R Recensione

8/10

Thomas Fehlmann

Honigpumpe

 Nella coda iridescente che la cometa Orb sta lasciando dietro il proprio passaggio, in una parabola che si avvia ormai verso la fase discendente, si riescono ancora a scorgere delle gemme di straordinario magnetismo.

Come un freddo meteorite gassoso a risplendere nel cielo della musica elettronica troviamo questa volta lo scienziato pazzo dagli occhialini tondi Thomas Fehlmann, degno compare di scorribande psicotrope di quell’hooligan di Alex Patterson: insieme hanno irreversibilmente impresso nella mente di molti ormai trenta-e-qualcosa la sigla che più di tutti ha rappresentato la faccia psichedelica e lisergicamente ovattata degli anni novanta: per chi non l’avesse capito, gli Orb.

Lo stato di forma odierno del nostro è tangibile assistendo ad uno dei suoi numerosi dj set strettamente ‘all-laptop’ che letteralmente accendono la miccia a feste bombastiche e lisergiche nei dancefloor di mezzo mondo (ricordo una discesa al link di Bologna di un paio di annetti fa a nome Le petit Orb con la gente che si arrampicava sui muri) e, a differenza di molti coetanei che hanno perso loro malgrado la linfa vitale da qualche parte in mezzo agli anni novanta, abbiamo di fronte l’album di un vecchietto con due palle così, ancora saldamente ai comandi di controllo di un genere da lui architettato e plasmato.

Se l’ultimo ‘Lowflow’ licenziato dalla californiana Plug Research di tre anni fa non aveva fatto proprio saltare sulla sedia gli appassionati, pur non lasciando l’amaro in bocca in virtù di episodi ragguardevoli, è questo ritorno tra le truppe ambient-techno della Kompakt di Colonia, a seguire lo splendido ‘Visions of Blah’ del 2002, a offrirci passaggi lungo panorami strabilianti.

Bella la parte grafica dell’album, realizzata dall’artista tedesca Bianca Strauch, cha ha incentrato una serie di opere sul miele a simbolizzare lo scambio di idee e culture all’interno della società tramite la manipolazione del prezioso oro liquido; rendendo anche la copertina di questo album al contempo pulita e viziosa, in una parola accattivante.

E poi ci sono dodici canzoni egregie, settanta minuti pieni di musica lunare, testimone di assenze e vuoti cosmici; ecco a suo modo ‘Honigpumpe’ è un album estremamente elegante, con il suo continuo smorzare le emozioni, con il gioco eterno delle ombre cinesi, del mostrare tenendo nascosto.

Le regole del gioco non sono poi cosi diverse da quelle che ci hanno insegnato gli Orb, ma vi dimora anche un certo occhio di riguardo verso certe estensioni della scena elettronica più emozionante, si prenda una ‘With oil’ che descrive desolazioni se vogliamo vicine a certo isolazionismo di scuola Kranky; oppure conigli che avrebbe potuto tirare fuori dal cilindro un Nathan Fake messo in lavatrice con Lsd al posto dell’ammorbidente e messo ad asciugare a Prenzlauer Berg come ‘Dusted with powder’ (che poi la parentela tra i due timbri era facile da intuire gia all’epoca di ‘Drowning in the Sea of Love’ del giovane Nathan, dove era contenuto un Orb-plagio come ‘Stops’).

Anche i dettami della corrente minimal sono assicurati da ‘Little Big Horn’ e da  ‘Bienenkonigin’, quest’ultima veramente notevole.

Il cuore del disco sono le immensità degli abissi di ‘Strahlensatz’, ‘Schaum’, ‘100 Baume’, ‘Arbeitstitel’: odori di spezie lontane, polvere lunare in tutti gli interstizi, beat a molleggio in carenza gravitazionale, sinistri tintinni, gorgheggi sottomarini, veri e propri terremoti neuronali.

Viene fuori anche un senso di nostalgia strano, nostalgia di cose mai immaginate, di luoghi inesistenti; succede con ‘T.R.N.T.T.F.’, una tarantella digitale che nasconde un immaginario fatto di particolari quasi invisibili dentro di se; e con ‘Soziale warme’, anch’essa a fotografare un mondo in agitazione sotto la superficie appena increspata.

E, anche se non di facile fruizione (o sarebbe meglio dire ‘consumo’?), le gelide folate di pulviscolo digitale spalmate sugli ottundenti bassi post-dub di ‘Atlas’ e ‘Atlas 2’ fanno accapponare la pelle.

Tirando le somme quindi si tratta di un bel disco da ‘viaggio casalingo’, l’unico limite la quantità di cellule sane rimaste.

Ma se i viaggi proposti dall’agenzia Fehlmann sono su questo livello, il mio consiglio, assolutamente disinteressato, è di non badare al risparmio e di partire appena possibile.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 4 voti.
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gogol 8/10
REBBY 6/10
tttt 8/10

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