V Video

R Recensione

8/10

The Knife

Silent Shout

Due loschi figuri, vestiti di una tuta di colore scuro che sta a metà tra il disinfestatore e il metalmeccanico, il volto coperto da una maschera, a volte veneziana, a volte antigas.

Così si presenta agli occhi del pubblico il duo svedese dei Knife, lontani dal fashion victimism che colpisce la generazione del 2000.

Non amano farsi scattare fotografie, perchè sostengono che non abbiano nulla a che vedere con la musica, ma l’etichetta lo impone. Resta dunque un unico compromesso: trasportare l’illusione musicale in immagine, sia sul palco, sia su video, sia in fotografia, allargando il campo musicale ad un fenomeno più completo. I Knife si “vestono” per assomigliare alla loro musica, occultismo, oscurità con un tocco di ironia e divertimento (per loro).

Apparentemente androgini, dietro alle maschere si celano in realtà un uomo e una donna, Olof Dreijer e Karin Dreijer Andersson, fratello e sorella, mercanti di melodie oscure dal 1999. Hanno all’attivo tre album, l’omonimo The Knife del 2001, Deep Cuts del 2003 e quest’ultimo, Silent Shout del 2006.

Sebbene i loro suoni si siano sempre dimostrati molto taglienti (non per niente si chiamano “Il Coltello”) fin dai primi lavori, è solo con Silent Shout che i Knife si affermano come una delle migliori band degli ultimi anni allontanandosi dalla dance più commerciale e tralasciando le tracce più pop: è questo l’album della completa maturazione dei due fratelli, di quei dischi che ti fanno venire i brividi lungo la schiena ad ogni nota e che li hanno portati in giro per i palchi di mezzo mondo riscuotendo incondizionata ammirazione.

A contrario dell’attuale tendenza tipica delle zone nordiche (e la Svezia in particolar modo) a produrre quasi esclusivamente musica indie-twee-pop, Olof e Karin fanno proprie le tradizioni elettroniche tedesche, (indubbia è la loro ammirazione per i Kraftwerk),contaminate da industrial venato di pop (come è possibile??ascoltare per credere..) ed una voce che non può far altro che ricordare quella di Lisa Gerrard dei Dead Can Dance, con tutta la sua drammatica profondità.

Indietronica che si avvale di grida distorte e cupe, batterie elettroniche altisonanti che ti rimbalzano il suono fino allo stomaco (vedi l’incipit del pezzo omonimo al titolo dell’album che apre il disco), e synth con note metalliche, affilate e stridenti.

Silent Shout, traccia numero uno, è il pezzo da ballare nella discoteca sotterranea elettronica berlinese, ma i suoni ritmati sono allo stesso tempo gotici e grotteschi, è una sorta di odio-attrazione quella che i Knife vogliono provocare nell’ascoltatore. La batteria elettronica impera qui, come pure in We Share Our Mothers Health, anche in questo caso la voce è alterata, quasi angosciante, epica, accompagnata dalla tastiera che riproduce i suoni di un organo scuro. Suoni corposi e solenni regnano sovrani, rimandandoci ad una realtà altra, in un luogo lontano e atemporale.

I colpi sui “piatti” si fanno più sicuri e forti in Neverland e Like a Pen, facendoci per un attimo dimenticare quella dimensione oscura e negativa in cui ci avevano introdotto, per lanciarsi in un suono più vicino alla tecno e molto più dance.

Sonorità più soffuse e vicine agli antichi canti orientali-nipponici, ma non per questo meno taglienti, per The Captain, solamente strumentale per circa tre minuti, poi si riscatta e parte con una melodia lamentosa che va in crescendo, tramutandosi, dopo un paio di pezzi, nella cantilena più onirica e pop di Na Na Na, e per finire con la nenia ( ma tutt’altro che noiosa) di From Off To On e di Still Light, brano che chiude il disco.

Le parole scorrono come in una formula magica, con la stessa intensità, vengono ripetute, alterate, modificate, in una successione ben precisa, quasi fossimo in un rituale di una setta satanica, così magicamente Forest Families si amalgama alla traccia successiva, One Hit, come se nella prima la voce del sacerdote impartisse ordini solenni dall’alto (“music tonighgt / I just want your music tonight”) e nella seconda gli adepti recitassero in coro la risposta.

L’apice dell’album è sicuramente la traccia numero sei, Marble House, suoni di nacchere in apertura che accompagnano questo trip / With no end in sight, un amore lontano, non ben definito, una casa di marmo, stati d’animo che si intrecciano (You close my eyes / And soothe my ears / You heal my wounds / And dry my tears), voci singole o in coro, speranza e rassegnazione.

Sicuramente non un gruppo di facile ascolto, ma di notevole impatto sonoro e visivo, performance indimenticabili per chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo, una notorietà dovuta anche a questa loro immagine ambigua, anticipata da una collaborazione coi Royksopp nel singolo che sfiora l’hype “What Else Is There?" nel quale Karin ha prestato la bellissima voce.

Lasciatevi invadere dai suoni oscuri del nord.

V Voti

Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 19 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
target 9/10
hyper82 10/10
4AS 8/10
DaDuz 8/10
motek 7,5/10
Lepo 9/10

C Commenti

Ci sono 9 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 17:12 del 9 maggio 2007 ha scritto:

...

Questo album è bellissimo...

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 12:52 del 19 giugno 2009 ha scritto:

Tetro ed inquieto, ma allo stesso tempo passionale e a tratti vivace. Un'ottima opera electro-pop

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 11:41 del 3 agosto 2009 ha scritto:

meraviglia

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 18:07 del 18 marzo 2010 ha scritto:

comunque è vero sull'apice..Marble House

canzone splendida che poi arriva al brivido quando parte la voce di jay jay che non è stata mimimamente menzionata....ma chi sarà mai sto qui??

dai raga..direi di iniziare a parlare anche dei suoi dischi , di quello più bello e di quello sottovalutato antenna....e pure di nosaj thing-drift disco dell'anno 2009!!!!!

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 11:43 del 7 agosto 2010 ha scritto:

Stupenderrimo, come-quanto-forse-più di "Tomorrow, In a Year".

Totalblamblam (ha votato 5 questo disco) alle 17:31 del 7 agosto 2010 ha scritto:

non mi è piaciuto sorry di tetro ed inquieto ci sento davvero poco, sembrano i terribili erasure in versione electro-indie

na na na

non sto più ad ascoltarvi ahahhaha

4AS (ha votato 8 questo disco) alle 11:12 del 14 aprile 2011 ha scritto:

Bravi nell'alternare pezzi gelidi, di matrice Kraftwerk (come la title-track e l'inquietante The Captain) a pezzi electro-indie perfettamente riusciti (come la triste e splendida Marble House). Proprio un bel sentire.

DaDuz (ha votato 8 questo disco) alle 14:39 del 15 novembre 2011 ha scritto:

!

album splendido, la title track è qualcosa di davvero incredibile.

Lepo (ha votato 9 questo disco) alle 12:05 del 4 settembre 2013 ha scritto:

Fantastico. Per me uno dei migliori album degli anni '00.