Justice
Cross
La coincidenza fa pensare: perchè anche se di coincidenza trattasi, la quasi contemporanea uscita di due coppie di produttori intenti a rileggere e riaggiornare l'estetica musicale daftpunkiana a quasi dieci anni di distanza dall'esplosione del french touch risulta fenomeno quasi singolare. Gli altri, se non l'avete ancora capito, sono i tedeschi Digitalism: come i Justice, anch'essi intenti a fare “i Daft Punk” dieci anni dopo: vale a dire tenendo conto di tutto quel che c'è stato in mezzo.
La somiglianza, comunque, lascia spazio a parecchie differenze: se nei Digitalism la riproposizione della formula Daft Punk si rivela più pedissequa e consiste nel replicarne i trucchi di produzione, nel clonarne i vocoder e i giochini kitsch con la musica classica, e spesso sconfina in un piacevole ma innegabile plagio, il modo in cui Justice si rapportano a quello che è ormai a tutti gli effetti il gruppo simbolo della leftfield francese, è più profondo, i canovacci sono stati assimilati e rielaborati completamente.
I Justice, duo parigino formato da Gaspard Augé e Xavier de Rosnay, non mancano di prendere a piene mani i vezzi di Bangalter e compare, per certi versi seguendone anche la predisposizione naturale per le ritmiche house (laddove invece i Digitalism preferiscono correre più sulle autostrade tech house), ma riescono a metterci del loro: non si è alle prese con una semplice rilettura , perchè i Justice affastellano nuove invenzioni e azzardano nuovi percorso inediti. Come i Digitalism, comunque, il duo parigino non può tenere conto dell'acqua passata sotto i ponti in questi dieci anni.
Genesis, posta in apertura riprende il funk che ha reso celebri i DP e Let There Be Light lo tortura con una furia degna del Poney ep di Vitalic, ad asfaltare il terreno per il singolo che ha contribuito, insieme al remix di Never Be Alone dei Simian, ovviamente, a renderli celebri: D.A.N.C.E., che riprende le bizzarrie dei compagni d'etichetta,quella Ed Banger Records che ospita tra le sue fila anche gente come Uffie e Dj Mehdi: sorta di rilettura ultra funk e ultra kitsch dei Jackson Five, un bel bignamino di cosa significhi la parola leftfield house.
Lo spazio di una canzone, e ci si ritrova proiettati in una New Jack che pare partorita dai Basement Jaxx di Remedy, “francesizzati” e filtrati a dovere: il quadro si complica, o meglio, si arricchisce di nuovi dettagli. E a imbrogliare la matassa subentrano lo scenario retrofuturista di Valentine, le suggestioni disco di DVNO, le staffilate acide di Stress, che di nuovo, paiono uscite dai peggiori incubi dei Basement Jaxx ma che non possono non ricordare pure i chemical beats dei fratelli chimici. Che ritroviamo anche nella tamarrissima Waters Of Nazareth, dove il pensiero non può che andare alla techno idiosincrasiaca di Mr. Oizo.
Si chiude nella relativa calma in odore di anni '80 di One Minute To Midnight, un disco che ha l'enorme merito di far rivivere,a distanza di dieci anni, i fasti del french touch: lo fa però con spirito post moderno, mettendo insieme passato e presente, e suoni che allora sembravano distanti anni luce, e che ora, sorpresa, non lo sono più.
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