Four Tet
New Energy
A new energy for dark times e la logica dellinclusività. Kieran Hebden, figlio illustre della Londra multietnica e multiconfessionale, battezza con i crismi della sintesi artistica quella che è de facto la sua prima produzione lunga dellera Trump. Per combattere loscurantismo che avanza inesorabile non basta più la cameretta della folktronica, dunque, ma nemmeno le ottundenti geometrie del Plastic People e, forse, neppure le brulicanti pulsazioni urbane di Calcutta: ciò che serve è un punto dincontro fra tutto questo, un raccoglitore che capti le candide vibrazioni di fondo delle prime uscite solistiche e ne disciolga gli angusti confini in un rapito panismo estetico già lumeggiato nelle suite di Morning/Evening. Questa è la foto che racchiude tutto il senso di New Energy: un bedroom equipment minimale e spartano (una tastiera, una scheda audio, una loop station, due casse, il pc) che guarda il mondo esterno, si apre e si annulli in esso.
Il nono full length di Four Tet si apre soffuso, acquatico, enigmatico: i melismi di Alap si fanno presto largo tra apnee dubstep, introducendo magnificamente i cristallini pattern darpa che girano sulle ritmiche trip hop di Two Thousand And Seventeen. Quasi non ci si crede, ma le grandi melodie cesellate dallarte del cutnpaste e dalla giustapposizione di folklorismi, dopo quasi un decennio, sopravanzano nuovamente lasset puramente percussivo: che pure, nellipnotica deep di SW9 9SL, rimane del tutto fondamentale, ma in qualche modo messo in discussione dal blocco centrale, una spirale acidula di synth che ricorda molto da vicino le progressioni di certo post rock (does anyone remember Fridge?). La forma invidiabile di Hebden è peraltro certificata dalla fenomenale prova di forza di Scientists, un instant classic a prova di bomba: gli Autechre persi tra suggestioni etno jazz daltre epoche e lallazioni femminili di grande suggestione. Il percorso si sublima infine nella conclusiva Planet che, appoggiandosi ad un beat minimal, si inventa una forma di ibrida library postmoderna, un girotondo armonico screziato da rintocchi di vibrafono, stille dorganetto e gemiti samplizzati.
Quanto tutto questo suoni effettivamente nuovo è una domanda altra, marcatamente diversa. Si sarebbe quasi tentati di dire che, dopo quasi ventanni, Four Tet rilegge ecumenicamente sé stesso, ma sarebbe una banalizzazione del più grande scopo sotteso a New Energy: lapertura di una nuova prospettiva artistica in un mondo irrimediabilmente mutato. Certo, la chillout versione gamelan di Lush o forse è gamelan versione chillout? un po autoindulgente effettivamente lo è, e le primitive cellule melodiche in addendo che si riproducono sul rullante jazz di You Are Loved non riescono ad oscurare la più ampia sovrastruttura ambientale à la Eluvium in cui sono racchiuse (sensazione ancora più netta nellinciso di plunderfonia chiesastica che è Tremper: è Matthew Cooper, non a caso, a curare il design del disco): ma ogni passo indietro (cronologico) è funzionale a farne due in avanti (qualitativi), come nella doppietta 10 Midi (una sbilenca sinfonia da camera liofilizzata in novanta secondi) Memories (nipponismi formato clubber) o negli algidi equilibri di LA Trance.
Verso linfinito e oltre, allora. Non sarà più il nome del momento, ma dai dischi di Kieran Hebden cè sempre da imparare qualcosa.
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