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R Recensione

8/10

Burial

Untrue

Per molti di noi, quella del 2007 è stata un’annata caratterizzata da un’inarrestabile e costante ascesa di quel suono specificamente urbano e britannico (per non dire londinese) conosciuto come Dubstep.

Numerosissime le uscite che hanno puntualmente saziato le aspettative di critica e pubblico (più i primi dei secondi a dire il vero…) e che hanno portato prima al riconoscimento poi al conseguente consolidamento di tale scena.

C’è da dire che raramente come nell’anno appena trascorso l’inscatolamento dentro una definizione collettiva per album ed artisti tanto eterogenei è sembrata una forzatura, a più riprese notata anche da chi ha frequentato questi lidi poco più che saltuariamente.

Per raccappezzarcisi, si potrebbe raffigurare la poliedrica ‘scena Dubstep’ come un parallelepipedo ricco di lati e spigoli, in cui ad ogni lato corrisponde un’identità diversa racchiusa nell’immenso contenitore (forzatura?) che le tiene insieme.

Da un lato il percorso a ritroso verso la drum’n’bass di dieci anni fà in dilatazione sulle sillabazioni ragga di Boxcutter e Hatcha; da un altro le visionarie uscite di Dj Distance (super-consigliato il suo ‘My Demons’) e Mrk1 che si fregiano di produzioni maggiormente pulite per ri-discernere il significato del trip-hop-Trickyano portato a conseguenze parossistiche e micidiali; da un altro il suono brulicante dai sottintesi etno firmato Skull Disco; a un altro ancora il ribollire sottocutaneo di fieri maestri come Kode9 e Skream (suo il ‘là’ al fenomeno con il manifesto ‘Request Midnight Line’); per non parlare delle fondamenta di Londra Sud , dove nessun civile si sognerebbe di mettere piede, infestate da gente come Digital Mystikz e Loefah con le loro trame melmose e minimali.

Burial si è rivelato, sin dai suoi esordi in casa Hyperdub, la gemma più rara e quindi preziosa dell’intero panorama, a partire dall’oscurità misteriosa che circonda la sua identità.

Anche se non è stato questo a colpire, quanto l’immaginario, il ritratto emotivo che con il suo esordio autointitolato del 2006 e, ancora di più, con questo Untrue, è riuscito a fotografare.

Come uno spazzino che rassetta la piazza dopo una notte di capodanno, così il nostro raccoglie e cuce tra loro brandelli ed echi del suono elettronico-generazionale britannico (e quindi di tutti noi) degli ultimi quindici anni : 2-Step, Garage, Trip-Hop, Techno, Grime, Jungle e finanche Afro Sound (alle mie orecchie…) sbiancato in candeggina; il tutto chiuso in una bolla geneticamente urban-ambient.

Insomma, la festa è finita.

L’afflato sociale di quelle musiche esaurito, l’intimità e la solitudine come necessità urgenti.

Qualcuno chiama Post-Rave questa sensazione di strapiombo sul nulla.

E mentre non si contano più le webzines i blog e le pubblicazioni di settore che eleggono Untrue disco dell’anno, il ragazzo dietro la sigla Burial preferisce restare defilato nell’ombra, in qualche angolo di Londra a ripararsi dalla pioggia battente e ad osservare la vita scorrere.

Il disco comunica disfatta, è una vera e propria cattedrale di voci gravide di soul ed emotività che si ergono su fondali di malinconia, rimandi e ricordi.

Brano dopo brano, ad occhi bassi sopraggiunge la consapevolezza, una sorta di compassione per la vita che ci circonda.

Tracce come ‘Uk’, ‘Dog Shelter’, ‘ In Mc Donalds’, ‘Endorphin’ con i loro vocals trasfigurati dall’arrendevolezza e capaci di portare su un piano verticale l’emozione, sbriciolano anche il cuore più corazzato tra la pioggia e la polvere.

Non si scambi Untrue per un album apocalittico, che pezzi come ‘Archangel’ e ‘Raver’ (quest’ultima con una delle basi techno più ‘basic’ ed efficaci sentite nel 2007) portano ad una catarsi dei pensieri, non hanno specificità descrittive o propositive.

Sembrano semplici constatazioni.

Il suono della tragedia avvenuta, dove non rimane più nessuno a raccontare ciò che era ed il tempo ora si è portato via; quindi solo macerie.

Come quelle raffigurate nel booklet interno del cd, a volerle interpretare simbolicamente.

Ho letto su una rivista che il suono ricercato da Burial è quello che rimbomba in testa dopo una notte in un locale, quindi echi, presente confuse, ‘tracce’.

È quello che si sente nei fantasmi della dance che fù nelle incertezze ritmiche di ‘Homeless’, nel siderale post-jungle di ‘Ghost Hardware’, nei Massive Attack diecimila metri sotto il livello del mare di ‘Shell Lights’.

La titletrack e ‘Near Dark’ veicolano cinismo e dissoluzione tramite frastagliati sfondi 2-Step e vocal deep-soul, prendendo sembianze gotiche e cyber con le inesorabili folate di bassi oscillanti; ‘Hetched Headplace’ distilla la lacrime algide un secondo prima di farle cadere nell’oblio della ostra epoca, delle contingenze.

Non è un disco facile, Untrue.

Non tanto per il contenuto sonoro, quanto per la capacità che ha di portare l’ascoltatore a raffrontarsi con sé stesso e con i propri pensieri, tralasciando l’istinto per ascoltare il cuore.

Per quanto mi riguarda, questa è musica Soul.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 22 voti.
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rael 8/10
Cas 8/10
REBBY 4/10
giank 5/10
max997 9,5/10
Lepo 9/10

C Commenti

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Lezabeth Scott alle 10:19 del 18 gennaio 2008 ha scritto:

L'affaire Burial

Questo Burial è un ossessione, ultimamente. Ho letto un articolo su di lui nell'ultimo Blow Up e sarà che sono un po' lenta o saranno stati gli sconsiderati voli pindarici di quel giornalista, non c'ho capito nulla. La tua recensione è più ancorata al suolo su cui camminaniamo tutti noi comuni mortali però temo che per saperne di più dovrò ascoltarlo (e non una volta sola). Saluti e baci.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 18:37 del 16 febbraio 2008 ha scritto:

notevole e curioso...bello!

Roberto_Perissinotto (ha votato 9 questo disco) alle 16:27 del 4 gennaio 2010 ha scritto:

Semplicemente: la notte tramutata in musica. Sono quasi stato "costretto" a comprarlo dopo le migliaia di rumors su Burial, ma ero anche molto attratto dall'immaginario musicale che questo artista offre. Ed era tanto che non sentivo un disco di elettronica così avvolgente e ricco di sfumature: la parte ritmica è azzeccatissima e ossessiva, atmosfere che pescano direttamente dai Massive Attack di Mezzanine e le voci...quelle voci che emergono dal buio e ti entrano nel cervello...lo adoro. La mia droga musicale.

Filippo Maradei (ha votato 9 questo disco) alle 22:07 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Alle volte è facile pensare immersi nel buio: le vibrazioni grattano l'aria, gli occhi si alleggeriscono, i sensi si dilatano.

Inevitabilmente la musica ama il buio; rimanere sospesi "a terra" tra note e note e note e soffi di violino e carezze di pianoforte e abbracci di batteria. Ritmi alti, ritmi bassi, ritmi veloci, ritmi lenti, ritmi di uno che ha bisogno di godere steso a letto, immerso nel buio. Da solo. Senza mani.

Questo e molto altro è Burial. Hai ragione Matteo: dannatamente "soul"

TexasGin_82 (ha votato 7 questo disco) alle 17:05 del 8 luglio 2010 ha scritto:

7

10 in ricerca del suono, 4 in composizione.

Bellerofonte (ha votato 8 questo disco) alle 12:13 del 20 novembre 2010 ha scritto:

Devo dire che il primo non mi entusiasmò molto, quindi al tempo trascurai l'ascolto di questo secondo lavoro.. ma poi dovetti ricredermi perchè devo dire che questo è davvero un gran bell'album

Dusk alle 15:54 del 22 aprile 2020 ha scritto:

Dico solamente che è stato valutato da critici molto più specializzati di noi come l'album di musica elettronica migliore della decade nel 2007. Sicuramente risente di un hype e in futuro sarà ricalibrato il giudizio su di lui; ma, ad oggi, rimane ancora una delle più belle e recenti manifestazioni di quella musica elettronica con un'anima.