R Recensione

6/10

Savath & Savalas

Golden Pollen

Considerando il livello deludente delle ultime due uscite a nome Prefuse 73 viene naturale prestare ancor maggiore attenzione alle releases fatte uscire da Scott Herren sotto la sigla Savath & Savalas: lontane anni luce dall'hip hop cubista ed esploso che l'ha reso celebre, progetto in fieri dai ritmi downtempo e dalla consistenza maggiormente organica.

Il divario tra i due progetti è divenuto ancor più cocente dopo il 2004, anno d'uscita di Apropa't, che segnava l'innamoramento di Herren per la musica latina. A tutto tondo: nel calderone del disco bollivano, in una miscela affascinante e scomposta, suggestioni afro cubane, spagnole,brasiliane.

Tre anni dopo, la passione per queste sonorità si rivela fenomeno non passeggero: si torna a frequentare l'idioma e gli aromi latini anche in questo Golden Pollen. Calato ormai appieno in una sorta di post-tropicalia dall'incedere pigro e sonnolento, il progetto Savath & Savalas, si srotola, placido e con poche soluzioni di continuità, lungo 16 pezzi.

16 affreschi sonori dipinti con tinte tenui e con colpi di pennello leggeri leggeri: Herren è prima che compositore produttore, e questo si rivela essere il suo più grande pregio e difetto. Il crescendo dei pezzi è sottile e atmosferico, e funziona al meglio nei pezzi più astratti, in cui la voce esercita una funzione quasi neutrale: come in Apnea Obstructiva e Mi Hijo, dove la tela sonora si forma con tocchi quasi impressionistici.

Meno riusciti risultano invece i pezzi più vicini alla forma canzone: Te Amo Por Que Me Odia ed Estrella de Dos Caras, ad esempio, che si fanno comunque apprezzare per quegli intarsi di voci quasi wilsoniani che baciano con sapienza l'album nella sua interezza.

Si tratta comunque di differenze sottili, esili, per un disco che tende, pericolosamente, a sgusciare dal campo auditivo cosciente e ad andare in sottofondo, la cui unitarietà sconfina troppo frequentemente nella monotonia. Perchè ci si può girare intorno finchè si vuole, alle cose, ma il vero problema di questo disco, che rimane sempre un po' al guado, è che risulta troppo articolato per essere un album ambient e troppo ricercato per la downtempo da bar, ma anche, onestamente, troppo narcotico per essere qualcosa di più.

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