Husky Rescue

Ghost Is Not Real

È un pop avvolgente e onirico, quello degli Husky Rescue, gruppo finlandese giunto con questo Ghost Is Not Real al secondo disco, che si riallaccia direttamente ad una lunga tradizione che partendo dal dream pop inglese di fine anni ’80, scorre giù lungo le rive della downtempo cinematica di Portishead e Hooverphonic, si nutre delle sintesi sonore tra organico ed elettronico di Air e Saint Etienne, e scivola fino ai nostri tempi, quelli dell’indietronica e del glitch pop.

Con My Home Ghost il gruppo arriva nelle nostre case in punta di piedi, sussurrando su poche note scarne di Xilofono e un beat mansueto, finchè non esplode in una carezzevole muraglia di noise pop. Con Diamonds and Ghosts pare di essere tornati indietro di 10 anni, agli anni del trip hop e dei Mandalay. Nightless Night ha un piglio incalzante e rock, ma si immerge progressivamente in un oceano di riverberi e dub.

Con i tre capitoli della trilogia Blueberry fanno un passo indietro, gli Husky Rescue tornano a nascondersi nell’ombra, partono dal dream pop e si gettano nel terzo ed ultimo passaggio nella giungla rumorosa del shoegaze.

Hurricane (Don’t Come Knocking) è una pop song melodrammatica che fa sua un’elettronica calda e defilata e la mette al servizio della propria narrativa melodica. Chiudono il glitch pop strumentale e oscuro di Shadow Run e il poppettino leggero leggero di Caravan.

Se la sensazione di già sentito è un fatto a cui ormai siamo abituati di questi tempi, ciò che rende un po’ vacuo, più che etereo, l’ascolto del disco è la mancanza di melodie realmente memorabili: e, alla prima folata di vento, sorge il dubbio che, sotto la veste raffinata e curata ci sia poca sostanza, e si scopre un album gradevole ma un po’ troppo inconsistente, irreale, proprio come il fantasma del titolo.