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R Recensione

7/10

S_W_Z_K

S_W_Z_K

Gli Swayzak sono stati uno dei gruppi elettronici di maggior successo degli ultimi 15 anni, con all’attivo 7 album (con Re: Serieculture del 2009 uscito però solo il Giappone) e svariati singoli.

Se già in passato James Taylor aveva manifestato in più occasione la voglia di tentare una carriera solista pubblicando un lp a proprio nome nel 2005 (il non esaltante minimalismo di Carthage Milk), ed un altro nel 2010 sotto le mentite spoglie di Lugano Fell (l’altrettanto mediocre Slice Repair), dodici mesi fà ha deciso di prendere definitivamente un’altra strada, lasciando quel che resta del marchio all’amico David Brown.

Già quando li avevamo sentiti insieme per l’ultima volta (Francoforte Green and Blue 2009) era evidente l’abbandono della leggerezza electro e minimal house degli esordi in favore di un mood più oscuro e profondo.

E proprio questi elementi live costituiscono la base da cui è ripartito David per la composizione di S_W_Z_K.

La punta di lancia preistorica in copertina allude ad un sound duro, in cui il beat viene scolpito dal dub come la roccia dal vento.

L’etichetta scelta d’altronde in fatto di Techno è una garanzia: la Tresor di Berlino, anche se sfrattata dalla sua sede storica, è un monumento del genere e continua a non ammettere compromessi.

L’obiettivo dell’artista inglese è creare musica che vada alla grande nei clubs senza per forza essere da club, e per raggiungerlo si affida a solidi punti di riferimento come la tradizione rave della Warp e la ricerca del suono perfetto come dottrina Basic Channel insegna. Il tutto utilizzando non più di dieci strumenti per traccia.

Concordiamo con la definizione del disco data dall’autore stesso che parla di dance intelligente dalla sensibilità berlinese.

Nel momento in cui le piste da ballo paiono sopraffatte da mossine e sciarpette un approccio radicale da duro e puro non può che essere premiante.

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