Depeche Mode
Remixes 2: 81-11
Adesso nessuno se ne esca col solito, banalissimo "nessun remix può eguagliare gli originali". L'arte del remixing raggiunge i propri apici proprio quando il pezzo di partenza è destrutturato, trasformato e ricomposto con nuove sembianze, e guai ad urlare al sacrilegio o allo snaturamento: è giusto quando il legame con la traccia root rimane troppo netto che scatta il campanello d'allarme di un remix non riuscito.
Poi si sa, la materia prima dei Depeche Mode si presta bene alle rivisitazioni, e qui su 37 lavori son molti quelli che centrano l'obiettivo: tra le altre spiccano la pirotecnica tech-house degli Stargate su Personal Jesus (dall'edonismo nineties alle notti ibizenche), il deep mix di Everything Counts firmato Oliver Huntemann (c'è del marcio anche nelle radio hits), le aggressioni fidget di Karlsson & Winnberg (Tora! Tora! Tora!, lacerazioni su tela antica) e la house-electro ossessiva degli M83 (Walking In My Shoes, decadance over Gahan). Tra i nomi altisonanti non deludono Clark (mai domo con i suoi spasmi dub-break inafferrabili, e Freestate è in un'altra dimensione), Digitalism (bomba nu-rave sganciata su Never Let Me Down Again, ma ahimé erano altri tempi) e mister non-c'erano-dubbi Trentemøller (Wrong c'è, ma è una sagoma indistinta dietro i fumi di una pista techno). Più tiepidi i Röyksopp (Puppets capovolta su nostalgie norvegesi) e Stuart Price (A Pain That I'm Used To diventa quasi un disturbo sfasato con la nuova forma).
Pollice verso invece per chi ha avuto poco coraggio (o poca ispirazione), limitandosi a piccoli e cauti interventi e usando un tocco troppo timido e spaventato: possono accontentare gli UNKLE se cambiano semplicemente la ritmica a John The Revelator? Basta aggiungere una cassa in quattro a Dream On per farne un mix? Dov'è il tocco di Bomb The Bass su Strangelove? Meglio allora l'ex Vince Clarke, che moltiplicando di fattore techno le perdizioni di Behind The Wheel vince la sfida con l'altro redivivo Alan Wilder, incerto su In Chains. Quattro ore sono decisamente troppe, ma a scegliere l'edizione ridotta si rischia di perdersi certe affinità. Alla fine avrà vinto l'equipe di marketing?
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