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R Recensione

7/10

Mathew Jonson

Agents Of Time

Ecco finalmente l'attesissimo primo album in studio del fenomeno di casa Wagon Repair. Dopo anni di posticipi e ritardi, tra produzioni varie, remix e l'impegnato progetto Cobblestone Jazz, Mathew Jonson trova finalmente il tempo di portare a termine la sua (e solo sua) opera prima. E c'è abbastanza materiale per soddisfare tutti, anche chi non conosce il genietto di origine canadese.

 

Agents Of Time si presenta come un’istantanea della scena elettronica d'ascolto “classica”. Un lavoro di grande respiro, che sviscera in profondità lo scenario electro-ambient-techno odierno e non, estraendone un’immagine nitida e facilmente fruibile da tutti. Un’impresa ambiziosa che comporta grossi rischi, dal momento che non tenta di compiere passi avanti. In compenso però, Jonson concentra i suoi sforzi nella ricerca della semplicità: tutti i brani sono studiati perchè siano efficaci in maniera immediata, senza inutili elucubrazioni formali e divergenze stilistiche.

 

Ognuno dei pezzi presenti in Agents Of Time rappresenta la sintesi finale del percorso evolutivo di uno specifico suono, ogni movimento mostra con fierezza il bagaglio consolidato che porta sulle spalle. Dietro Love In The Future c'è tutta l'esperienza downtempo di matrice Global Communication e Night Vision fa tornare in mente i Plaid, ma ci sono anche le textures sonore dei Future Sound Of London in Pirates In The 9th e i tappeti ossessivi di Carl Craig in Marionette. Jonson mostra una grande abilità nello spaziare dentro stili differenti, dalla tech-house di Girls Got Rhythm al bleep'n'bass di Thieves In Digital Land, e copre un ampio spettro che dedica il giusto spazio tanto alle componenti ritmiche (Sunday Disco Romance) quanto a quelle melodiche (When Love Feels Like Crying). La firma in calce al lavoro è la titletrack posta in chiusura, che nel suo avvicinare glitch e 2-step appare come la più innovativa del repertorio.

 

Il disco di Jonson si candida per diventare uno dei più rappresentativi di un intero universo musicale: Agents Of Time si presenta come un'opera di cristallizzazione (definitiva?) del mondo IDM degli anni '00, riuscendo a toccarne quasi ogni percorso espressivo. La critica mossa da varie parti riguarda l’eccessivo derivatismo, e non si può negare che sia fondata. Ma a quanto pare il vero intento dell'artista in questo caso è stato un altro: la realizzazione di un classico da tramandarsi nel tempo.

 

Missione compiuta, Mathew. Adesso aspettiamo il futuro.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 7 questo disco) alle 0:11 del 30 luglio 2010 ha scritto:

Ci ritornerò sopra, per ora pare parecchio interessante. Bravo Carlo, preciso e conciso, scrittura molto scorrevole.

modulo_c (ha votato 8 questo disco) alle 22:33 del 9 agosto 2010 ha scritto:

un certo livello

alto livello!!! che meraviglia. schizza nella top ten 2010. Sunday Disco Romance: provate a non muovere la testa. Too late to change: un dolcissimo viaggio nel buio. E' vero, forse c'e' troppo un po' di tutto, ma e' tutto molto bello.

synth_charmer, autore, alle 23:06 del 9 agosto 2010 ha scritto:

Già, per quanto derivativo possa essere, questo disco è un concentrato di gioielli. Non ci si stanca mai di ascoltarlo, suona proprio come il punto di arrivo di una lunga storia. Sono stato tentato a lungo sul voto, ma purtroppo ormai sono succube di un incubo ricorrente in cui vengo flagellato da un mostro tentacolare che mi condanna a sofferenze atroci perchè ho una linea di giudizio troppo larga verso l'elettronica comunque sì, tra le uscite elettroniche più belle di quest'anno, personalmente acquistato al volo.

modulo_c (ha votato 8 questo disco) alle 23:47 del 9 agosto 2010 ha scritto:

effettivamente potevi scucire una mezza stelletta in piu'. Col mostro tentacolare, se marino, ci potevamo fare la grigliata di Ferragosto. Comunque grazie, e complimenti, per la recensione.

Filippo Maradei (ha votato 7 questo disco) alle 12:50 del 24 agosto 2010 ha scritto:

Piacevole nel complesso, con alcuni picchi d'interesse (la techno-bass di "Thieves in Digital Land", il futurismo synth-ambient di "Love in the Future", l'IDM graffiata di "Agents of Time"), ma altri decisamente sottotono (poco azzeccate e superflue "Night Vision" e "Pirates in the 9th"). Peccato anche si dilunghi troppo in alcuni frangenti ("New Model Robots"), laddove loop e tedio vanno paurosamente a braccetto.

Una scoperta niente (poco) male, dopotutto