Depeche Mode
Delta Machine
Chi ricerca dei brani memorabili, da canticchiare per i prossimi decenni, del tipo Enjoy The Silence, Personal Jesus e affini, che giri alla larga da questultimo lavoro della band inglese.
Ciò nonostante, Delta Machine è un disco estremamente interessante, forse il migliore dai tempi di Ultra dal lontano 1997.
Complesso, oscuro, quasi indecifrabile. E intriso di abbondanti ed intensi suoni elettronici, poco convenzionali. Chi lha ascoltato in anteprima, si è spinto a definirlo addirittura un disco Blues (vedi la chiusura Goodbye ), forse enfatizzandone la valutazione, ma comprovando le difficoltà nel classificarlo.
La band, nelle rituali interviste promozionali, lha qualificato non diverso dai loro canoni. Per certi versi può essere vero ma non completamente.
E stato decontestualizzato lintero metodo creativo che i Depeche Mode hanno da sempre utilizzato come marchio di fabbrica.
I suoni sono stati smontati, risuonati, rivisti, emergendo a tratti assolutamente futuribili, come dimostra, a titolo esemplificativo, lestro esotico di Should Be Higher.
Per Delta Machine vale, più che mai, la definizione: E un disco da ascoltare più volte.
Sembra realizzato nei primi anni 80 ed inciso oggi con suoni moderni. E un Black Celebration del 2013 (esagerato?).
La pesante oscurità e la tenebrosità che permea lintero lavoro diventa, alla lunga, un punto di forza inequivocabile.
Questo sound colmo di paradossi, molto grave, poco orecchiabile, sintetico, scevro e scarno, quasi asettico, minimale ma anche sorprendentemente sontuoso e pieno, se dapprima può disorientare ed appesantire riesce progressivamente a caratterizzarsi perfettamente ed assumere un senso logico dinsieme.
La scelta di utilizzare Heaven come singolo apripista è sintomatica. Non è un pezzo come poteva essere ad esempio la debordante Wrong del disco precedente, giusto per non scomodare hit più lontane nel tempo.
Heaven è più intensa, sporca, più personale, più sofferta , più intima ma alla fine anche il contrario di tutto ciò. Ecco il paradosso prima citato.
Brani come Angel oppure Soothe My Soul che risultano essere quelli più vicini ad una plausibile forma di singolo promozionale, hanno allinterno una severità ed una complicata trama di decodifica.
Martin Gore è, al solito, il padrone quasi assoluto delle creazioni che compongono il disco.
In grande spolvero il biondo folletto, davvero.
La meravigliosa The Child Inside, dove la sua voce inconfondibile mista al profondo scenario regala un passaggio che dal vivo riscuoterà enormi consensi, la frastornata melodia di Slow, la minimale My Little Universe oppure lipnotica Soft Touch / Raw Nerve che sembra catapultata dal 1981 da un tunnel sintetico sotterraneo.
Tuttavia, come accaduto nelle ultime produzioni, anche Dave Gahan contribuisce alla scrittura in modo decisamente interessante. Sono tre i brani da lui ideati, già citata Should Be Higher.
Lesperienza, positiva e riuscita, con i Soulsavers ha fornito al frontman la chiave per portare allinterno del progetto Depeche Mode quellalone di complicata malinconia e seriosità al repertorio della band di Basildon.
Gahan risulta un autore fresco e poco usurato, una marcia in più per lintera scala produttiva ed artistica del gruppo. In Broken sono forti i riferimenti allepoca doro della band pur non risultandone affatto una mera fotocopia.
Non serve andare oltre. E un disco corrosivo, da ascoltare e metabolizzare con calma ed impegno. Dopo altalenanti produzioni quali Exciter, Playing The Angel e Sound Of The Universe finalmente un lavoro decisamente convincente sotto ogni aspetto.
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