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R Recensione

7/10

Torakiki

Avesom

Dietro il moniker Torakiki si celano i bolognesi Alessandro Rizzato, Kevin Parrino e Giacomo Giunchedi, produttori d’elettronica artigianale, un’elettronica spesso cantata (in italiano) e ancor più spesso confezionata attraverso i vecchi sintetizzatori coi moduli a matrice, il cui inconfondibile tessuto sonoro ci sprofonda dritti alla fine degli anni ‘80, a cui i Torakiki devono anche la scelta del proprio nome. “Avesom”, certamente mutuato da “awesome”, è nei fatti un disco eccezionale, perché alle acquatiche frequenze del synth unisce la legnosa serialità della techno: un disco corroborante, da ascoltare nel club o nella propria cameretta.

In “Pitch” eleganti lingue sintetiche si annodano a sparuti rullanti, in una lenta progressione che preannuncia la comunione, pienamente techno, di basse frequenze ed FX, un matrimonio d’intenti col Carl Craig meno danzereccio. “Luxard”, primo brano cantato, è invece costruito in architettura naïf, quasi fosse un Alexander Robotnick che si prende sul serio; e “O.A.U.” prosegue con maggior veemenza sul sentiero della trance mitteleuropea di Schiller e ATB. Con “Tripolar Bears” il trio bolognese si sposta su un genere di elettronica downtempo, appositamente pensata per la decompressione mentale: pad sognanti, bassi indolenti e una ritmica, su base 8-bit, piuttosto articolata, come quando Machinedrum decide di fare il bravo ragazzo. Se “##PAP” torna agli eccessi trance di “O.A.U.”, destano invece stupore gli accenni breakbeat – più che accenni, son proprio movenze – in “TR2”, un pezzo da ascrivere all’r’n’b americano di fine anni Novanta. Infine la cantilena digitale di “Kendo”, che attinge a piene mani dalle sonorità tradizionali giapponesi, esportandole nel terzo millennio grazie ad un sequencing degno di Andy Stott.

Mi piacciono i Torakiki, che non si vergognano della nostra lingua e della tradizione elettronica europea; mi piacciono soprattutto quando suonano quella techno morbida e melliflua che, in barba ad ogni pregiudizio, si offre elegante e sinuosa all’ascoltare, lontana dalle orde selvagge di clubbers pettinatissimi, abbronzatissimi, impasticcatissimi.

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