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R Recensione

6,5/10

Fort Romeau

Insides

Di quella bizzarra etichetta (la hipster house) attraverso cui qualche anno fa si cercava di inquadrare la nuova leva di dj barbuti che andavano a rispolverare con passione un po’ improvvisata i suoni della house degli esordi, magari provenendo da territori musicali decisamente altri, non se ne è più fatto molto. Pour cause, d’altronde: i dj hispter sono maturati, e hanno pure sviluppato un proprio stile più personale e affinato. Penso ai Blondes, penso a Ital, e penso al londinese Mike Greene, che aveva debuttato come Fort Romeau nel 2012 sulla 100% Silk, distaccamento elettronico della Not Not Fun, con un disco di house da memorabilia ’80 a tratti notevole.

Il passaggio alla Ghostly per questo seguito, “Insides”, sancisce, anzitutto, la rinuncia al ricorso ai sample vocali attorno ai quali i vecchi brani di Fort Romeau si costruivano: Greene, dopo un tirocinio di dj sets in alcuni dei club europei più prestigiosi, ha virato verso minutaggi più lunghi e una maggiore cura per la strutturazione “progressiva” dei brani. Oltre a questo aspetto, balza all’orecchio la cura meticolosa per i suoni, con una predilezione per sintetizzatori d’antan (il Korg 770 sugli altri) che, unita a un processo di post-produzione ossessivo e tutto analogico, porta alcuni brani a toccarsi con gli esperimenti retrofuturistici dell’area post-hypna e dintorni (Com Truise, Ford & Lopatin, Oneohtrix Point Never).

Non è un caso che si abbia, spesso, nell’ascolto dei brani, un effetto potentemente nostalgico, anche sopra beat inesorabili (vd. il piano di “All I Want” o le trombe di “Insides”) o sopra vocoderizzazioni e robotismi selvaggi (“Not A Word”, la retro-wave pura di “IKB”, tra Kuedo e Sand Circles). Non sorprende, allora, l’aura kosmiche dell’apice del disco, una “New Wave” che recupera i Kraftwerk di “Radioactivity” e li catapulta, come in un videogame al contrario, in un futuro di synth emo e bassi collosi. Tra i pezzi electro dell’anno, con pochi dubbi.

Il risultato finale è una curiosa incursione tra house e modernismo sintetico (eccellente, in questo senso, anche lo stordimento di “Cloche”) che può persino suggerire nuove direzioni.

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hiperwlt 6,5/10

C Commenti

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Sor90 alle 13:21 del 9 aprile 2015 ha scritto:

Questa è la musica della mia discoteca ideale. Cupa, di classe, fluida. Purtroppo Fort Romeau non ci ha ancora regalato il disco capolavoro, ci facciamo bastare "New Wave", "All I Want" e "Insides". Potrebbe aspirare anche a un 7, vediamo se gli ascolti reggono. Francesco ma questa "hipster house" non si può sentire come etichetta, già la ricordo all'epoca del primo Fort Romeau

target, autore, alle 14:21 del 9 aprile 2015 ha scritto:

Ohi, Vito, in effetti l'etichetta è tremenda (come tutte le etichette, d'altronde; diciamo che quell'"hipster" la rende ancor più impopolare). Rimando a questa pagina di Picci, dove la si giustifica un po' (pur con distacco): http://pitchfork.com/reviews/albums/16230-blondes-blondes/

(Ah, il voto al disco è stato 7, per un po': ho poi abbassato proprio perché non tutto si tiene al livello dei pezzi che citi anche tu).

Sor90 alle 14:57 del 9 aprile 2015 ha scritto:

E' probabile che segua la stessa sorte con gli ascolti... Interessante la teoria che espone Pitchfork, però mi sembra un fenomeno troppo ampio per essere inquadrato in un movimento (per dire, anche Caribou di Swim potrebbe rientrarci per me).

target, autore, alle 16:10 del 9 aprile 2015 ha scritto:

Ma sì, infatti. Diciamo che è un modo furbo per battezzare la house del nuovo decennio, quella, almeno, meno "ortodossa" e più inquinata con le "waves" (anche esterne al genere, vd. glo-fi/hypna) più recenti.