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R Recensione

7/10

Orphx

Radiotherapy

Canada. Rich Oddie e Christina Sealey. Marito e moglie. Probabilmente amano Jung, come indicano i titoli dei brani composti per la raccolta pubblicata dalla Hands Production nel 2010: “Anima” e “Animus”, personificazione di natura femminile nell'uomo e di natura maschile nella donna. L'amore per il pensiero del grande pensatore e scienziato svizzero si rispecchia nell'interesse per l'ignoto e nell'esplorazione dei ripiegamenti della realtà tipica della loro musica. Un tempo Oriphix e nel '96 divenuti Orphx, tra le loro collaborazioni vantano artisti di spicco come Pan Sonic, Alva Noto e Shed. Da sempre dediti alla sperimentazione sonora con sintetizzatori modulari e analogici, nonché software di vario tipo e strumenti fatti in casa, gli Orphx sono tra i pionieri dell'europea “rhytmic noise”, scena che talvolta si discosta dal suono dei canadesi portandolo a livelli di cacofonia e disagio estremi e risultando quasi una tortura per le orecchie.

La musica di "Radiotherapy", abile commistione di minimal techno e rigurgiti industriali, è portavoce di travagli interiori, di bestie in gabbia, di ruggiti sofferenti. Sei anni dopo l'ultimo “Insurgent Flows”, album aggressivo, potente e cattivo, ora il leone a tre teste si è leggermente ammansito, seppur ancora fedele a se stesso. Dalle iniziali “Compulsion” e “Contamination” a confermare l'interesse della coppia per i mali dell'uomo, che riportano alla mente i sommi Pan Sonic con il loro incedere minimale, notturno e urbano sporcato dal synth disturbante, gli Orphx dichiarono una tregua con la loro bestia che rimane comunque tutt'altro che tranquilla. I sintetizzatori dal sapore industriale vanno e vengono, talvolta più in vista, altre volte in penombra messi in secondo piano dall'approccio techno e teso. Un perenne crescendo di rumore, di vetri in frantumi, di lamenti sommessi, ronzii, follia e scariche di mitraglie.

Ascoltare gli Orphx è un salto oltre la nebbia e un tuffo nel vuoto dell'anima abbandonata. Nati nel rumore dell'industria e cresciuti nell'elettronica più angosciata, come nel lamento alla Boards Of Canada (“Radiotherapy I”), Rich Oddie e Christina Sealey non disdegnano la pista (“Tensile”) , tra ritmi danzerecci e slanci nel buio. Nel 1996 si erano ribattezzati e presentati dando alla luce l'album “Obsession and Progress”, con la sua partenza timida cui protagonista era un noise sommesso e trattenuto, nel 2011 invece ci salutano con una cavalcata nella zona morta (“Dead Zone”). Cassa dritta e una corsa verso spazi aperti, desolati e abbandonati per poi spegnersi in una fabbrica al suo ultimo giorno di vita.

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