R Recensione

7/10

The Blow

Paper Television

Artista a tutto tondo, Khaela Maricich, dal 2003 incide dischi per conto della mitica K Records di Calvin Johnson. Il botto (se così si può dire), lo fa però nel 2004, quando comincia a lavorare con Jona Bechtolt, che mette al servizio delle liriche della Maricich, flusso di coscienza spontaneo e scomposto, la sua abilità con marchingegni elettronici dal suono cheap. Il risultato è l’EP Poor Aim: Love Songs, primo messaggio di una miscela musicale perfettamente in linea con l’estetica da elettronica lo-fi punk (nel senso più lato del termine) che si diffonde all’inizio del nuovo millennio.Paper Television porta a definitiva maturazione questo percorso: basi elettroniche scalcinate e zero freni sotto il profilo compositivo/musicale.

Un po’ sulla scia dei tanti gruppi che hanno costituito la testa d’ariete e il fulcro di questo non movimento, da Le Tigre alle Chicks On Speed, passando per i dischi delle (della ?) Peaches: ritmiche e suoni sgangherati, basi elettroniche essenziali e in bassa fedeltà, un certo retrogusto di anni ’80, girl power più o meno latente. Se però, per dire, Peaches tende a cavalcare una vena più garage e rock, i The Blow si muovono con maestria entro i confini del pop: un pop sui generis che viene declinato in mille idiomi, dal groove irresistibile di “Pile of Gold” alla sgangherata ballata di “Parentheses”, base Bontempi e ritornello sognante, dal ritmo fratturato di “The Big U” (Suzanne Vega che si fa remixare da Les Rhythmes Digitales), “The Long List of Girls” lambisce l’R&B più radiofonico, “Fists Up” è pura indietronica, e della migliore.

I The Blow rischiano, con questo disco, di battere sul campo tanti campioni del (non) genere, grazie ad un senso della canzone, del groove e della melodia che rendono Paper Television molto più piacevole e vario di tante blasonate produzioni (vagamente) analoghe: sconsigliato a chi non ama questo genere di suoni, consigliatissimo a chi li amava ma comincia ad esserne saturo.

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paolodisimone alle 15:19 del 22 gennaio 2007 ha scritto:

Eppure c'è così tanta freschezza in questo lavoro che ne consiglierei l'ascolto anche a chi non ama tastierine giocattolo e ritmi sintetici...

Solo un prevenuto fondamentalista o un esclusivo adoratore di un Genere Unico e Supremo potrebbe rimanere insensibile di fronte a pezzi trascinanti, scanzonati e nello stesso tempo assai intelligenti come "Bonjour Jeune Fille" (un anthem!), "Eat Your Heart Up" (satura e dal tappeto melodico quasi anni '80), e al trittico finale "Pardon Me", "Fists Up" e "True Affection" (poesia sul Dancefloor, chi l'avrebbe mai detto?).

Provare per credere...