V Video

R Recensione

8/10

A.A. V.V.

Don't Break My Love (Virtual Edition)

Tentare di categorizzare il sound di Jaar, impresa per nulla semplice.

C’è chi l’ha descritto quale intervento concettuale e ristrutturante (o destrutturante?) dell’house music; chi ha invece raffrontato la sua proposta alla scena post-dubstep-soul inglese (James Blake, Jamie Woon). Altri, hanno fatto leva sull'analisi del tratto più avanguardistico (le texture ambient), dub-jazz e pianistico del nostro; taluni, sulle liquide e ibride andature (con qualche compromesso) di downtempo metropolitano.

Naturalmente, tutto più o meno vero.

La definizione più calzante di come "suona" Nicolas Jaar, è stata data - guarda un po' - da Nicolas Jaar stesso: super slow techno. Ossia, un suono da (meno di) 100 bpm (o giù di lì), capace di esporsi concettuale e astratto, senza per questo privarsi (anzi!) delle componenti più dancefloor e clubby dell'elettronica.

Sicché, il connubio tra queste due anime ha permesso, anche nei live set, di generare un prodotto creativo come poche cose sentite negli ultimi anni. Introspettivo e cerebrale, Nicolas Jaar versa negli spazi e negli ambienti i suoi fluidi di pitch e ritmiche, dilatandoli e pressandoli in funzione dello sbocciare di sinestesie (stando ad Oliver Sacks molti dei soggetti sinestetici, e Jaar lo è, sono musicisti) latine/africane, sincopi e beats (Villalobos, a detta dello stesso unica sua influenza elettronica in fase formativa; Autechre) da scatenamento rilassato. 

La chiama, Nico, blue-wave, anche: nella sostanza è house colta e insieme primitiva; estetica post moderna, artigianale, multietnica. Esoterismo dal respiro universale.

Classe millenovecentonovanta, newyorkese di nascita, e un’infanzia trascorsa (sei anni) a Santiago del Cile. Dna sudamericano, europeo (Francia) e mediorientale (Palestina); poliglotta, iscritto alla facoltà di letteratura comparata presso la Brown University (Rhode Island). La formazione artistica, avvenuta in adolescenza nella grande mela (“NY è stata una rivelazione su chi fossi realmente, sulla mia identità”; da un intervista a PIG MAG), condizionata (positivamente) dal padre, Alfredo Jaar (artista anch’egli: “a Berlino ho suonato a un party dopo il suo opening: è stata la prima volta. Ho suonato molta della musica preferita di mio padre. Gli ho dedicato lo show” da un’intervista a Electronic Beats) e dalla madre, i quali lo hanno introdotto nel mondo della musica africana (Mulatu Astatke) e della classica contemporanea (ad esempio, John Cage).

Una serie già lunghissima (con Wolf + Lamb e Circus Company: tra altri, “Marks and Angles”, "The Russian Dools", il suo primo lascito "The Student", "Love You Gotta Lose Again") di EP, singoli (l'ultimo, in occasione del thanksgiving, "the ego" feat. Theatre Roosevelt) e remix; la performance di 5 ore al MoMa PS1 di Long Island (“From Scratch”; il video di Pitchfork sul set multimediale lo vedete qui); il tutto, in sole ventidue primavere. Ancora: un capolavoro già in archivio, “Space Is Only Noise”, e una label di proprietà, la Clown & Sunset.

Etichetta che vanta, ad oggi, un parco artisti del tutto invidiabile nell’area minimal techno: Martin Gretschmann, aka Console, aka Acid Pauli (“mst”, 2012), membro dei Notwist, immerso nella vita dei dj set (fino alla chiusura, resident al Bar25) presso Berlino, che in Jaar vede visionarietà e una guida ispirata per i suoi progetti artistici. O Dave Harrington, l’altro Darkiside (a breve, il primo disco), Will Epstein e Iam Sims, compagni preziosi nei live set di Nico. Il parigino Valentin Stip (formazione pianistica, iniziato alla produzione via laptop solo di recente; in coppia con Paul Sara nei Pavla & Noura), Vitgnike, Sasha Spielberg (con Jaar nei Just Friend) e il diciannovenne Nikita Quasim

Dopo la prova collettiva di "Irès" (2010), Jaar ha portato a compimento (marzo) un nuovo lavoro corale della sua etichetta: come suo solito, in maniera non proprio convenzionale.

Don’t Break My Love” nasce anche come pezzo di design d’arte minimalista, prisma o meglio cubo d’alluminio di ridotte dimensioni, dispositivo per la sola riproduzione di una serie d'inediti Clown & Sunset. Non esistono versioni in vinile o in cd (scelta 'consapevole' del boss), benché da poco sia stata rilasciata quella “Virtual Edition” (qui recensita), scaricabile dal sito dell'etichetta (o via itunes, tra gli altri).

Che si tratti di chamber-ambient folk punteggiato e claustrofobico (“You and The Space Between” di Brendon Wolcott & Emil Abrayam), di trip hop (Portishead) in vesti minimal techno (“Palomitastep”, Acid Pauli), di cover super slow (quella di Leonard Choen, “Avalanche”, dei Just Friend: qui, la Spielberg, tocca vette gibbonsiane, ivi celestiali), glitch con beats/hand-clapping affossati (“Siblings Music” di Pavla & Noura), dance esotica e jazzata, vocalizzi mediorientali (nei legni tribali e sincopati, nello scatenamento su synth dal tocco lieve e reiterato, etereo di “Never Have I Ever”, di Nicolas Jaar e Will Epstein), groove di bassi e incastro deep house e di ritmiche (con un sassofono soul e libero di esprimersi, i contrappunti di piano a riprendere e giocare con la melodia: “Ishmael”, di Dave Herrington e degli stessi Jaar ed Epstein), o di sample swing verso la frammentazione (“Hiathaikm” di Stip Valentine), insomma, in ogni singolo istante di "Don't Break My Love"  v'è traccia di alchimie pressoché perfette tra musica e colore, dance e riflessione. Congiunzioni brillanti di pulsione e qualia.

Assenti (benché facilmente rintracciabili nell'EP omonimo), in questa virtual edition, due brani cardine per comprendere la portata qualitativa e innovativa di ciò che è contenuto nel prism: "Why Don't You Save Me?" (di ritmiche subacque e spiritualismo, in vortici spacy-policromatici), e, sopratutto, "Don't Break My Love" - con la sua dilatazione ambient, le fratture e i giochi a contrasto di battiti, sospiri-voci e tastiere ora lievissime, ora intensamente groovy.

Caratura da Re Mida dell'elettronica contemporanea, Jaar. E guida splendida per tutto il 'suo' collettivo: anche in questa occasione.

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rubiset 8,5/10
target 8,5/10
andy capp 2,5/10
REBBY 6/10

C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:25 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Album mooolto interessante, appena mi arriva il Prisma mi ci tuffo dentro e non riemergo fino all'assimilazione completa. Recensione ingorda, tratta tutti temi fondamentali e delinea alla perfezione il concept di Jaar, ormai enfant prodige di musica e immagini; potenzialmente, poi, la trovata di fare dell'album un oggetto estetico a sè, feticcio da collezionisti, è rivoluzionaria: perché gli artisti non abbandonano definitivamente l'orrido supporto ciddì e si dedicano al direct download via web e contemporaneamente a eleganti soluzioni di design come questa? Su quest'interrogativo si staglia poi la musica di Nicolas Jaar: raffinata, minimale ma stracolma di idee.

modulo_c alle 11:50 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Caro Filippo mi potresti mandare il link dove recuperare il "prisma"? grazie.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 12:02 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

A te!

modulo_c alle 11:34 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

dopo "space is only noise" questo e' da prendere a scatola chiusa... o meglio a "prisma" chiuso (anche se non mi e' chiaro come funziona l'orpello...).

hiperwlt, autore, alle 12:17 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

fai come Filo (grazie eh, sempre TROPPO gentile), prendi il prisma la recensione, ad ogni modo, si concentra sulla virtual edition - che trovi su itunes, oppure sul sito della clown & sunset - dove è possibile ascoltare "don't break my love" in streaming.

target (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:28 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Oggetto splendido, con un contenuto all'altezza (che peraltro si può condividere, dal momento che il cubo ha due ingressi per le cuffie, oltre ai quattro tasti - per chiarire le idee a modulo_c - le cui funzioni sono specificate qua: http://www.csa.fm/theprism/). Eccellente Mauro, che mette un po' di ordine in un magma sonoro ricchissimo eppure mai slegato. Tutto si tiene. Da "Youandthespace between" (che è fondamentalmente post-rock, autunnale e imploso) agli spettacoli downtempo e lounge ("Don't owe me a thing", "Ghost"), dai Portishead rispolverati di "Palomitastep" al Cohen denudato di "Avalanche", tutto ricoperto di graffiature vintage, con un'attenzione spasmodica verso il suono (cito Jaar: "It was more of a thing like, let's completely forget about making tracks, songs, music. Let's just make sounds first"). Ma al di là di alcuni momenti in cui la ricerca sui suoni non trasmette potenza ("Don't break my love"), qua dentro ci sono canzoni meravigliose. "Ishmael", "Why didn't you save me", "Don't owe me a thing", "Never have I ever" (sax, percussioni tribali, acustica, piano, voci in un sogno delirante che è, semplicemente, un dono divino) sono pezzi d'arte totali, pervasi da una malinconia feroce. E la qualità audio del cubo, bisogna ammettere, rende loro pieno merito. Costa (40 dollari + spedizione), ma vale l'acquisto, anche per i non feticisti. Una cosa: dei 12 brani secondo me solo 4-5 sono privi del tocco di Jaar. Nikita Quasim e Vgtnike ho la netta impressione che siano suoi pseudonimi. Tra le cose nuove uscite negli ultimi due anni, ho pochi dubbi che sia lui la più potente e ricca di futuro.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 20:34 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Frà, c'è modo di ascoltare l'album anche senza cuffiette dal Prisma?

target (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:43 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

No, cuffie obbligatorie.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 20:55 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Peccato, mi sarebbe piaciuto farlo risuonare nell'aere... ma collegandolo a qualche cassa? Se po ffa?

target (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:01 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Gli unici due ingressi sono entrambi per cuffie. Poi boh. Ma per il poco che capisco di cavi e ingressi non credo.

gabrisimpson alle 12:31 del 24 dicembre 2012 ha scritto:

Filippo se hai delle casse collegate ad un amplificatore o un mixer ti basta un cavo apposito! Per l'amplificatore ne dovrebbe bastare uno con i due jack identici, con il mixer si può usare il component a due uscite!

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 13:24 del 24 dicembre 2012 ha scritto:

Infatti immaginavo anch'io così, thanks!

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 11:09 del 21 dicembre 2012 ha scritto:

O merda! E io ascolto questo "Ethiopique-Electronique" solo ora! Inutile dire che avrebbe combattuto nella mia top-ten 2012!

Andrey Kipsta (ha votato 8,5 questo disco) alle 16:06 del 21 dicembre 2012 ha scritto:

Un signor album...niente da dire..lo si ascolta dritto...tutto filato..niente stona..tutto al punto giusto...

una paticolare nota di merito ad "Ishmael".."Never Have I Ever"...da avere e ascoltare....ripetutamente!

modulo_c alle 17:43 del 21 dicembre 2012 ha scritto:

A questo punto, visti i pareri dei gentili scriventi, comprare l'oggetto di culto diventa praticamente un'obbligo morale... mi attivo.

FrancescoB alle 14:06 del 24 dicembre 2012 ha scritto:

Grande recensione. Mi metto subito alla ricerca del disco, questa sembra roba che scotta.

tramblogy alle 11:35 del 29 dicembre 2012 ha scritto:

Spettacolo!!!!.va bhe ..ma non lo trovo!uff

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 12:24 del 29 dicembre 2012 ha scritto:

Controlla la posta...

tramblogy alle 13:24 del 29 dicembre 2012 ha scritto:

Thx!!!

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:03 del 24 gennaio 2013 ha scritto:

Dovevo fidarmi di Mauretto quando mi diceva di metterlo in top-ten sulla fiducia, prima ancora che mi arrivasse il Prisma vero e proprio. Non l'ho fatto, sbagliai. Difficile aggiungere altro che non è stato detto (la recensione, boh, brilla di luce propria): la musica di Jaar ormai si distingue che è una bellezza, ha un mood di un'eleganza sopraffina, un sound ben preciso, un misto di minimale elettronico e massimale stilistico. C'è tanto dentro, dai ritmi sincopati alle dilatazioni più romantiche, dai grooves più affossati ai vocalizzi più aristocratici. Metropoli e paradiso terrestre. Un piacere dei sensi, ascoltarlo, dall'inizio alla fine.