale. ascolto imprescindibile per quest’anno, ivi dritto nei primi posti della mia classifica. e Targhetta illumina, come la skidmore, in tutto ‘sto grigio! XD

Cas alle 19:03 del 8 novembre 2012 ha scritto:

ti seguo a ruota nell'entusiasmo e confermo il mio 8. gran disco!