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R Recensione

7,5/10

Damon Albarn

Everyday Robots

E’ già successo in passato: leader di band brit pop esordiscono da solisti con album dai toni dimessi e il battito rallentato. Evidentemente un automatismo mentale che si compie indipendentemente dall’intervento della coscienza.

Non che Damon Albarn sia un novello riguardo le uscite discografiche senza i suoi compagni di merende dei Blur, ma per un motivo o per l’altro questo è il primo lavoro a riportare il suo nome in copertina. Un disco lento, intimista, ascetico, molto poco primaverile, ingannevole, affascinante, moderno.

Registrato e prodotto insieme al patron della XL Recordings Richard Russell, Everyday Robots fluisce euritmico, mantenendosi sempre su livelli di eccellenza. E’ lo stesso Russell a curare le percussioni del disco con risultati decisamente apprezzabili: vedasi a tal proposito la titletrack e Photographs (You are Taking Now). Come anche l’incedere sornione fatto di soul bianco corretto lounge di Lonely Press Play, senza dubbio uno dei pezzi migliori del lotto.

I nostri continuano a maneggiare con abile padronanza ogni spunto portato in studio dall’ex Blur: è il caso delle fragranze afro-exotica di Mr.Tembo (un cucciolo di elefante col quale Albarn ha familiarizzato in Tanzania), del battito trip hop di The Selfish Giant (ospite il backing vocals di Bat For Lashes), o ancora della splendida folktronica di Hollow Ponds e dei synth astrali suonati dal re delle “strategie oblique” Brian Eno in You and Me. Lo stratega obliquo presta addirittura la sua voce in alcuni passaggi di Heavy Seas of Love, gaudente pezzo posto in chiusura dell’album che riporta, idealmente e solo nelle strofe, alle atmosfere glam di Here Come The Warm Jets, in un contesto gospel puntellato da una linea di basso con valide argomentazioni dub.

Conclusioni: scrittura molto buona che lambisce ma non eguaglia i fasti del clamoroso (ebbene sì) lavoro omonimo di qualche anno fa a nome The Good, The Bad & The Queen, mentre le scelte di produzione e missaggio, di squisita fattura, restano il fiore all’occhiello della raccolta (prendano nota i vecchi tromboni). “Robots di tutti i giorni” che non siete altro, questo è disco da assorbire senza troppe riserve, difetti compresi, adesso.

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Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 14 voti.
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creep 6,5/10
andrea-s 7,5/10
Santi 8,5/10
andy capp 9,5/10
REBBY 8,5/10
redskin78 8,5/10

C Commenti

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Franz Bungaro alle 9:45 del 7 maggio 2014 ha scritto:

L'ascolto con piacere da un paio di giorni, incuriosito dal voto "altissimo" per i parametri di Paul mi sembra un lavoro ottimo! torno tra una manciata di altri ascolti per il voto...

Lepo alle 11:28 del 7 maggio 2014 ha scritto:

È così bello l'album dei the good the bad and the queen, paul? L'ho sempre visto snobbato dalla critica e non l'ho mai ascoltato! In ogni caso, questo everyday robots è pura classe, probabilmente il miglior album di albarn post-blur (e secondo me, con 13 se la gioca e non necessariamente ne esce sconfitto)

Dr.Paul, autore, alle 14:22 del 7 maggio 2014 ha scritto:

be' tgtb&tq a me è piaciuto tantissimo (allora come oggi). è vero che parte della critica dopo un'accoglienza tutto sommato calorosa ha un po' raffreddato i suoi entusiasmi....discorso difficile....cmq una prova concedigliela, sicuramente non sarà un ascolto rivoltante!

Jacopo Santoro (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:53 del 8 maggio 2014 ha scritto:

Ottimo lavoro dell'ex leader dei Blur, con ospite Brian Eno.

Dopo un primo, fugace ascolto, il desiderio sarebbe quello di ascoltarlo ancora: tanto, e anche subito, ma il disco è inquieto, è strano, diverso, è malinconico, ferisce; allora si esita, perché lo si teme, nella sua sbilenca bellezza.

Poliedrico, autobiografico (si legga "Hollow Ponds"), scottante (l'eroina di "You & Me"), attuale (la tecnologia che riempie eppure aliena e lascia soli, nella title-track e non solo). Beat onnipresenti e plinking acustico costante, mescolato all'elettronica.

Quando un pezzo pare abbia sembianze lineari, allora svolta per l’accordo che non ti aspetti, per l’atmosfera malinconica che non ti aspetti, per il giro armonico che non ti aspetti, per un suono fuori campo, per un tono strano della voce: anche in questo risiede la particolare grandezza di un'opera matura e consapevole.

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 10:36 del 11 maggio 2014 ha scritto:

D'accordo con Lepo: il miglior Albarn dal dopo Blur - non me ne voglia Paul, non ho mai veramente apprezzato il super gruppo The Good, The Bad and The Queen. Un album intimo, riflessivo e "blue" nell'umore, ma non per questo pesante all'ascolto o piatto negli arrangiamenti - anzi, ben strutturato e mirato negli innesti (i cromatismi contaminati, "Mr Tembo" e sottotraccia "Heavy Seas of Love"; le escursioni soul, con l'ammaliante "Lonely Press Play"; i beat minimi sparsi dappertutto: la title track, "The Selfish Giant", "You & Me", "Photographs). Insomma: buon cantautorato, dall'estetica dalla spinta obliqua ma normalizzata, e quindi coerente e fortunatamente mai sopra le righe. "Lonely Press Play", "Everyday Robots" e "You & Me" su tutte. Paolo perfetto, al solito.

Totalblamblam (ha votato 4 questo disco) alle 19:52 del 11 maggio 2014 ha scritto:

a me ha deluso una noia infinita

redbar alle 7:39 del 13 maggio 2014 ha scritto:

Damon Albarn e'la malinconia londinese fatta suono, per chi conosce quel feeling da "Fumo di Londra" . Qui ancora piu' che con i Blur, anche in virtu' di uno scenario musicale minimalista dove i dettagli costituiscono l'ossatura delle composizioni. Anche a me e' tornata spesso in mente la parola soul ascoltando il disco. E fra le perle aggiungerei la coda (soul) di You and me.

Totalblamblam (ha votato 4 questo disco) alle 19:56 del 13 maggio 2014 ha scritto:

"Damon Albarn e'la malinconia londinese fatta suono, per chi conosce quel feeling da "Fumo di Londra" ."

Mah se c'è una metropoli che non è malinconica questa è proprio Londra. Scusa ma da dove viene o lo vedi questa malinconia londinese? il fumo poi è stato bannato da anni : nei pub si respira aria fresca e pulita. Altri fumi tipo nebbie ne ho visti 5 in 15 anni . Albarn non credo che trovi ispirazione in Londra in questo lavoro soporifero. Mia impressione eh...

redbar alle 22:10 del 13 maggio 2014 ha scritto:

Ovviamente ogni impressione e'legittima, ma volevo solo precisare che Fumo di Londra e' un film del 1966 di e con Alberto Sordi, che nel mio ricordo rappresenta lo stato d'animo cui mi riferivo.

Totalblamblam (ha votato 4 questo disco) alle 13:44 del 14 maggio 2014 ha scritto:

Boh mi stai confondendo ancora di piu’ ora lol non era una commedia quell film? Non me lo ricordo . e poi fumo di londra si riferisce al completo tipo degli inglesi con bombetta e ombrello che c’entra con questo lavoro "malinconico" io direi abbastanza monocorde ? Si parlava di malinconia come fonte di ispirazione fatta addirittura come suono e resto molto perplesso. Interrogato da Jools Hollland alla fine dello show alla domanda quale atto live gli fosse piaciuto di piu’ Albarn ha risposto coldplay ………hahah nope era una tipa Africana di cui non ricordo il nome. Secondo me la fonte di ispirazione viene da quelle parti etniche terzomondiste

andrea-s (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:47 del 14 maggio 2014 ha scritto:

bello bello. esco a comprare i biglietti per il tour italiano.

REBBY (ha votato 8,5 questo disco) alle 19:00 del 6 giugno 2014 ha scritto:

Gran bel disco e recensione che interpreta perfettamente anche il mio sentire. "Un disco intimista che fluisce euritmico mantenendosi sempre su livelli di eccellenza", perfetto, che altro dire?

The good, the bad & the queen tra le migliori opere del 2007 anche per me, questa potrebbe esserlo (e al momento, con tanti futuri ascolti ancora da fare, lo è) del 2014.

NathanAdler77 (ha votato 7,5 questo disco) alle 19:37 del 10 giugno 2014 ha scritto:

Ottimo esordio-tra-virgolette, "Everyday Robots". Erano anni che tutti lo aspettavano al varco solista e lui, da gran furbacchione, continuava a nascondersi dietro sigle di remunerativo cazzeggio e centomila collaborazioni più o meno illustri sparse per il globo. La (caratteristica) produzione di Russell è un bel viatico a un lavoro di moderna e ispirata matrice pop-world, tra folktronica Radiohead e ultimi autobiografismi bluriani. Dritte nel miglior canzoniere di Albarn: "Hollow Ponds", i ricordi\cori di un Eno antico nel gospel cosmopolita "Heavy Seas of Love", il soul minimalista del singolo "Lonely Press Play", la melodia acustica di "The History Of A Cheating Heart" e una "You & Me" di cosmica malinconia bowieana.

LacioDrom (ha votato 9 questo disco) alle 0:08 del 16 giugno 2014 ha scritto:

Secondo me un gran bel disco... Credo che Damon Albarn dimostri come lui sia un artista a tutto tondo... Sperimenta senza fine... Sicuramente un voto alto per quanto mi riguarda!