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R Recensione

7/10

OZmotic

Liquid Times

Il compianto Zygmunt Bauman è riuscito, più di tutti i suoi colleghi, a decifrare la società moderna creando un modello organico e complesso che tenesse conto della dimensione geopolitica – dalla scomparsa del bipolarismo all’atomizzazione – e della sfera culturale – con la relativa ibridazione e l’aumento delle sperequazioni sociali. “Liquid Times” del duo torinese OZmotic sembra partire proprio dalle teorie di Bauman per tracciare una cartografia sonora di questo caos fatto di vasi mal comunicanti, di sovrapposizioni culturali, spesso inopportune se non aggressive, di una globalizzazione che ha perso qualsiasi accezione positiva in termini di interscambio multiculturale, essendosi trasformata in una dannosa ma danarosa fluidità di genti e di merci, e di merci di genti. Dicevamo di “Liquid Times”. In realtà il tema del disco non è soltanto questa eccessiva liquidità umana poiché sullo sfondo compaiono più e più volte altri rimandi sociologici, primo fra tutti quello ai nonluoghi di Marc Augé, e poi quelli inerenti il fenomeno migratorio, nella sua portata inarrestabile, contraddittoria e reazionaria. Ma andiamo per ordine.

Per raccontare questi tempi liquidi gli OZmotic hanno utilizzato, com’è loro abitudine, il linguaggio attuale della musica elettronica contemporanea, attingendo di tanto in tanto da tecnologie desuete ma che conservano il sapore dell’artigianato, innestando qui e là anche strumenti veri e propri come il sax soprano e le percussioni. Su tutte la pratica del field recording, che in etnomusicologia prende le mosse dalla musique concrète, allorquando si tentò di raccontare la realtà circostante non imitandola cogli strumenti bensì registrandola e processandola in studio, in una sorta di neorealismo musicale che conobbe in Stockhausen, Schaeffer, Henry e Varèse i massimi esponenti. Saltando a piè pari la storia della musica del secondo dopoguerra diremo soltanto che la ricerca in questo senso si fece meno colta – o più popolare – con gli esperimenti di Carsten Nicolai e Thomas Knak che, a partire da una musicassetta ritrovata casualmente nel bosco, diedero vita al progetto Opto, sovrapponendo tappeti di sonorità sintetiche ed estrapolando dall’organismo originario un nuovo e più moderno strumento di comunicazione musicale. Ora abbiamo “Liquid Times”, che a suo modo racconta il circostante utilizzando l’impassibilità del suono digitale e la granulosità di quello analogico, smussandone e cesellandone le timbriche alle macchine in un secondo momento.

Il suono di questo disco pascola dagli sterminati territori ambient di “Liquid Times” e “Rhyzome” alle tundre glitch di “Storming” e “Sliced Reality”, dove si fanno forti i rimandi ad Alva Noto, Frank Bretschneider e Ryoji Ikeda per via delle interruzioni ritmiche, esse stesse trama del tessuto sonoro. Gli OZmotic appaiono decisamente più noisy – direi quasi post-rock – nei pezzi “Remembrance” e “Above the Clouds”, passando dall’elettronica di Murcof e Fennesz ai droni degli Godspeed You! Black Emperor; non mancano neppure accenni techno, ricordo di una dance superata, in “Techne” o contaminazioni IDM, come in “Diaspora”, brano sicuramente emblematico di questo intenso lavoro, che porta l’immaginario a spaziare su Matmos, Mouse on Mars e Autechre. Il disco si conclude con due remix targati Raster-Noton, il primo dei quali effettuato da Senking su “Rhyzome” che dall’ambient passa ad una timida ma anfrattuosa d’n’b del terzo millennio; il secondo remix è firmato da Bretschneider su “Sliced Reality” e, senza troppe sorprese, fa viaggiare il pezzo su binari prevalentemente glitch quando non pienamente techno.

“Liquid Times” dà l’impressione che tutto sia in conflitto e che la musica abbia notevoli implicazioni filosofiche. Ciononostante gli OZmotic sanno che su questi conflitti il sole splenderà comunque, e che forse ciò che oggi è considerato come un fatto negativo, domani potrebbe diventare fonte di gioia, spianando addirittura il terreno all’invenzione di un nuovo mondo. E se la lotta filosofica è parte di questa gioia dell’esplorazione, “Liquid Times” non fa che andare in quella direzione: esplorare la tetra realtà con strumenti vecchi e nuovi per svelare un barlume di chiarore.

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