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R Recensione

9/10

Autechre

Chiastic Slide

Un grosso blocco di marmo amorfo avvolto in una struttura quadrata di circuiti elettronici a tenerlo stabile. Al suo esterno un'idea, un'intuizione. Il suo (i suoi) scultori ne vogliono trarre una figura umanoide post-moderna, legata alla tradizione delle terra (occidente vs. oriente) capace di contenere l'enorme oggetto senza forma in continuo movimento. Si avvalgono di una strumentazione adatta a fare della materia e del suo temenos un'opera dal ritmo scultoreo chiastico, capace di riflettere il fluttuare eterno della sua sostanza in un'opera d'arte eterna come un diamante. “Chiastic Slide” appunto.

Rob Brown e Sean Booth sono gli Autechre (per gli amici Ae). Tra i protagonisti dell'esplosione elettronica di fine anni 80 e inizio anni 90 e figli dei mostri di Detroit che popolavano le dancefloor (Kevin Saunderson, Derrick May, Juan Atkins), dell'hiphop più electro (Mantronix, Bomb Squad) e dei trip fantascientifici dei Coil e dei corrieri cosmici (Manuel Gottsching, Tangerine Dream, Klaus Schulze, Agitation Free), gli Autechre sono tra i più ispirati e coraggiosi sperimentatori e compositori dell'universo musicale. Come i loro compagni di etichetta Aphex Twin, Black Dog, e Squarepusher furono in grado di tradurre la fisicità dell'elettronica in voga negli anni '80 in danze cerebrali in grado di far fremere ogni singola cellula (neurone) del corpo. In fin dei conti il suono è vibrazione e gli Ae lo sanno bene.

Incontratisi nel 1987 a Rochdale (Manchester) grazie ad un amico in comune diedero vita al loro primo 12'' sotto lo pseudonimo Lego Feet nel 1991, un lavoro verde, immaturo e acerbo ma che già conteneva alcuni indizi di quello che potevano diventare a breve. Però Lego Feet era un nome che non li soddisfaceva. Ne volevano un altro che li seguisse per sempre nel loro destino di musicisti, e pensarono ad un titolo che tempo addietro avevano scritto su una cassetta in cui era riconoscibile il suono “Au”. Sulle prime due lettere erano d'accordo quindi, “Au” era un inizio perfetto, ma sul resto, buio, il nulla, o forse era lì lì, pronto per venir fuori. Magari era nascosto, sottopelle, prudeva. Probabilmente era inconscio. Allora decisero che doveva essere la tastiera a decidere il resto del nome, perché loro erano quello che erano grazie agli strumenti di cui si servivano, dal primo sampler Casio SK-1 alla drum machine Roland TR-606 fino ai più tecnologici strumenti in musica. Nacque così la parola “Autechre” e tempo dopo decisero di usarla come nome d'arte. L'esordio di Booth e Brown firmato Autechre fu il singolo “Cavity Job” su Hardcore records.

Fortuna volle che Steve Beckett, Rob Mitchell e Robert Gordon da favolosi segugi quali erano si accorsero che nell'aria tirava un vento diverso e un umidità densa non di acqua, ma di musica intelligente. Fondarono la ormai famosa etichetta discografica Warp e assodarono tra le loro file artisti di indubbio valore, e, talvolta, genio cristallino. Dai Forgemaster all'ettronica jazzata di Nightmare On Wax, dagli LFO (acronimo di “Low-Frequency Oscillator”) al genio di Aphex Twin, Black Dog e B12 (con i quali gli Autechre di “Incunabula” avevano più che qualcosa in comune) e in futuro talenti dall'enorme creatività (Seefeel, Boards Of Canada, Plaid, Squarepusher). Era il 1992 e la Warp ebbe la favolosa idea di dare un nome a quello che stava nascendo e promuoverlo in una compilation dal titolo “Artificial Intelligence” (da qui cominciò a diffondersi la sigla IDM, Intelligent Dance Music), termine a identificare una musica elettronica art-techno non fatto per coloro che vogliono ballare in una dancefloor gremita di gente e luci, ma coloro che vogliono vivere l'elettronica con la psiche ed il sangue.

Così iniziò un lungo processo di esplorazione, ricerca e scoperta. Se primo capolavoro ambient techno “Incunabula” conteneva, nonostante la sigla IDM sotto il quale erano categorizzati, tracce umane dalle sembianze sferiche e robotiche, già dal successivo “Amber” (1994) ci fu un cambiamento. Freddo, distante, austero, fatto di lande desolate e desolanti. L'anno successivo uscì “Tri Repetae” che incominciò a tratteggiare un sound dai pattern ritmici aspri, solidi e ingombranti mai sentiti prima.

L'esperienza aumentava e gli Autechre incominciarono a seguire un sentiero esclusivamente loro. Mode e correnti erano semplice materiale sonoro da filtrare attraverso la loro anima proiettata nell'avanguardia e nella sperimentazione. In musica stavano diventanto sempre più introversi, concentrati sulla loro realtà interna e coerenti con essa. Il resto era contesto. Nacque da lì a pochi anni il trittico delle meraviglie che li innalzò a geniali artisti, scultori, architetti ed esploratori dell'animo umano. Uno, due, tre. “Chiastic Slide”, “LP5”, “EP7” (che nonostante il nome a indicare il settimo ep di casa Ae è, nella sua ora e passa di durata, un lp a tutti gli effetti).

Era il 1997, anno prolifico di capolavori e nuove tendenze elettroniche. Fioriva il big beat inglese di band come Prodigy e Chemical Brothers, i Global Communication e gli Orb perdevano a poco a poco lo smalto che li aveva contraddistinti agli inizi (sentire rispettivamente “76:14” del '94, perfetto successore dei lavori ambientali di Aphex Twin e l'elettronica postgottschinghiana di “The Orb's Adventures Beyon The Ultraworld” del '91). La Warp diventava il faro dell'elettronica colta, i finlandesi Pan Sonic, in quel momento ancora Panasonic, deliziavano l'udito degli appassionati grazie al loro glitch industriale, gli americani Matmos esordivano e i detroitiani Drexciya affogavano la techno in un fondale oceanico. Il triphop incominciava a mietere vittime a Bristol (Massive Attack, Portishead, Tricky), maghi del collage sonoro di matrice hiphop confezionavano degli autentici capolavori (Amon Tobin, Dj Shadow) e µ-ziq si divertiva a suon di poliritmie dal gusto giocoso (“Lunatic Harness”, 1997). Ma gli Autechre, fedeli a se stessi e servitori del proprio Sé seguendo un complesso processo di individuazione, sfidarono la loro anima e incominciarono ad addentrarsi ancor più nelle profondità di quel vastissimo mondo sonoro che i loro strumenti sfioravano e nel suo specchio, ovvero loro stessi. Nasceva così, grazie ad una strumentazione sempre più variegata e personalizzata sia analogica che digitale (mixer, synth, drum machines, samplers, softsynth, sequencers, ...) e ad anni e anni di suoni raccolti e manipolati, il primo chiasmo in musica: “Chiastic Slide”, capolavoro di elettronica concettuale distante da qualsivoglia catalogazione e lontano da realtà già conosciute. Un lavoro che aprì al concetto di musica enormi autostrade ed espresse la realtà personale degli Autechre innalzandoli tra i maggiori compositori post 10.000 a.c.

L'inizio è affidato al crepitare industrial che ingloba e insegue se stesso di “Cipater” con i suoi battiti glich pesanti, potenti e possenti a continuare in maniera coerente il sentiero descritto dal precedente “Tri Repetae”. Il collage sonoro con l'insorgere della melodia acquisisce a poco a poco una struttura hiphop affogata nel grigio futuro posturbano. Gli Autechre si divertono a fare a pezzetti la materia sonora: distruggono, ricompongono, riassemblano. Sono degli ingegneri, degli architetti, ma anche dei geniali braccianti. È intorno al quarto minuto che la struttura destrutturata assume come un perfetto trasformista una ritmica si pesante ma al contempo alleggerita da una melodia dai tratti orientali che va a dipingere un'atmosfera evocativa e spirituale. Se prima era industria caotica con la precisione di un calcolatore della Silicon Valley ora è relax cibernetico. La successiva “Retting Ac” è un marasma di suoni elettronici che si contorcono su loro stessi risultando echi di un passato industriale morente. La melodia sintetica di sottofondo sembra l'urlo epitaffico di una nave al suo ultimo bagno nell'oceano. Una sofferenza commovente che preannuncia la complessità geniale degli intrecci ritmici di “Tewe”. Rob Brown e Sean Booth giocano a spezzare e ricomporre il suono facendo acquisire alle partiture ritmiche un'andatura che per un orecchio disattento può sembrare zoppicante e incerta ma invece è precisa come un metronomo. Brevi pause, lente riprese, carezze melodiche. È una passeggiata in una giungla urbana robotica e un lungo orgasmo per i recettori oppiacei.

Il gioco degli opposti è invece protagonista in “Chicli” dove la base solida e “adulta” in tempi dispari a cui sono arrivati gli Autechre viene accompagnata da linee melodiche innocenti e fanciullesche che si spengono in una coda strappalacrime. Sono invece riflessi industrial che articolano “Hub” con la sua andatura lenta e pesante, suoni di un altro mondo, di un'altra dimensione o di un'altra era. Senza tempo e senza spazio come il mondo sonoro che incominciano a scoprire gli Ae con “Chiastic Slide”.“Clibruc” riprende l'andatura da fabbrica pienamente operante con un piglio più aggressivo e convinto. Non è più un lontano saluto ma una marcia precisa sostenuta da una melodia suggestiva e alienante. Dopo una sequela di pezzi da infarto i due di Rochdale confezionano una dei pezzi più magici del lotto. “Recury” è disagio tecnologico posturbano dal cuore umano. Note sopra un tappeto di microsuoni elettronici ad avvolgere l'ascoltatore in un panno computerizzato che cola sangue dai circuiti. Una struggente e profondissima umanità trasuda da “Recury”. L'apparenza è seria e fredda, urbana e distante, caotica e geometrica, impenetrabile come un diamante. L'interno è lava che ribolle passione.

La successiva “Pule” è il perfetto motivo compensatorio del sottile nume di angoscia della precedente. La struttura stabile e destabilizzante dei pezzi precedenti viene meno a favore di un delicata trama dal sapore orientale che tenta di illuminare il buio inconscio che “”Recury” aveva sfiorato. Ma ecco che la chiusura viene affidata alla perturbante “Nuane”. Tredici minuti divisi un due parti, una sorta di primo e secondo tempo. Suoni che rimbalzano uno contro l'altro perfettamente accompagnati da una base a singhiozzi calcolati. Motivi killer con dei suoni gutturali robotici e degli urli di macchine timidi ma angosciati, che si esauriscono quando intorno al sesto minuti il trasformismo del magma elettronico si identifica con un'andatura glitchy e una calma apparente che si conclude in una maratona di frequenze. Così gli Autechre salutano i turisti che hanno voluto conoscere la loro realtà.

Con “Chiastic SlideRob Brown e Sean Booth hanno confezionato un'opera originale e innovativa nelle soluzioni ritmiche e nelle trovate sonore, tecnicamente ineccepibile e profondamente toccante, tanto concreta quanto astratta. Due facce, una struggente ed emovita, l'altra precisa e futuristica come un computer del quinto millennio. Dopo i successivi e impressionanti “LP5” e “EP7” gli Ae pubblicarono un altro trittico dall'indicibile fascino: “Confield”, “Draft 7.30” e “Untilted”. Un'esplorazione musicale ostica e difficilmente accessibile che segna la definitiva introversione di ogni energia psichica sonora di casa Autechre. Fu con “Quaristice” prima e l'uno-due “Oversteps” e “Move of Ten” poi che tornarono nel mondo degli uomini “normali”. Forse perché si sono accorti che una realtà non condivisa smette di essere goduta, forse perché quel mondo che tentavano di scoprire incominciava a fare paura, troppa paura. Oppure, più semplicemente, hanno preso una delle infinite strade che il loro bagaglio musicale permetteva di prendere, per riuscire a a fare sempre più esperienza della musica e di loro stessi.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 10 voti.
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REBBY 6,5/10

C Commenti

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keolce, autore, alle 10:47 del 30 giugno 2011 ha scritto:

scusate admin ho commesso, tanto per cambiare, alcune sviste: Sean BootH con l'H (ovunque non l'ho messa), Kevin SauNderson con la N, e la compilation Warp del '92 è "Artificial Intelligence", quindi nella parentesi metterei (da qui incominciò a diffondersi la sigla "IDM", "Intelligent Dance Music")

scusate

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 12:06 del 30 giugno 2011 ha scritto:

Recensione comunque felicissima, molto bravo. Disco da paura, bellissimo. Ogni volta che ascolto "Cichli" mi commuovo: straniante e paradisiaca.

synth_charmer (ha votato 8 questo disco) alle 13:47 del 30 giugno 2011 ha scritto:

Questi sono gli Autechre che preferisco, dove le spigolosità naturali del loro suono non diventano un eccesso ma si integrano armonicamente con gli sfondi ambient. Il mio top comunque rimane Incunabula. Bravo michele, ci voleva una recensione così sugli Autechre ma meno 20 punti per il genere "elettronica", maledetto!

keolce, autore, alle 10:45 del primo luglio 2011 ha scritto:

RE: ma meno 20 punti per il genere "elettronica"

heheh guarda synth ci ho pensato se essere più preciso: ambient techno, post techno, art techno. Ma per gli autechre ogni etichetta mi sembra troppo limitante, e visto che nella recensione ho parlato di elettronica colta e concettuale ho voluto rimanere coerente con quanto scritto, "Elettronica" mi sembrava il meno peggio

synth_charmer (ha votato 8 questo disco) alle 10:51 del primo luglio 2011 ha scritto:

qui sanno tutti come la penso, keolce elettronica per me non solo non è un genere, ma non è nemmeno un'indicazione significativa di come suoni un disco. È come dire che un disco è "strumentale" o "classico". Non spiega niente. E i generi servono a comunicare al lettore come "prendere" l'ascolto no? E poi se non diciamo glitch e techno ambient agli Autechre, a chi se no?! Eheh dai perdonato per stavolta sono io che su ste cose sono molto pignolo

loson (ha votato 8 questo disco) alle 13:29 del primo luglio 2011 ha scritto:

La Camera approva il commento di synth_charmer, ma si complimenta ugualmente con michele per la rece assai accattivante. Voto a sdm: 10. Alzi la mano chi pensa che 'sta accenda dei voti ha rotto le...

Krautrick alle 17:22 del 15 luglio 2011 ha scritto:

Così bello che lo vendo, se qualcuno è interessato. Incunabula è storia (ed emozionalmente tra i vertici della musica elettronica 90s), ma questo è inascoltabile per me...

Non scherzo eh, ce l'ho davvero tra i dischi che voglio vendere non fatevi scrupoli a chiedere.

synth_charmer (ha votato 8 questo disco) alle 18:27 del 15 luglio 2011 ha scritto:

RE:

se è in buone condizioni, per 5 euro te lo compro come si fa?

Krautrick alle 21:05 del 15 luglio 2011 ha scritto:

ti ho mandato un pm

LucaJoker19 (ha votato 9 questo disco) alle 21:25 del 10 settembre 2015 ha scritto:

capolavoro assoluto.. cichli poi è la rappresentazione dell'amore racchiuso in una gabbia metallica, che nel finale trionfa sprigionando tutta la sua forza .. sublime .