Jimi Tenor
Joystone
E così Jimi Tenor, colui che per primo aveva azzardato l’insolito ed eretico accostamento tra techno e lounge, tra IDM e 70’s soul, l’AndyWarhol dell’electronica, l’esteta di casa Warp, lo spericolato scienziato pazzo di Intervision (1997), ha deciso di fermarsi, di placarsi, di sedersi davanti al caminetto con pipa e giornale. Attorniato però, da un aitante big band meticcia afro-finlandese data dall’unione tra valenti “fiatasti” jazz finlandesi ed il trio africano Kabu Kabu.
Insomma, il sedersi è relativo se riferito ad un personaggio come Tenor: Joystone in fondo non fa che riallacciarsi idealmente a molte delle suggestioni sonore tipiche del personaggio: funk, soulorchestrale ‘70s, jazzino swingante.
Ingredienti simili, per dire, a quelli che popolavano uno dei suoi capolavori assoluti, quell’Out Of Nowhere, del 2000, che ne aveva portato definitivamente allo zenith la stella. Incrociata, ibridata, sporcata con suoni digitali e influenze moderne, musicalmente irrequieta e a modo suo destabilizzante.
L’equazione si sbilancia pesantemente in questo Joystone, che segna, e non a caso, il ritorno del figliol prodigo in casa Sähkö : grande perizia tecnica e grande mestiere, musicalmente il disco è ineccepibile: alle pulsioni funk si contrappongono fughe afrobeat, ai languori ‘70s si abbinano spericolate progressioni jazz. Gran classe, e materiale in abbondanza per il Giles Peterson di turno che sicuramente potrà saccheggiare il dischetto in cerca di materia prima per i suoi set.
E proprio qui sta la forza e il limite di un disco che fluttua una spanna sopra il loungettino anonimo da compilation e due spanne sotto il livello cui ci ha abituati il genietto finlandese: quasi che Jimi a forza di giocare con i suoni del passato se ne fosse fatto, alla fine, inesorabilmente rapire. Se si tratti di una parentesi di riposo o di un pensionamento anticipato toccherà al futuro dirlo, per il momento non ci resta che godere delle fughe swing di Green Grass, degli spunti afrocentrici di I Wanna Hook Up e Dede, delle torride atmosfere di Hot Baby e del funk da riviera di Hermetic Man, della lounge a tre stelle di Ariane e delle ispide digressioni di Horror Water.
Senza stupirci, se di tanto in tanto, sonorità e stilemi sonori da bar stylish tenderanno ad adagiarsi, morbidamente, in sottofondo.
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