V Video

R Recensione

7/10

John Talabot

ƒin

Burial e Arandel insegnano: essere artisti mascherati, al giorno d'oggi, paga. Colgono tutti di sorpresa, nessun annuncio né hype smodato alle spalle, non lasciano trapelare un'immagine, una foto, un volto. Ufficialmente non esistono. Ma con l'anonimato portano soprattutto elettronica per palati fini, come questo "Fin", primo lavoro di John Talabot. E comunque non riesce, almeno il nostro, a nascondere pure le influenze di appartenenza: ha lavorato con Glasser in "Families" (quindi art-pop), remixato gli XX di "Shelter" (quindi indie-pop venato trip), i Delorean di "Seasun" (quindi glo-fi), che a loro volta hanno remixato "Sunshine" di Talabot, lo stesso pezzo rifatto pure dai Blondes che proprio quest'anno si stanno rivelando graditissima scoperta. Insomma, collaborazioni e gusti non mancano.

 Il nostro eroe del momento sforna quindi un album che è un concentrato massiccio di idee e stili, sotto-generi e sapori retrò, prende quasi sempre il meglio che trova e lo riadatta in una forma ben precisa che potremmo definire – e anzi consacrare – glo-house. Ma c'è molto di più della plasticosità del primo Neon Indian o dell'italo-disco dei Keep Shelly In Athens ("Estiu" tra le gemme per l'estate). C'è innanzitutto proprio Arandel nei primi gemiti del disco, un risveglio di giungla tropicale che ci fa ambientare lentamente alla molteplicità di suoni che ci aspetteranno ("Depak Ine"); poi ci pensa Pional – genietto spagnolo dell'house marittima – a movimentare il tutto all'inizio ("Destiny" che battezza la dancefloor con l'electro-pop dei Miami Horror unita ai Cut Copy più narcotici e quel verso ululante che è Jamie Woon e la sua "Middle") e alla fine ("So Will Be Now..." uno dei due capolavori del disco, un Caribou per basi meets Nicolas Jaar per mood, da mille e un ballo). Ma poi c'è anche Washed Out, quello sporco-fi di "Life of Leisure", sullo sfondo di "When The Past Was Present", accompagnato da basi squadrate, echi lounge e l'eurodance ancora una volta dei Keep Shelly In Athens, c'è l'house a tinte scure di "Oro Y Sangre", la micro-house ridondante e granellosa di "H.O.R.S.E.", l'indietronica sponda Four Tet ma più vintage e balneare di "Last Land" (l'altro capolavoro dell'album, tutto violini sintetici, effetti rewind, voci sospese, e spensieratezza glo-fi).

 Talabot perde qualche colpo qua e là, giusto un paio di volte, il tempo di passare oltre l'inconcludenza di "El Oeste" (un John Roberts riuscito male?) o lo psych-pop MGMTiano che trova spazio, amalgamato male, in "Journeys" plus voce dei Delorean, Ekhi Lopetegi. Soltanto piccole imperfezioni che non intaccano granché il pastiche electro-tutto di "Fin", che peraltro sforna almeno un altro brano degno di nota: una "Missing You" presa ancora in prestito da Washed Out nel primo strato di synth, ma più cattiva nelle basi, spigolosa e granitica. Insieme all'ominimo dei Blondes, al semi-omonimo dei Trust, e di fronte a questo totally-anonimo di John Talabot, dunque, ci troviamo già con i tre album elettronici più cool e trasformisti del momento: dopo biondine, drag queen e una faccia di carta stagnola, per il prossimo carnevale punto tutto su Zorro.

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 8 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Teo 7/10
target 8/10
Cas 8/10
loson 7,5/10
hiperwlt 7,5/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

target (ha votato 8 questo disco) alle 10:36 del 6 marzo 2012 ha scritto:

Non tutto riluce allo stesso modo qua dentro, ma è vero che questo disco potrà diventare facilmente il punto di riferimento per capire cosa sono stati in questi anni il revival balearic e la musica da club, come dice lo stesso Zingalesso su Blouappo. Non tutto riluce, per la verità, anche perché la patinatura è piuttosto dark, in alcuni casi per giochetti italo-horror un po' esibiti ("Oro y Sangre", che è proprio italo-teppismo anni '80 declinato in chiave latina: spettacolo), altrove per un uso chiaroscurale dei synth e per il ricorso a ritmiche spesso sfuggenti, che sgambettano sottotraccia ("El Oeste"). Poco mi piacque solo "Journeys" (cito Los: il cantante dei Delorean che gioca a fare il Panda Bear, e a me Panda Bear fa cacare pure nei suoi epigoni), mentre il resto ha tutto un suo perché, con punte di ammirata estasi per "Last land" (il glo-fi nostalgico dei '90s) e per "When the past was present" (i New Order quando frequentavano Ibiza, ed erano assieme tristi e strafatti, malinconici e così giovani, crying at the discoteque). "Estiu", poi, è Keep Shelly in Athens a bestia. Insomma, una bella epitome del balearismo di ritorno, ma con un'anima scura tutta sua. Bravi Fil. Diamo 8 per bilanciare il tuo braccino corto e per smentire il mio!

DavideC (ha votato 7 questo disco) alle 23:03 del 9 marzo 2012 ha scritto:

Lo sto ascoltando a ripetizione da settimane, una vera e propria dipendenza! Concordo con Target sul concetto di "balearismo di ritorno", rispetto all'originale è come se di Ibiza si puntasse più all'entroterra che alla costa; o meglio, è come un continuo esplorare alla ricerca di nuove isole incontaminate e selvagge in un approccio "pioneristico" nuovo, Sueño Latino meets fango e sabbie mobili. Tutto bellissimo: imprinting sonoro grezzo e speziato, taglio artigianale classico (ma non passatista), basi solide a reggere il tutto anche quando si perde in un tiro un po' indie-friendly che a me non fa impazzire. Insomma, pienamente d'accordo con voi! Una dritta, smanettando su discogs ho scoperto che si chiama Oriol Riverola e qualche anno fa ha prodotto della roba a nome D.A.R.Y.L., pare

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 21:16 del 24 marzo 2012 ha scritto:

disco esaltante. soprattutto a partire da Estiu: da lì parte un tripudio di suggestioni "balearic" dal cui influsso dance è difficile non farsi coinvolgere. per cui tanto groove ma anche molta testa: una sintesi concettuale che riunifica e riapre le strade dell'universo "glo". bravi tutti

hiperwlt (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:47 del 8 settembre 2012 ha scritto:

house a largo spettro (come delinea Filippo, egregiamente, nello scritto), che integra, in veste dance notturna e definita (gli ampi spiragli techno e synth pop), flussi cromatici e atmosfere dai (non più così) recenti movimenti chillwave e balearic (da quotare in blocco il commento di Francesco). "estiu" pezzo da novanta, il resto intriga (in alcuni casi, anche parecchio: "oro y sangre", "missing you"). 7, perciò.