Washed Out
Life of Leisure EP
"Devo alzarmi": un pensiero accaldato, coltivato tra carne stanca e mente ancora addormentata. E se fosse estate? C'è chi si alza e lo scopre da solo e chi invece, vinto dall'afa, si riscopre amante segreto di lenzuola bianche fresche. E' allora che parte "l'estate alternativa", quella sognata, immaginata, nostalgicamente tessuta tra rimandi illogici della mente e salsedine virtuale.
Avvolti e intrappolati nel letto, sentiamo i richiami di mangianastri invisibili, i pizzichi e i graffietti di musica artigianale: come i gelati, acidi i colori, leccati con fanciullesca passione presso un molo d'altri tempi, i piedi dolcemente tenuti a mollo. Solo istantanee, vero, microscopici squarci temporali di quell'età perduta che è l'infanzia tutta, l'adolescenza molta: la musica ipnagogica è una centrifuga di allucinazioni sensoriali, una giostra di fotogrammi e ricordi ingialliti, in perenne equilibrio tra realtà e menzogna, rivissuti dietro bolle di sapone e coriandoli in festa.
Allegria e sinestesia, mollezza muscolare e droga piacevole: old school anacronisticamente eighties, questo e molto altro è Ernest Greene, in arte Washed Out; peccato per la breve durata dell'opera sua, "Life of Leisure" (EP), per la verità specchio perfetto di quel senso d'instabilità, tremolìo e fuggevolezza tipico di quei ricordi patinati che la sua musica, e il movimento glo-fi in generale, vuole tirare fuori da ognuno di noi. E siamo pesci che amabilmente abboccano...
Parte lo stream of (un)consciousness: voci sospese e sintetizzatori scoordinati che si riconcorrono sotto il peso di un beat rimbombante e solitario ("Get Up"); la conquista vera e propria del ricordo è affidata al brano seguente, alle dilatazioni di una voce che copre distanze oniriche in sella a un motoscafo rallentato, l'alba solo una sfondo colorato ("New Theory"). Dopo la nostalgia, l'irregolarità: come se non fossero già abbastanza sfuggenti questi rimpianti di gioventù, tocca pure percepirli distorti e sporchi, nascosti dal fumo di battelli a vapore; bandita la modernità, esiliata ogni concezione di "nuovo", assistiamo allo strapotere lo-fi, generale di battaglia di molti artisti del genere.
Finito il gelato che ormai si sarà sciolto qualche riga più sopra, ci alziamo dal molo e proseguiamo dritti verso le luci cittadine della sera; immaginatevi un paesino balneare, immaginatevi la sua piazza, i suoi giovani, la spensieratezza da estate "agostina". Come premio vedrete musica sinuosamente italo-disco volteggiare nell'aria ("Hold Out").
Presi dal caldo e dalla sete di acqua marina, voltiamo le spalle a case, muri, strade cittadine per correre verso la spiaggia che ricordavamo da piccoli, la mente ormai un colabrodo di déjà vu. Affondiamo scalzi i piedi nella sabbia, senza fermarci un attimo, guardandoci intorno solo per vedere di sfuggita flashback di evanescenti castelli di sabbia che si ricostruiscono e si ri-disintegrano al nostro passaggio. Niente ci può fermare, l'acqua è solo altra terra da (per)correre: nuotare diventa semplice formalità; e nuotiamo all'infinito, gustiamo per sempre il sapore del sale del mare, ritroviamo l'innocenza dell'infanzia perduta: finalmente, torniamo "a giocar con la mente e i suoi tarli" ("Feel It All Around" e "You'll See It").
Adesso non resta che goderci il nostro ricordo nella speranza che non si perda per sempre tra videogiochi di nuova generazione e alta, altissima definizione.
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