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R Recensione

9/10

Frankie Knuckles

His Greatest Hits Form Trax Records

Avvolta nel mito come ogni religio che si rispetti, la genesi della house attende, al varco di quasi quattro decenni, nel novero delle infatuazioni più sensazionali di cui occhio umano sia stato testimone. Dei suoi padri fondatori, Frankie Knuckles resta indubbiamente il nome più celebre, indicato dai molti addirittura come il vero responsabile (Chip E, Ron Hardy e Marshall Jefferson avrebbero qualcosina da ridire, a tal riguardo) del trapasso della disco a quella forma “meccanica e spersonalizzata” che, nel corso degli ‘80s, avrebbe rivoltato l’universo dance come un calzino.

Cresciuto nel South Bronx (New York City) ascoltando i vinili jazz e r’n’b della sorella, Knuckles iniziò presto a smanettare giradischi nei locali cittadini (prima al Better Days, poi al Gallery, infine al venerando Paradise Garage di Soho), mostrando fin da subito un gusto assai peculiare nelle scelte. Il trapianto a Chicago avvenne per lavoro, e soltanto nel ‘77: fu allora che venne richiesta la sua presenza come dj al Warehouse (locale a clientela prevalentemente ispanica, nera e gay), essendo il primo candidato Larry Levan, amico e collega di Frankie al Paradise, troppo impegnato a metter dischi nel suo di locali, il Muzik Box. La permanenza di Knuckles nella “Windy City”, in un clima generale arroventato da scontri politici e dal fiorire di inediti fermenti artistici (leggasi punk), avrebbe segnato in modo indelebile la storia della musica e del costume dello scorso trentennio.

All’inizio, in sostanza, si trattava di truccare pesantemente il faccino ormai decrepito della disco, iniettando botox fresco (manipolazioni di voci e affini) per tendere la pelle, ed estraendo dal cilindro qualche effetto speciale (accentuata ipnoticità del beat) a suggerire illusoria tonicità muscolare. In questo, Knuckles non solo era maestro, di più: rileggendo le pagine fondamentali della black music alla luce del futurismo disco versante “moroderiano” – quello caratterizzato dai toni robotico-minimalisti della “Munich Machine”: il nonno dell’electro, in pratica –, perfezionò fra le quattro mura domestiche la sua arte di “taglia e cuci”, smontando e rimontando spezzoni di musica in loop su un semplice registratore a bobine.

Da quegli esperimenti casalinghi, poi riproposti nei dj-set al Warehouse, prese forma un lessico inedito ed eccitante, dominato dal magnetico aplomb della cassa in 4 (eventualmente doppiata da una drum machine suonata dal vivo) e dalle linee di basso corpose dei synth, con in più il tratto caratteristico del charleston in levare ormai elevato a graffio indistinto e gli stacchi pianistici mutuati dall’italo-disco. A ben vedere, era l’inizio di una nuova era (quella del dj come artista e non più come semplice selezionatore di hits), ma allora in pochi l’avrebbero immaginato.

“His Greatest Hits From Trax Records” (Trax, 2004) è dunque il testo sacro a cui attingere per carpire i comandamenti della house e consentire al neofita di tracciarne un primo, parziale - e non può essere altrimenti - tracciato. Ciò che più stupisce degli undici brani proposti (tutti capolavori, of course) è il vastissimo spettro delle sonorità prescelte, quasi che dal panico post-disco poi confluito nella proto-house degli albori fosse germogliato in primis un caos sì disorientante, ma già fruttifero degli innesti musicali più arditi.

Le collaborazioni fra Knuckles e il vocalist Jamie Principle, in particolare, sono roba da far perdere i sensi.

Blocco 1 – Parte l’estasi jack track di “Waiting On My Angel” e par di vederla, la chioma biondo-platino del “Bad Boy” nero Principle, cosparsa di brillanti, dondolare seguendo le evoluzioni di Knuckles al mixer, mentre le luci disegnano nell’aria soavi spirali fluorescenti e l’angioletto tanto desiderato arriva in planata, aureola posticcia alla mano, per lanciare risatine scintillanti in un misto tra presa per il culo e latteo candore di cherubino. Magnifique.

Blocco 2 – Anno domini 1984: “Your Love”. “Your Love” è la leggenda dell’house music, il suo mito, “Iliade” e “Romeo e Giulietta” ad un tempo. Straziante romance intrisa di tragedia, la traccia conquista subito con un livido ricamo di tastiera in stile computer games, il basso sospeso su un dirupo sdrucciolevole, la voce di Principle che lacrima pena, struggimento e sospiri orgasmici (“I can’t let go…”); poi gli stash affondano imperterriti nelle carni, e la tela s’imbarocchisce con inserti di violino sintetico e un soprano femminile a spargere piume sul fattaccio. Semplicemente divina.

Blocco 3 – Ecco il synth pop della Yellow Magic Orchestra (evidentemente non lo ascoltavano solo a Detroit) rispuntare a sorpresa fra i ghirigori di tastiere della sempiterna “Baby Wants To Ride”, celebrazione dell’ideale edonistico-religioso dal retrogusto simil-blasfemo sempre ben visto in casa disco/house. Stavolta è Iddio in persona, in un’atmosfera pestilenziale e satura di vapori malsani, a benedire i suoi figlioletti lascivi, prima che il suo “Secondo Avvento” si tramuti in un festival di dominazioni sadomaso che sarebbe piaciuto un sacco a Marc Almond.

Basta il trittico citato per scolpire a lettere cubitali i nomi di questi due signori nella “House Hall of Fame” dei vostri sogni. Non fatevi ingannare, però: le restanti tracks graziate dalla mano di Knuckles sono tutte gemme, a partire dalla programmatico (alchemico?) soul di “Let The Music Use You” (The Night Writers), fino alle delizie melodiche di “Children Of The Night” (Kevin Irving), “It’s A Cold World” e “Bad Boy” (entrambe ancora col “principino” Jamie ai vocals), vibranti inni per quel popolo della notte che cerca se stesso attraverso il “peccato” ma in realtà aspira alla redenzione. Nel lotto ci sta pure un altro grande anthem pianistico come “Move Your Body” a firma Marshall Jefferson, la cui inclusione nella raccolta è però una mezza forzatura, giacchè il buon Knuckles qui non produce, remixa soltanto.

Ma poi le stranezze, gente, dove le mettiamo? Tipo il divertissement “La Vie” a suon di basso funky, leggero aumento di bpm, chitarrine strapazzate nel mix e battagliera voce frenchy a librare il motto “Ce la vie! Ce la guerre! Ce l’amour!”. Oppure una pazzia assurda come Boom Boom”: vocette da cartone animato tagliuzzate in un ridicolo balbettio, ritmiche quasi “industriali” che martellano con lenta ma inesorabile precisione, vertigini acid di rumori assortiti, pseudo-scratch deturpati, alito spettrale di voce femminile black e bassi che si comprimono e si dilatano in uno spasmo muscolare incontrollabile. 7 minuti e 38 davvero fuori dal mondo, ve lo garantisco.

“His Greatest Hits From Trax Records” resta, in ultimo, un compendio pressochè perfetto di un sound e di un irripetibile momento storico. Più in là, Knuckles avrebbe prodotto altre cose strabilianti come“Tears”,   con alla voce un certo Robert Owens di cui forse qualcuno avrà già letto in queste web pages, o quella “Whistle Song” che finirà col diventare il suo più grande successo mainstream (n. 1 nella chart Hot Dance Club Play di Billboard nel Settembre del ’91). Poi una manciata di long playing in proprio e, infine, remix su remix per gli artisti più disparati (Michael Jackson, Diana Ross, Pet Shop Boys…), tutti ansiosi di vedere il gigante nero metter le grinfie sul loro materiale e dare ad esso nuova vita, una nuova anima.

Il suo nome, ad ogni modo, resterà indissolubilmente legato ai primi vagiti di Chicago, a quella sinapsi poco ortodossa fra arte cinetica e pseudo-teologia per pellegrini notturni, ripudiati dalla superficie ma troppo orgogliosi per soggiacere alla regola di vita imposta dall'"alto". La genesi della house music, si diceva; le sue radici underground: definizioni che ben si addicono ad un pioniere/profeta come Knuckles. Non ignorate questo pezzetto di storia, commettereste un madornale errore.     

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Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 7 voti.
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Cas 9/10
DavideC 10/10
REBBY 5,5/10
Dr.Paul 8,5/10
luigi 8,5/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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TheManMachine alle 10:32 del 25 aprile 2008 ha scritto:

Mito!

Sì, io ho letto di un certo Robert Owens in queste web pages! Frankie Knuckles un mito, questo disco lo ascolterò (Matteo, comunque il titolo come tu l'hai indicato non c'è nel catalogo on-line della Trax Records (www.traxhouse.com), mentre c'è "Frankie Knuckles Presents", come anche si evince dalla copertina del disco nella tua recensione... boh, non ho capito perché...). Scritto splendido sempre! Ciao!

loson, autore, alle 12:01 del 25 aprile 2008 ha scritto:

RE: Mito!

Grazie Man Machine, mi sostieni sempre e anche stavolta il tuo giudizio non può che riempirmi di gioia...

Sul titolo dei disco, boh...Allmusic, RYM, perfino Amazon citano come titolo soltanto "His Greatest Hits From Trax Records", ma evidentemente il "Frankie Knuckles presents..." lo anticipa. Vabbè, proverò a correggerlo. Grazie!

Cas (ha votato 9 questo disco) alle 14:42 del primo agosto 2010 ha scritto:

Dici bene, dentro questo "testo sacro" sono elencati i comandamenti della house, a noi non resta che rispettarli e celebrarli. Raccolta superba ed entusiasmante. Your Love e Baby Wants To Ride immortali.

Ottima scrittura come sempre!