Skrillex
Recess
Dopo un lustro passato alla meglio tra polemiche scatarrate in faccia e salamelecchi santificatori, la verità che resta è una sola: Recess è il primo album di Skrillex. Tutta quellironia sul taglio dei capelli unti, sugli occhiali da hipster con la montatura in osso, sulla sempiterna diatriba tra nuove vie comunicative e vecchi retaggi old school, e tutti i dialoghi intorno allimportanza carismatica di Skrillex nella scena EDM, sono solo fuffa. E ad essere sinceri fa un po ridere che, a parte il matrimonio ortodosso tra reggae ton, dubstep e dance hall celebrato su First of Equinox e qualche featuring che profuma molto di dollari ma poco di arte (compreso quello con i Korn), il nostro abbia varcato le sue personali colonne dErcole soltanto adesso.
Recess è liniziazione. Un banco di prova che ostenta i suoi intenti goliardici sbattendo in copertina un essere a metà tra il tarpano e il trascendente. Una figura che sembra uscita dal plot di un cartone della Pixar per finire appiccicata sulla carena di uno scooter truccato. E tanto basta per introdurci nel beato mondo di Skrillex. In quel microcosmo che lha reso famoso e da cui lui nomen omen di Recess rimane saldamente ancorato. Perché la ciccia, al netto della prova, è veramente poca e mal distribuita. Si respira tanta dubstep, dance hall, EDM ed orpelli d.o.c., accompagnati da una caterva di ospiti che, nonostante la caratura artistica, non riescono a dare labbrivio necessario a far decollare lalbum.
Si apre lo scenario con All is fair in love and Brostep - apripista della nuova avventura skrillexiana ed emerge immediatamente la cifra stilistica fatta di continui drop bass e venature dance hall, in questo caso prestate alla sapiente arte dei Regga Twins che ne finalizzano lutilizzo in salsa reggae.
Nellinsalata digitale si mescolano tanti, troppi ingredienti che inficiano la ricetta finale. A volte a causa di soluzioni al limite del sopportabile (le voci stonate reiterate su Doompy Poomp) a volte per certe aspettative tradite dai featuring altisonanti che si prestano a prestazioni scialbe (è il caso di Diplo su Dirty Vibe) altre ancora, come su Stranger, per delle soluzioni darrangiamento ridicole che basano la propria pietra angolare su cambi di bpm illogici e fastidiose note di synth glissate.
Il corto circuito del buon gusto termina laddove Skrillex inizia a modellare la pasta iridescente del dubstep con quella densa dell hip hop dando alla luce Try it out, oppure quando si tenta limprobabile connubio, su Ease my mind, tra le fascinazioni orientali, lEDM ed una ostentata passione per i registri vocali di Bjork (reinterpretati per loccasione da una talentuosa Malin Dalsthröm) oppure sulla deflagrazione imponente di Ragga Bomb dove il nostro bissa la collaborazione con i Ragga Twins, stavolta con risultati molto più dirompenti rispetto alla scialba canzone dapertura.
Nessun passo in avanti, nessun azzardo. Skrillex cade nella trappola delleccesso e rimane ancorato ad un immaginario che puzza troppo di adolescente sconvolto. Probabilmente vive ancora comodo nella sua enorme e confortevole gabbia dorata. Anche se a questo punto sorge un dubbio: visto il grande successo ottenuto con featuring ed EP, non sarebbe meglio mettere da parte certe voglie a 33 giri?
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