R Recensione

5/10

Sig

Free Cinematic Sessions

Sig, abbreviazione che sta per Siegfried, è una poliedrica figura del panorama artistico francese. Comincia la sua carriera come fotografo, esperienza che gli permette di visitare le più svariate zone del mondo, per poi diventare regista e compositore delle colonne sonore dei suoi film. Il suo primo lungometraggio Louise (Take 2), viene selezionato al festival di Cannes nel 1998 e l’anno dopo al Sundance. In quel periodo comincia a tenere anche molti concerti in diversi paesi con il suo trio jazz, avvalendosi degli studi in violoncello e pianoforte sostenuti giovane età.

Dopo altri film e colonne sonore eccolo quindi giungere al primo disco slegato dai suoi lavori cinematografici: il triplo(!) Free Cinematic Sessions. Visto il suo ricco e stimolante curriculum era lecito aspettarsi una grande prova, ma, per mettere subito le cose in chiaro, l’album non risulta un’operazione convincente. Partiamo con calma.

Il primo cd, intitolato Hip Blue, è il più riuscito della mandata e presenta un’insolita fusione fra basi hip hop, jazz, elettronica e trip hop. L’inziale Phazz Jazz, sfodera tutto l’armamentario appena citato con frequenti campionamenti di voci sussurrate e suoni inquietanti in sottofondo, Aurore introduce un’atmosfera da film noir anni ’40, con una languida e flebile voce femminile sempre sul punto di spezzarsi, ma il momento migliore arriva con Mystere, solida linea di bassi che introduce un oscuro crescendo in cui fanno capolino dissonanti schegge free-form.

Le note dolenti giungono nella seconda e terza session, rispettivamente Elegia e Cameleon, nelle quali appare lampante una certa stanchezza e ripetività. I territori visitati sono di forte stampo etnico (il rituale ultraterreno di Instanbul Almaty, la world-music di Le Sorcier) i toni sono molto intimisti e pacati in Elegia, che punta sul minimalismo e lambisce in più occasioni la new age, mentre si fanno più fisici e corposi in Cameleon, dove si evocano atmosfere sciamaniche, ritmi tribali scanditi da percussioni che prendono il sopravvento in gran parte dei pezzi.

Molti degli spunti e delle idee di partenza sono stimolanti, ma vengono sviluppati in modo piuttosto carente e confuso, le ricerche sonore sono superficiali e danno l’impressione di essere già state esplorate in maniera molto più imponente da altri grandi nomi (Portishead e Massive Attack per quanto riguarda la prima session, Peter Gabriel e Jon Hassel per le altre due).

Forse Sig ha puntato un po’ troppo alto con questo progetto, ma ha dimostrato di avere retaggi ed ispirazioni molto interessanti, lo aspettiamo al prossimo varco.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Alessandro Pascale (ha votato 7 questo disco) alle 9:58 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

cattivone!

In realtà è un gran triplo questo! Forse nel complesso un pò mastodontico (3 cd d'altronde non ce li si fa tutti d'un fiato) e neanche così innovativo (come giustamente fai notare) però decisamente meritevole di svariati ascolti