Port-Royal
Dying In Time
Già a partire dal loro primo Flares, i genovesi Port-Royal avevano tutta l'aria di essere dei veterani della scena elettronica. Senza nessuna parvenza di provincialismo italiano davano incredibilmente vita ad una serie di performance sonore capaci di inserirsi al meglio nel panorama internazionale, quello ambient ed elettronico (Autechre, Stars Of The Lid, Boards Of Canada) come quello post-rock (Mogwai, Hood) , dotando di sfumature mitteleuropee il loro sound disteso, arioso e drammatico.
Ogni pezzo era dotato di una forte personalità, di un'ottima capacità di stare in piedi da solo senza dipendere in modo eccessivo da influenze altrui, inserendosi invece in un vivo gioco dialettico tra originali intuizioni e dovuti rimandi.
Dopo due anni di distanza dall'eccellente Afraid To Dance, due anni passati in tour in giro per l'Europa, ecco che, accumulate ulteriori preziose esperienze, i nostri ritornano sulla scena con un lavoro capace di riconfermare, se non aumentare, il loro prestigio.
Dying in Time ripropone tutte le caratteristiche che facevano amare la loro arte, dotandole questa volta di una maggiore attenzione alla ritmica, grazie a considerevoli aperture techno in grado di intensificare ed accentuare le trame ambient sempre più ispirate e fitte.
La prima cosa che salta all'occhio dunque è l'aumento dei bpm, intensificati da patterns ritmici intricati e martellanti, per labirintiche chiusure ed aperture capaci di donare varietà e maggior spessore al sound. Ma è anche l'insistenza e l'ispirazione con cui si raggiungono climax enfatici nei momenti in cui il ritmo scompare che stupisce per la capacità di sciogliere le atmosfere più fredde e coinvolgere l'ascoltatore in saliscendi dal notevole potenziale melodico.
Hva (Failed Revolution) dà subito l'esempio di questa nuova affermazione del suono Port-Royal grazie ad un'immediata conquista del ritmo che si impone timidamente tra atmosfere algide e dilatate, fino a prendere possesso della scena assieme a suoni sempre più eterei e rarefatti, il tutto sormontato da un'estetica glitch mozzafiato. Ma è con Nights In Kiev che appare in pieno la maturazione del gruppo genovese. Le tappe in Europa dell'est sono complici di nuove suggestioni subito trasposte in musica: si aprono a noi paesaggi immensi e struggenti, i quali ammiccano amorevolmente a movenze da dance floor grazie ad un hype estremamente raffinato e di buon gusto. Un equilibrio ammirevole tra ogni elemento messo in gioco, una capacità di definire e sviluppare idee ed intuizioni in costruzioni coerenti e impeccabili. Della stessa pasta sono I Used To Be Sad, The Photoshopped Prince e Balding Generation (Losing Hair As We Lose Hope), di cui le ultime due rappresentano il massimo compromesso con il mainstream mai osato dall'ensemble genovese. Niente di negativo in ogni caso, il controllo e la maestria con cui si controlla che il beat insistente non sfoci nel volgare permettono di dar vita alle ennesime perle di questo lavoro.
Più legate al passato le eteree Anna Ustinova e Exhausted Muse/Europe, nonostante entrambe si abbandonino volentieri a rumorismi gaze e consistenti disturbi elettronici, in modo tale da non poter mai parlare di ambient vero e proprio.
A chiudere l'ottima performance il trittico di Hermitage, il quale offre i momenti più cerebrali e posati, per una conclusione enfatica e degna dei brani precedenti.
Siamo quindi di fronte al lavoro definitivo dei Port-Royal, quello in grado di appassionare e incantare l'ascoltatore grazie ad una sintesi stilistica e ad una maturazione compositiva dai tratti stupefacenti.
Non possiamo che rallegrarci e godere di questa perla.
Sito ufficiale: www.port-royal.it/
My Space: www.myspace.com/uptheroyals
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