R Recensione

4/10

Mika Vainio

Onko

Può la sperimentazione sconfinare nell'insensatezza? Certamente sì. Esistono artisti che, spinti da una personale indole anticonformista, si muovono verso gli estremi dei loro campi d'azione, fino a raggiungere il limite ultimo. E chi cede alla tentazione di oltrepassarlo, deve obbligatoriamente sottoporsi ai controlli doganali.

 

Mika Vainio ha alcune cose da dichiarare. Una discreta serie di esperienze ai confini dell'elettronica, prima nei Corporate 09 poi nei Pan Sonic. Ma soprattutto, un'ossessione spasmodica verso lo sperimentalismo, unito al coraggio di saper distruggere qualsiasi schema.

 

Onko è il primo album solista, il primo che Vainio firma col suo nome di battesimo. 70 minuti di minimalismo estremo, spesso non collocabili nell'universo "musica". Un'orchestra di rumori evocativi, totale assenza di ritmi e melodie. Un folle percorso che a tratti fa tornare in mente l'avanguardia dei primi Tangerine Dream, ma con effetti molto meno piacevoli all'orecchio. Invece che nelle galassie sconfinate della kosmische musik, qui veniamo proiettati nelle distorsioni sonore di un tubo catodico (Kelvin, traccia di apertura), o nell'acuto ad altissima frequenza di futuristici strumenti elettronici di dubbia utilità (JOS). Sono le spine del glaciale cactaceo della copertina. Spine molto pungenti, così tanto da chiedersi se è il caso di continuare ad allungare la mano.

 

I risultati migliori si ottengono in alcuni movimenti della sinfonia centrale, Onko Parts 1-11, e nella chiusura con Viher, in cui ci sono concesse alcune pause ritempranti attraverso suoni meno aguzzi, che aprono alcuni spiragli verso un intimismo new age. In questi momenti la musica assume una lontana connotazione chill-out che strizza l'occhio al lounge. Sono gli sprazzi più felici del disco, ma troppo limitati per un giudizio complessivo.

 

Un disco assolutamente fuori dal tempo in cui è inserito. Sensazione assolutamente confermata dopo 15 anni. Forse tra qualche altro decennio troveremo maggiormente suggestiva ed emozionante l'atmosfera di questo disco. Se così sarà, dovremo riconoscere a Mika Vainio una improbabile abilità anticipatrice. Altrimenti, siamo in presenza di un prodotto di deliberata distanza dai canoni sonori abituali, il cui ascolto non ha la forza di giustificare da sè il proprio diritto all'esistenza.

V Voti

Voto degli utenti: 9/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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alfredjarry (ha votato 9 questo disco) alle 14:24 del 10 marzo 2010 ha scritto:

Mi dispiace leggere una recensione negativa di un disco che ho sempre amato... Ricordo molto bene il giorno in cui lo acquistai (causalmente, nel senso che non ero ancora al corrente della sua esistenza, ultimissima uscita Touch) e lo iniziai ad ascoltare ripetutamente con l'impianto stereo. La glitch-music, nel '97, non era certo una novita': lo stesso Vainio sotto diversi moniker, Ikeda, Noto gia' da qualche anno proponevano le loro algide sonorita'. Un lavoro che incorpora anche altri importanti riferimenti, come le opere elettroniche di Xenakis, Ferrari o Gunter. In ogni caso, rispetto ai lavori precedenti dello stesso autore, questa elettronica introflessa acquistava una dimensione "metafisica". Un ascolto per molti aspetti inedito, che mi ipnotizzo' attraverso l'udito, provocandomi un piacere estetico completo ed inaspettato. Sicuramente dal punto di vista formale (le audaci combinazioni di timbri e frequenze) ma anche dal punto di vista narrativo: letteralmente un poema sonoro (mi riferisco soprattutto alla parte centrale). Un viaggio sonico unico nel suo genere che, partendo da una fenomenologia dell'ascolto, riesce a mostrare il pensiero delle macchine, a trascinare nel fondo degli oceani per poi condurre fino al cactaceo della copertina. Sensazionale!

synth_charmer, autore, alle 14:33 del 10 marzo 2010 ha scritto:

sono contento che qualcuno finalmente mi faccia da oppositore senza dubbio un disco come questo o lo si ama o lo si odia. Porta agli estremi i concetti di musica evocativa, conducendoli nel minimalismo techno più spinto. E' chiaro che vuole toccare le onde cerebrali dell'ascoltatore, e capisco che se ci riesce è una conquista assoluta. A me ha dato l'effetto opposto, lo sperimentalismo eccessivo non mi ha ben disposto e il disco alla fine non mi ha mai preso veramente, anche apprezzandone gli intenti (come credo di aver fatto nella recensione).