R Recensione

9/10

Richie Hawtin

Concept 1-96:CD

Dunque, cominciamo dal 1995 anno in cui Richie Hawtin ebbe qualche problema con le autorità USA. Se sono stato bene informato, il nostro partecipò ad un rave illegale a Detroit e per conseguenza: uno, gli furono sequestrati alcuni file musicali e: due, gli fu inflitta un’interdizione territoriale.  

Essendogli stata limitata l’attività di dj decise di restare nella sua tranquilla Windsor (Ontario, sua la nazionalità canadese) e dedicarsi alla realizzazione di alcuni dodici pollici (dodici per l’esattezza). Si ripromise inoltre di pubblicarli puntualmente ogni mese per l’intero anno (siamo ora nel 1996…).  

Ciascun disco conteneva due tracce e le copertine riportavano attraverso una grafica concettuale solo l’ordine numerico dei brani. I vinili sono stati pubblicati dalla sua label Plus 8 in edizione limitata di 2.000 copie, in seguito altre 1.000 copie in un box contente l’intero ciclo.  

Più o meno è questa la storia dalla quale volevo iniziare. Nel 1998 questo materiale è stato remixato e pubblicato in CD col titolo Concept 1-96:CD dalla nuova label di Hawtin: la M_nus Record. È di quest’edizione che parlerò, cominciando col dire che la musica dei concepts costituisce una tappa fondamentale dell’elettronica ritmica. Cercherò ora di spiegare il perché.  

I riferimenti più immediati della musica contenuta in Concept1-96:CD sono la minimal techno e la techno dub. Si è iniziato a parlare di minimal techno con Robert Hood e Jeff Mills (entrambi provenienti dal collettivo Underground Resistance), di techno dub soprattutto col duo Moritz Von Oswald e Mark Ernestus (quindi Chain Reaction e Basic Channell). Tutto questo negli anni immediatamente precedenti al nostro disco.  

Da un lato, a partire dalla minimal techno, Hawtin mette in pratica un entusiasmante processo di astrazione mediante l’uso dei sequencer. Innovando appena la strumentazione, ma soprattutto utilizzando con grande creatività i controlli di tono (già da anni sperimentati sotto il moniker Plastikman).  

Dall’altro, intuendo le potenzialità della techno dub, porta alle estreme conseguenze la rappresentazione dello spazio. Sfruttando l’alta definizione in sede produttiva giunge ad una modellazione tridimensionale dei suoni, dove ciascuno di essi acquista una peculiare qualità timbrica.  

Il risultato? Una serie di composizioni rigorose, che impiegano i suoni di sintetizzatori e drum machine, ma che riescono a muoverli con inedita complessità e senso estetico in uno spazio virtuale. Ascoltato oggi Concept 1-96:CD mantiene tutti i suoi pregi, lavoro di un anno molto importante per la techno e con Hawtin al massimo delle sue capacità compositive e produttive.  

È sorprendente come, a partire da così pochi elementi, Hawtin sia riuscito ad ottenere un risultato così vario: rallentando e accelerando, avvicinando e allontanando, curvando e raddrizzando, aumentando e diminuendo, condensando e dilatando, separando e unendo, allargando e restringendo, nascondendo e facendo apparire… Utilizzando, cioè, un processo formale binario.  

Una musica cerebrale e insieme corporea, dove la melodia e l’armonia vengono abbandonate a definitivo favore del suono e del timbro. Un lavoro di grande portata che ha contribuito ad emancipare la techno come musica di genere e a proiettarla nell’ambito della musica contemporanea (sperimentale o d’avanguardia che dir si voglia…)  

Per chi volesse ascoltare tutti i dodici pollici editi singolarmente lo potra' fare solo per via digitale (a meno che non voglia spendere qualche centinaio di Euro!). Non solo: recentemente il CD qui recensito è stato riedito in doppio supporto dove il secondo disco contiene Concept 1-96:VR sempre a nome Hawtin ma con variazioni di Thomas Brinkmann. Ma questa è un’altra storia.  

In conclusione, un ascolto altamente consigliato non solo agli utenti abituali della techno, ma anche a coloro che desiderano conoscere il (relativamente) recente sviluppo della musica elettronica.  

P.S.: dimenticavo di informarvi che i file musicali sequestrati nel 1995 verranno utilizzati nel bellissimo Artifakts (bc) dell’alter-ego Plastikman.

V Voti

Voto degli utenti: 9/10 in media su 4 voti.
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babaz 10/10
loson 8/10

C Commenti

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babaz (ha votato 10 questo disco) alle 9:08 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

CAPOLAVORO ASSOLUTO!!

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 13:24 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

stupendo

loson (ha votato 8 questo disco) alle 16:10 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

Gran bello. Però il suo meglio Hawtin l'ha dato con le tracce prodotte come Palstikman, secondo me. "Sheet One", in particolare, l'ho sempre considerato il suo vero grande capolavoro. Recensione accuratissima, bravo Andrea!

FrancescoB alle 16:23 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

Non conosco, rimedierò. Interessante il riferimento alla spazialità ed alla fondamentale importanza del timbro in quanto tale, cose verissime e spesso dimenticate quando si parla di questo tipo di musica.

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 18:30 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

rimediate anche con nosaj thing. straconsigliato!!!

alfredjarry, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 13:23 del 6 gennaio 2010 ha scritto:

Mi ricollego alla discussione precedente, iniziata nella recensione di Madonna. Vorrei evidenziare un mio passaggio, dove affermo che questo disco di Hawtin e' riuscito ad emanciparsi da un genere... Questo significa che ha abbandonato una "forma folclorica" ed ha assunto una "forma artistica". In altre parole, la prima condizione fa semplicemente parte di una realta' (di un ambiente o di una comunita', in questo caso quella dei cub-dance di Detroit...) La seconda condizione rappresenta, quindi rielabora esteticamente e simbolicamente materiali gia' presenti nella realta'. In effetti, molte teorie artistiche avanzano l'ipotesi che l'opera d'arte sia un mondo a se' stante!

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 23:28 del 7 gennaio 2010 ha scritto:

confusione tra arte e pubblicità,