Lucio Battisti
L'Apparenza
Cosa separa il meraviglioso equilibrio di Don Giovanni dalla techno-funk robotica e sempre più impalpabile de La Sposa Occidentale e dei dischi bianchi che verranno (fino al delirio di onnipotenza di Hegel)?Semplice: L'Apparenza, ovvero l'album che segna la rottura definitiva con tutti gli schemi pregressi, il lavoro che mette (definitivamente) in cantina la forma canzone spalancandoci le porte di un mondo radicalmente nuovo.
L'amore di Lucio per la new-wave e la musica elettronica non conosce più confini, e Londra è il luogo ideale dove esprimerlo a gran voce, contornato da professionisti e arrangiatori di prim'ordine (Robin Smith, già all'opera su Don Giovanni).
L'Apparenza è un disco complesso e imprevedibile, che perde qualcosa in termini di leggerezza rispetto al capolavoro Don Giovanni. Si incammina lungo sentieri vaporosi ed esili, sempre più vicini al minimalismo, e che pure riescono a suonare sinfonici: qui sta buona parte della loro straniante bellezza.
Per la prima volta, Battisti rovescia l'ordinario procedimento compositivo: non plasma più il testo sulle movenze tortuose della melodia, ma trae ispirazione direttamente dalle parole di Panella, trasformando le sue poesie in canzoni.
La svolta è a suo modo epocale e la fruibilità dei pezzi, inevitabilmente, ne risente. Le linee melodiche diventano eteree, inafferrabili, nascono e si sviluppano al di fuori degli schemi tipici e tendono a non prendere mai forma, quasi potessero roteare all'infinito.
Lo spartito diventa imprevedibile negli intricati svolgimenti armonici, nei complessi incastri della struttura melodica, nella totale mancanza di strofe e di refrain ortodossi.
È chiaro che Lucio non vuole più assecondare nessuno se non sé stesso e la propria lucida capacità visionaria.
Ecco allora che A Portata Di Mano ti disorienta anche al centesimo ascolto, e non riesce proprio ad imprimersi fino in fondo nel cervello, perché la libertà di forme diventa astrazione pura.
Il testo è una provocazione per tutti coloro che hanno celebrato lunghi viaggi in auto con Acqua Azzurra, Acqua Chiara sparata nello stereo.
I movimenti delle mani disegnano architetture impossibili ma cercare un senso è impresa ardua, perché giochi di parole, assonanze e immagini libere prendono presto il sopravvento e allora non rimane che abbandonarsi senza provare a capirci qualcosa (tanto è inutile).
Il testo di Specchi Opposti ritorna per un istante sulla terra e prova a descrivere il muro che impedisce a due persone di comunicare (Ero distratto / Tu ti davi da fare / E non c'eri affatto / Oppure ti muovevi con un ronzio d'insetto che m'assopiva), ma la musica è diventata descrizione pura: i sintetizzatori avvolgono una melodia che pare abbozzare un passaggio memorabile prima di dissolversi nel nulla, ed il risultato è spiazzante e geniale come pochissime altre intuizioni pop (se ancora possiamo invocare il concetto di pop).
Il brano che dà il titolo all'album tiene sempre viva l'attenzione, riciclando all'infinito un breve frammento melodico, mentre il testo si addentra nel tema della poetica del dubbio, attraverso un susseguirsi di immagini surreali.
Per Nome è un semplice crescendo di basi elettroniche che sfocia in una atipica sinfonia, mentre Dalle Prime Battute riesce ad essere quasi commovente nella sua glaciale impassibilità.
Tutto rimane lontano, pallido e sbalorditivo come ogni idea rivoluzionaria.
La cosa incredibile è che questo pugno nello stomaco rappresenta solo il primo passo verso territori ancor più inesplorati.
È però anche vero che, nei tre lavori successivi, verrà meno quel bagliore di luce che consente ancora di considerare sufficientemente godibile, per quanto complessa ed immateriale, la musica de L'Apparenza.
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