LFO
Frequencies
Come può un album che dà origine a un intero genere di successo rimanere in sordina, quasi sconosciuto al mondo intero? E' esattamente ciò che è successo all'album Frequencies degli LFO, e al genere techno.
Siamo nel 1991. La musica elettronica non ha ancora subito una vera e propria evoluzione dalle sonorità che le hanno permesso di dominare gli anni '80. Gruppi come Pet Shop Boys, Tears For Fears, New Order hanno alle spalle i migliori album della loro carriera, ma non sembrano pensare a svolte stilistiche forti. I Depeche Mode sono in pieno tour, dopo l'uscita di Violator.
Aphex Twin sta dedicandosi a sperimentazioni "domestiche", ma non ha ancora pubblicato nulla. Sarebbe comparso l'anno successivo, coi suoi Selected Ambient Works 85-92, ma è ancora lontano dalla techno. Anche i Prodigy debutteranno sulla scena l'anno successivo, e non si può negare che l'influenza degli LFO l'abbiano subita, eccome.
Gez Varley e Mark Bell, invece, stanno per apparire alla luce della ribalta come LFO. Sono due studenti di Leeds, ma hanno idee rivoluzionarie e una grande abilità nell'utilizzo dei synthesizer. Il loro primo album si chiamerà "Frequencies", quasi un invito a concepire la musica sotto un punto di vista nuovo.
Frequencies va considerato l'album che ha proiettato la musica elettronica dagli anni '80 agli anni '90, definendo le linee guida per la modernità. Pubblicato dalla Warp Records, che da sempre dimostra grande talento nello scoprire le rivelazioni dell'elettronica (vedi anche Aphex Twin, Boards Of Canada, Plaid, Nightmare On Wax, Autechre e molti altri), quest'album segna una vera e propria rivoluzione del suono, che presto conquisterà i favori del pubblico anche grazie al talento di tanti bravi DJ in console in quegli anni.
LFO. Low Frequency Oscillator. E' il nome del sintetizzatore che utilizzano per generare quel pulsare ritmico di bassissima frequenza. Sistole e diastole si alternano già nei primissimi suoni del primo brano, Intro, descrivendo il battito vitale che dà respiro a tutto l'album. E qui capiamo che siamo in presenza di qualcosa che non avevamo mai sentito prima d'ora. Non sono ritmi forsennati, non stancano per nulla. Trascinano, ma mostrando comprensione e sensibilità per le nostre orecchie vergini. Dalla intro, passiamo a LFO, il singolo che storicamente ha concentrato per la prima volta l'attenzione su di loro. E ne scopriamo tutta l'energia. Le sequenze sono tante, ma l'armonia complessiva è innegabile, anche in una traccia ricchissima come questa. Non a caso, questo brano è stato il loro esordio nei club già prima dell'uscita del disco, grazie alla collaborazione di Nightmare On Wax, che l'ha condotta al 12° posto della classifica britannica dei singoli.
Il tempo di prender fiato, ed ecco Simon From Sidney, un capolavoro perfetto di progressione sonora. Le componenti vanno aggiungendosi gradualmente, conducendo l'ascoltatore in un crescendo palpitante che sembra non finire più. E' una lezione che nessuno dimenticherà più, negli anni a venire.
Il disco prosegue con un ventaglio di sonorità vastissimo. Ed è abile ad alternare ritmi più veloci a brani più rilassati. Pezzi come We Are Back (secondo singolo dell'album) o Tan Ta Ra vogliono farci ballare, liberarci da schemi e catene che è la vita moderna ad imporci. Ma senza esagerare, perchè ci vengono somministrate anche alcune pillole calmanti, come Freeze, Mentok 1 o Think A Moment, in cui ci vien voglia di stenderci sul divano, quasi in fase di liberazione psichica. La traccia di chiusura del disco, untitled, riassume questa loro dualità sonora, che li accompagnerà durante l'intera discografia.
E' l'album più compatto ed equilibrato della loro carriera. Una pietra miliare nell'evoluzione della musica elettronica. Un pezzo di storia. Ma forse, è destinato a rimanere sempre un evento minore, apprezzato solo dai palati più esperti e appassionati.
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