Cut Copy
In Ghost Colours
La leftfield a confronto tra i decenni: incontro ad armi pari e reciproca scoperta alla fine degli '80, l'indie e l'acid house intenti ad annusarsi i fondoschiena nella fiammata di Madchester; rock fagocitato, campionato e risputato in sample e loop alla fine dei '90 dalle orde di hooligan del big beat; partita a ruoli invertiti nel nuovo millennio della contaminazione e del revival globalizzato, l'elettronica e la dance rilette con approccio indie e inserite in un calderone onnivoro di suoni ed influenze (una volta) contrapposti.
Ripeterlo ancora sarebbe pleonastico: la leftfield targata 2000, anno dopo anno, diventa fenomeno sempre più sconfinato e onnicomprensivo: somma ingorda di “nu” e revival assortiti, di nostalgie synth pop e nebulose shoegaze, di simpatie new wave e scalciate post punk, frammenti italo disco e mitragliate electro.
La novità è che con “In Ghost Colours” i Cut Copy mettono finalmente tutti i tasselli al loro posto: più virati alla canzone rispetto ai Simian Mobile Disco ma notevolmente più legati al dancefloor dei (pur danzerecci) ultimi Hot Chip, più consistenti dei levigati Neon Neon ma più canticchiabili dei decani LCD Soundsystem, meno derivativi dei Justice e più costruttivi dell'enfant prodige Calvin Harris, i nostri riscoprono la pietra filosofale dell'equilibrio perfetto tra dancefloor e indietronica. Riportandoci ai fasti e alle scoperte dei primi New Order.
New Order omaggiati quasi pedissequamente nel precedente Bright Like Neon Love, ma che qui divengono solo un tassello incastonato in un mosaico ben più ampio che mette i Pet Shop Boys a fianco dei Depeche Mode, gli Human League d'accordo coi Joy Division, l'electro assieme allo shoegaze e i tappeti synth pop sulle spalle di ritmiche post punk.
Il trittico iniziale segna il decollo del disco in tre mosse: con l'indie pop farcito di coretti brit pop e vocoder “aerei” di Feel The Love, il synth pop danzereccio dall'intro DaftPunkiano di Out There On The Ice, e l'anthem electro-pop-funk di Lights and Music.
Più virato all'indie rock l'instant pop di Unforgettable Season, mirabile incrocio di Pulp e New Order, diviso tra incipit shoegaze e ritornelli da radio A.M. So Haunted, già in rampa di lancio per un bel remix da parte di Justice&co la strabrodante Hearts on Fire, farcita oltre la norma di nostalgie '80s Far Away, che lambisce pericolosamente i confini dell'Alphaville.
Rimediano l'indietronica di Strangers in the Wind, che parte indolente e scalcia di lì a poco sulle ali di flanger e filtri di scuola french touch, l'electro disco piacevolmente old school di Nobody Lost Nobody Found e la malinconica psichedelia di Eternity One Night Only.
Cose già viste, si dirà: la differenza è che l'impressione non è quella di trovarsi di fronte al solito laboratorio di post modernismo, ma di canzoni vere e proprie, che si susseguono senza soluzioni di continuità o cali di qualità: l'andatura dei Cut Copy non è quella di un gruppo di funamboli della commistione o di equilibristi del pot pourri a tutti i costi: senza perdere mai di vista né il dancefloor né la forma canzone, i nostri vergano con incoscienza dalla lontana Australia uno dei dischi più maturi, convincenti e divertenti, della Leftfield targata 2000.
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