Nedry
Condors
La storia di Ayu Okakita, Matt Parker e Chris Amblin, in arte Nedry, è una storia di indubbio successo. La musica del trio londinese ha avuto una lunga gestazione fatta di interazioni sul web, numerose esibizioni e assestamenti di forma, tra cui la decisiva scelta di aggiungere la voce di Ayu alle basi elettroniche. Il riconoscimento finale avviene grazie all'interesse della Monotreme records (l'etichetta dei 65daysofstatic) capace di far conoscere al gruppo una stagione di dirompente ribalta. Il fenomeno Nedry da allora ha conosciuto una svolta netta, suscitando vasti clamori di pubblico e di critica.
Poco ci vuole per capire il perché: abbiamo a che fare con un album che trasuda storia da tutti i pori ma che nello stesso tempo ci offre un surrogato ultra moderno delle sonorità più in voga di Londra, rappresentando un ibrido quanto mai azzeccato, giunto come si dice “nel momento giusto e nel posto giusto”. Storia, perché le radici di questo Condors sono fermamente salde nel terreno del trip-hop di scuola Portishead. Ma anche modernità, perché l'architettura complessiva dell'album muove sapientemente dalle più recenti conquiste dubstep arricchendole di una sensibilità del tutto peculiare.
Un'unione felice insomma, dal grande pregio di rivitalizzare entrambe le scene, una tramontata da parecchio, l'altra giunta per molti versi al suo apice (con la sorprendente rilettura di Burial) e bisognosa di una svolta per venire traghettata verso nuovi lidi.
Ed ecco dunque che Condors da tutta l'impressione di riuscire in questa impresa, regalandoci un lavoro incredibilmente maturo e solido, coerente e lineare, seppur percorso da numerosi filoni e rigoglioso nelle sue sfaccettature.
Dalle prime movenze di A42 siamo posti di fronte alle caratteristiche stilistiche che d'ora in poi permeeranno tutto l'album: pulsazioni ossessive, linee ambient cupe e notturne, un mood metropolitano e opprimente. Ma è con l'ingresso dell'incantevole voce di Ayu (musa elettronica sulle frequenze di una Björk o di una Beth Gibbons) che il quadro ci appare completo: la compattezza del sound è magistrale, con quei solidissimi bassi dubstep sostenuti dal beat spezzato di scuola drum and bass, senza contare le texture glitch che irruvidiscono quà e là l'incedere nitido del pezzo.
La successiva Apples & Pears si cala completamente nel soffice territorio di cui Beth Gibbons con i suoi Portishead si può considerare pioniera. La chitarra acustica ricama una ballad elettronica dove si affina e si impreziosisce l'abilità melodica e la capacità di scrittura del gruppo, vedendo nella prestazione di Ayu un elemento imprescindibile per la completezza del progetto Nedry. Non ci si fanno mancare anche in questo caso gli elementi più “urban”, per un attimo abbandonati in favore di fragranze più soffici e delicate: a metà del brano infatti una densissima linea di basso giunge a sostenere con vigore i preziosismi glitch che fino ad ora avevano creato un reticolo formicolante. I nomi che vengono in mente fanno parte della Londra più profonda e oscura, i guru della notte pulsante della City come i grandiosi Vex'd, i Distance o gli iTAL tEK.
Con Squid Cat Battle ecco che una nuova faccia di questa creatura sonora si sovrappone alle altre: un affilato riff di chitarra elettrica ed un basso granuloso e monolitico scandiscono un pezzo feroce che si apre la strada con aggressività e forza, impattando nettamente con il mood fin qui prevalente. Scattered rincara la dose scaraventandoci in faccia un intricato breakbeat arroventato dalla chitarra e da numerosi riverberi elettronici.
A tre pezzi dalla chiusura dell'album i toni si rilassano facendosi maggiormente variegati ed introspettivi, basti pensare alla funkeggiante ed esotica Condors o alla profonda e lirica Swan Ocean.
Con gli ultimi splendidi due minuti ambient-glitch di Where The Dead Birds (dai riferimenti obbligati a Fennesz e Vladislav Delay) il debutto dei Nedry si conclude sommesso, con segno di polarità opposto rispetto al brano di apertura, riuscendo, dopo soli otto pezzi, a definire una precisa estetica, un sound caratteristico e un carattere dominante di tutto rispetto. Già compiutamente giunto a maturazione il trio londinese, come dimostra la capacità di padronanza del dono della sintesi (non rischiando di strafare vista la mole di riferimenti qui presenti) per generare un ibrido compatto ed omogeneo.Riconosciamo dunque la loro abilità e auguriamoli che la strada sia lunga...
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