Scanner + David Rothemberg
You cant get There from Here
Ci sono molti modi possibili per descrivere un disco come questo, ricco di suggestioni sonore ed evocativo anche sul piano dell’immaginazione visuale, nonostante la austerità dell’apparato strumentale: solo elettronica ed un clarinetto.
La prima appannaggio di Scanner, compositore concettuale londinese, scultore sonoro, e autore di diverse opere nel campo dell’elettronica fin dai primi anni 90, così come di collaborazioni in campi confinanti come il balletto o il cinema, fino al design, con la sonorizzazione del cellulare Samsung Corby e dalla lampada Philips Wake up .
Al clarinetto è invece David Rothemberg, professore di filosofia e musicista, collaboratore, fra gli altri di Peter Gabriel ed autore di una decina di cd , l’ultimo dei quali ,“One dark house i left my silent house” con la pianista Marylin Crispell, pubblicato da Ecm.
“Non puoi andare là da qui “ recita il titolo e viene voglia di immaginarlo come un reciproco rimprovero che si rivolgono i due principali protagonisti della vicenda: uomo e macchina, impegnati negli undici frammenti del disco in una continua ed oscillante dialettica, fatta di fughe e riprese, pause e nuovi slanci in avanti .
Il rapporto fra le due componenti è analizzato quasi fosse la descrizione di una difficile convivenza, spesso culminante in un esito felice ed equlibrato, come nel primo pezzo “As air moves in” dove il movimento elettronico evoca tramite una sinuosa base dub il lento incedere di una carovana nel deserto sulla quale il clarinetto ricama libere melodie. Oppure in “The serpentine way” , ancora movenza rallentate e strumenti dialoganti . O ancora nel catartico finale “marino” di “The waves and the beat”, dove la sintesi fra suono dell’ebano ed i bip e glitch dei sintetizzatori raggiunge il climax ottimale.
In altri casi il dualismo è irrisolto e si aprono spazi per piccoli viaggi nell’oscurità in cui rumori e samples di voci dominano la scena, come in “Where do you run to?” o “Tingit death song” relegando l’umanità ad un ruolo marginale, o viceversa, per meditazioni interiori (“Ready ready” , “The far field”), nelle quali è il fiato di Rothemberg ad appropriarsi dello spazio sonoro per esprimere emozioni e sentimento con il linguaggio del jazz e del blues, mentre alle macchine è assegnato il compito di tessere fondali ambientali.
Scanner e Rothenberg hanno creato una opera aliena eppure ricca di umanità , una musica che sfugge alle definizioni, ma offre una profondità in cui è davvero stimolante , per la mente e lo spirito, tornare periodicamente ad immergersi.
Tweet