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R Recensione

5/10

Magda

From The Fallen Page

Approfitto di un buon rappresentante del panorama techno 2010 per dar voce ad alcune legittime osservazioni verso lo stato evolutivo di questo genere. Una analisi applicabile a gran parte delle ultime uscite in questo campo, che non va interpretata come una specifica perplessità verso il disco di Magda, capace anzi di esprimere una apprezzabile personalità.

 

Nel mondo techno le donne sono sempre state una rarità. Un motivo in più per far parlare di sè, avrà pensato mr. Richie Hawtin quando tempo fa scelse di puntare su questo giovane virgulto, ora elemento di punta nella scuderia dell'etichetta da lui fondata, la Minus Records. Magda esordisce sul formato lungo con questo From The Fallen Page, un disco ben piantato nello stile techno "classico", quello che affonda le proprie radici nella Detroit degli anni d'oro, e che il boss Plastikman conosce bene essendone stato uno dei principali innovators durante la seconda ondata.

 

Innovazione. Da sempre un concetto chiave nella filosofia propulsiva del genere. Pochi altri stili musicali possono vantare una componente ideologica così importante come la techno, nata quasi come un movimento massonico inconfessabile, una rivoluzione partorita da tre menti superiori riunite in segreto in cantinati privati. Un decollo negli strati più rarefatti dell'atmosfera con le due ondate detroitiane, poi l'esplosione in una miriade di sottogeneri e contaminazioni varie, nobili diramazioni costellate da nomi storici, storie fatte da etichette di caratura ineguagliabile, un ventaglio di scelta possibile da far paura. E invidia, soprattutto.

 

E oggi? Oggi si ha la possibilità di raccogliere qualsiasi frutto dall'albero madre, da quelli più aristocratici come le mosse ambient di casa Warp, a quelle più "art" come la minimal o il glitch, passando per vivacità danzerecce di vario tipo (big beat, electro-clash, nu-rave, tech-house), fino alle recenti ibridazioni del dubstep o del wonky, tutto questo tralasciando diversi altri movimenti degni di nota. Lo zoccolo duro, però, è sempre lo stesso, giunto ai giorni nostri quasi immutato. In From The Fallen Page, come in vari altri dischi techno di oggi, si percepiscono ancora netti gli odori metropolitani delle vie di Belleville. Fanno ancora capolino quei caratteristici bassi sintetici, dalle caverne direttamente al secolo XXI. La cassa in quattro è ormai una piacente signora sui trent'anni, che magari non brilla per arguzia ma sa sempre adattarsi ad ogni esigenza, e sebbene sia più una prerogativa della house tenuta volentieri a distanza dai puristi della techno, la ritroviamo ancora oggi nelle proposte di Magda come di altri artisti. Nulla di originale, detto in poche, amare parole. Il contributo personale si limita ad una mera interpretazione, ad una rielaborazione di tesi esposte da altri, come nel caso qui presente che intende presentarne un lato lugubre, criptico e umido.

 

Non è sufficiente. Non è ciò che ci si aspetta in una corrente artistica come la techno, onorevole fregio che va consegnato solo ai devoti dell'innovazione sonora. Non ci si stupisca poi se il neofita di questi territori pensi soprattutto a truzzerie superinflazionate come Prodigy o Justice, o misuri ogni recente evoluzione col solo metro del dubstep. Non ci si offenda se si finisce oggi per dedicare parole di entusiasmo solo a creazioni veramente nuove, come la funky-techno di Jimmy Edgar o i tribalismi folk di Matias Aguayo: perchè di techno come quella di From The Fallen Page se n'è già parlato in abbondanza vent'anni fa, e adesso, con tutto il rispetto e l'affetto per Magda, Hawtin, Shed, Anthony Rother e compagnia, vale la pena di dedicarsi a stimoli più giovani ed eccitanti.

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