NOS
Live Shadows
Per fare musica elettronica oggi sono necessarie idee precise ed una forte spinta progettuale, onde evitare lautocompiacimento delleffettistica, spesso alla portata delle attuali strumentazioni, od i narcisismi dei loops basati su sequenze armoniche accattivanti, ripetuti allinfinito. Tutte trappole che i NOS, da Genova, gruppo di punta dellassociazione Duplex Ride, promotrice, in città ed altrove, di una semina di elettronica abbinata allantica vocazione per le arti visuali, hanno imparato ad evitare, giungendo con il nuovo lavoro Live Shadows ad abbinare in modo mirabile progetto e suono, architettura ed improvvisazione. Daltra parte lacronimo (Nessuna Ostentazione Sonora) è un vero manifesto programmatico, ed i tre (Marco Cacciamani, Riccardo Canessa e Claudio Ferrari) si definiscono gruppo di improvvisazione elettrotecnica, a ribadire lattitudine alla composizione istantanea (concetto da declinare in modo quanto mai specifico in questo settore), che vede, di volta in volta, i componenti alternarsi nelle vesti di regista o guastatore sonoro.
Nei loro concerti, sempre abbinati a proiezioni di filmati autoprodotti, i NOS ti conducono fra scenari industriali o apocalittici, ti chiudono in stanze abitate da esserini come quelli raffigurati nella copertina di Live Shadows, disegnata dallartista Attilio Zingari, per poi proiettarti nel bel mezzo di un videogame di guerra o fra gli ingranaggi di una grande fabbrica, ed infine lasciarti, stremato, ad aspettare lalba su una spiaggia di unisola greca. Immagini simili evoca lascolto del cd, cronaca fedele di una performance live dello scorso aprile, che oscilla fra lambient della Intro Zero, la cui superficie sonora uniforme è appena spezzata dalle percussioni, il dub ipnotico di Damages dominato da fitti voli di synths che richiamano le teiere volanti dei Gong, quello claudicante di Compulsion, con l inquietante finale affidato ad un glockenspiel giocattolo, e lincursione in territorio kraut di Pass Around, ritmica metronomica in primo piano ed inquietanti voci trattate, a creare scenari da horror movie.
Outer Voice è uno dei tanti esempi di manipolazioni vocali, cari ai NOS: una nenia femminile ripetuta su ostinato ritmico ed il crescere del climax fino al parossismo che sfocia nel noise, altra frontiera spesso sfiorata nelle tracce del cd, come nelle distorsioni di Stealthy Star, o nelle lunghe ed elaborate trame di Astrotank, forse lepisodio più legato alla dimensione live, che su disco tende a perdere consistenza.
Alla fine, il compito di riportarci a terra è affidato alle cadenze elettro world di Wiry: lo sbarco, stavolta, è in un deserto senza nome, con lorizzonte popolato da una carovana di strane entità vocianti. Ma, appena scesi, nasce la curiosità per altri viaggi di questo tipo.
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