Kode9 & The Spaceape

Black Sun

Il ritorno in studio di Kode9, insieme al suo fidato MC Spaceape, è in ogni caso un evento. Perché l'attenzione verso le mosse di Mr. Goodman è ormai altissima, ora che la sua Hyperdub è diventata il tempio prediletto dai cultori del dubstep. O meglio, del suo volto più buio e grimey, di quell'estetica noir che è stata cristallizzata proprio da nomi come Burial, The Bug, Zomby, Terror Danjah e, ovviamente, dallo stesso Kode9, che con costanza e parsimonia ha continuato a dire la sua, col suo Memories Of The Future del 2006 e con una selva di singoli (una decina dal 2004 a oggi).

Mentre oggi la scena si scopre interessata alle soluzioni più svariate (cosa che non gli era di certo sfuggita, vista l'enfasi con cui ha scommesso sui Darkstar di recente), in Black Sun ritroviamo invece un autoritratto compiaciuto del background Hyperdub, che non smette di indagare nei vuoti tra grime e breakbeat. Spaceape si ricava uno spazio sempre importante (è ancora l'autore dei testi e la voce di ogni traccia, e senza lui staremmo a parlare di altro), ma è Kode9 a prendere l'iniziativa, accelerando gli steps (il precedente album era ben lontano tappeti ritmici come quelli di Black Smoke e Green Sun) e abbondando dei classici synth, ma con eleganza (in Am I sono giusto un inserto di scena, mentre Black Sun ne fa una questione di mood sottopelle).

A pensarci bene, da lui non potevamo aspettarci qualcosa di diverso. Di queste tecniche è il guru, ed è normale che l'album ne sia pregno. A stupire piuttosto possono essere certi brani dall'imprinting quasi house come Love Is The Drug, che risentono dell'esperienza Dj Kicks dell'anno passato. Ma in generale è un disco fedele a sé stesso, che verrà apprezzato dagli appassionati e dagli estimatori. Non farà straripare di entusiasmo, ma c'è sempre bisogno di punti fermi.