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R Recensione

7/10

Steve Hogarth + Richard Barbieri

Not The Weapon But The Hand

Non credo che i nomi di Steve Hogarth e Richard Barbieri necessitino di presentazioni. Ma qualora ci fosse fra i lettori anche un solo individuo che in questo momento si trovi ad assumere un atteggiamento interrogativo, vale la pena prolungare di qualche riga l’incipit. Il tastierista Richard Barbieri ha fatto parte del “quartetto magico” dei Japan (e anche della reunion a nome Rain Tree Crow), della prima line-up dal vivo dei no-man di Steven Wilson e Tim Bowness (assieme a Mick Karn e a Steve Jansen) e dunque, a partire dai primi anni ’90 fino ad oggi nella formazione dei Porcupine Tree: ovunque ha diffuso il suo artigianato sonoro privo di virtuosismi, ma illuminato da una capacità unica di dispensare strati elettronici multiformi che si evolvono in modo etereo, donando alle composizioni un senso di ascesi quasi siderale. Steve Hogarth è il frontman dei Marillion dopo l’abbandono, ormai storico, di Fish nel 1987: Hogarth non è mai stato un semplice rimpiazzo, avendo invece seriamente inciso nel tessuto compositivo della band inglese (essendo anche un apprezzabile pianista e chitarrista), conducendola a tal punto su altri lidi musicali (molto vicini ai Talk Talk e decisamente lontani dai Genesis e dal new-prog) da autorizzare, ancora oggi, ogni domanda sul perché i Marillion abbiano continuato ad usare quel nome dopo tale svolta. In realtà Barbieri aveva già collaborato con Hogarth nel suo primo album solista (“Ice Cream Genius” del 1997), prendendo parte anche alla successiva tournée. Quindi giunto a questo ulteriore passo in solitaria, Barbieri – la discografia a proprio nome è piuttosto consistente (imperdibile “Stone To Flesh” del 1995 in combutta con Steve Jansen, degni di nota “Things Buried” e “Stronger Inside” usciti negli ultimi anni su Kscope) – ha chiesto all’amico di arricchire le nuove composizioni strappandole alla solita natura strumentale per renderle a tutti gli effetti canzoni. A queste partecipano anche Chris Maitland (ex-drummer dei “porcospini”) e Arran Ahmun (John Martyn) alla batteria, Danny Thompson al contrabbasso e Dave Gregory (XTC, Big Big Train) alla chitarra, basso e arrangiamenti orchestrali.

 

L’impronta di Barbieri ovviamente è più consistente, ma l’incontro fra i due musicisti dona risultati felicissimi e densi di ispirazione: Red Kite, in apertura, sa sottrarsi alla sua dimensione ambientale con Hogarth che trasforma la modalità “spoken word” in (in)canto, per aprirsi ad una intensità ariosa e pregna di emozioni, A Cat With Sevens Souls (la cui ritmica, vai a capire perché, sembra richiamarsi ad A New Start dei Giardini di Mirò...), Naked che davvero torna a far riaffiorare l’eredità dell’Eden lasciata da Mark Hollis & soci, Only Love Will Make You Free magneticamente new-wave (fra i pezzi più belli dell’intero lavoro), Lifting The Lid che sembra indagare gli stessi crepuscoli esplorati dai Bark Psychosis e dai L’Altra.

 

Quella di “Not The Weapon But The Hand” è una musica che sa recuperare la prospettiva mesmerica e sognante che solo certi anfratti emozionali dell’anima sanno cogliere, liberandoli dal torpore quotidiano e riconsegnandoli ad una percezione sensoriale più intensa e maggiormente acuita.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 3 voti.
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Teo 7/10
hotstone 7,5/10

C Commenti

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hotstone (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:10 del 3 ottobre 2014 ha scritto:

Sound meraviglioso . Un ottimo disco !