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R Recensione

6,5/10

Shijo X

...If a night

Gli Shijo X sono una band che insegue le origini del trip hop strumentale, formata da Laura Sinigaglia alla voce, Davide Verticelli alle tastiere, Federico Fazia al basso e Federico Adriani alla batteria. In questo disco dal sapore 90’s gli Shijo X tentano di stringere le quattro ore più importanti della notte, dalle due alle sei del mattino, quel lasso di tempo in cui tutto può succedere sia nella veglia che nel sonno. Se pensiamo che Verticelli era il tastierista di Beatrice Antolini e il loro primo disco (“One minute before”) è stato registrato da Luca Cavina dei Calibro 35 e Gianluca Rimei de Il Genio, ci appare chiaro anche il peso del curriculum di questo esperimento di trip hop bolognese, tra portici bui, biciclette abbandonate, kebab che stanno chiudendo e un intenso odore di città in dormiveglia. Dopo aver vinto nel 2011 il contest regionale dell’Italia Wave Love Festival, gli Shijo X hanno suonato molto dal vivo, condividendo il palco con nomi di tutto rispetto, da Paolo Nutini ai Kaiser Chiefs.

La nottata di “…If a night” comincia col brevissimo intro delle “02 A.M.” che lascia subito spazio alla mirabile partenza di “Bologna by night”, a metà tra Portishead e Airlock, con un portentoso giro di basso e un cantato ben fatto. Leggermente più dub la successiva “Uptown bike”, tanto che il trip hop si trasforma in qualcosa di più esotico ma anche di più classico: ancora una volta le basse frequenze si fanno apprezzare in tutto il loro fascino. Con “In (the) Moscow” la matrice inglese torna alla sua primigenia fattura, con inserti di organo e piano, una trama ritmica ossessiva e spezzettata, e ottimi filtri sulla voce della Sinigaglia, tanto che il sound pare molto vicino a quello dei Crustation. Il disco continua piacevole e oscuro con “Television”, composizione ai limiti del free jazz, con sferzate elettriche a renderla magica. Da qui in poi il tono di “…If a night” scende un po’, difatti “Runnin’” non riesce a mantenere il mood delle tracce precedenti, offrendosi troppo, davvero troppo, strumentale, in un minestrone di ritmi latini e funky. Dopo l’interludio ambientale delle “04 A.M.” il disco riparte senza eccessivo slancio con “Bad bed”, tra piogge metalliche e cinguettii elettronici, seguitando in “Colors” con toni meno affascinanti. La faccenda cambia drasticamente grazie ad “Almost in trouble”, bellissimo nu jazz in bilico tra la Billie Holiday di “Glad to be unhappy” e i Koop di “Koop Island blues”.

Prima dell’outro delle “06 A.M.” c’è tempo per la chiassosa e ossessiva “Krueger” e per la ricercata “Zabriskie’s bench” che, rimandando al celebre film di Michelangelo Antonioni, in realtà si concentra non sull’ambiente bensì sulla panchina del celebre parco nazionale della Death Valley, e come un lupo solitario in mezzo al canyon che ammira quelle panoramiche d’estasi, così l’ascoltatore sente il peso della propria assenza.

Il trip hop degli Shijo X è puro, ma proprio per questo motivo suona un po’ vecchio: diciamo che non avrebbe guastato un pizzico di cattiveria in più, soprattutto nella ritmica. Ciononostante il disco si fa ascoltare con piacere e scivola via senza stonare. Il giudizio complessivo su “…If a night” è più che sufficiente, ma un genere chiave della cultura urbana come il trip hop ha bisogno di esser riletto alla luce della nuova società metropolitana. Alcuni suoni sembrano gli stessi degli anni ’90 e la contaminazione nei territori del funky non è proprio ciò che ci si aspetterebbe dalla matrice di Bristol. Ad esempio, ci vorrebbe più dub e più elettronica, così da renderlo club oriented, senza scadere eccessivamente nel plagio di Amon Tobin o dei Massive Attack. Basta pensare alla piega che ha preso il sound degli Almamegretta per render più chiaro il concetto.

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