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R Recensione

6/10

AA. VV.

Future Bass

Quando lo scorso fine Settembre uscì questo disco, sponsorizzato fin dal titolo come il punto e a capo dell'ultimo capitolo in ambito (post-)dubstep, ciò che feci, in maniera istintiva, fu di dargli tre o quattro ascolti e poi accantonarlo. Questo perchè nello stesso periodo fecero capolino altre due uscite similari, e queste sì che fin dall'inizio mi diedero l'impressione di rappresentare l'ultima frontiera del mondo techno-bass: sto parlando del primo volume di Songs For Endless Cities, targato Brackles-!K7, e del vulcanico Magnetic Man di Benga, Skream e Artwork.

In maniera altrettanto naturale mi è capitato di riprendere Future Bass in questi giorni, ora che i due dischi sopra citati sono stati metabolizzati a dovere. Passate alcune settimane, l'effetto dell'hype che sovente mal dispone all'ascolto si è smaltito, e quello che ne è emerso è tutto sommato una bella proposta. La Soul Jazz Records gioca carte di grande effetto, racchiudendo in questa compilation una interessante varietà di nomi e stili diversi. Tra i pezzi da ricordare spicca ovviamente Nothing To See,l'odissea minimal house di Four Tet, che conferma qui la sua abilità nel realizzare abbaglianti giochi di prestigio con pochi, semplici elementi. E degna di nota anche la rinascita del trip-hop marchio Portishead nella ondeggiante Air dei Black Chow, in cui la glaciale voce femminile di Kiki Hitomi è orchestrata dalla mente di Kevin "The Bug" Martin.

Certo, viene anche confermata l'impressione che di veramente "post-" quest'album abbia poco. Perchè se si escludono le già dette incursioni in territori stranieri, il resto suona tanto come evoluzioni dubstep di stampo classico, col proprio bagaglio di influenze techno già consolidate da Scuba (Fly Girls, Talking Shadows) e le deviazioni tipiche dello stile Skream (Ransom, Don't Let Me Go). Il suono presenta la solita, conosciuta veste oscura, sdrucita da quasi un decennio di utilizzo massiccio, e già da qualche tempo riposta negli armadi per la nuova stagione.

Ciò non esclude che sia comunque un ascolto interessante. Potremmo dire che la mossa giocata dalla Soul Jazz va nella direzione opposta a quella intrapresa dai Magnetic Man: se il trio londinese ha improvvisamente alzato le frequenze, spostandosi verso bleep, trance e pop-step, Future Bass al contrario marca in maniera energica le bassline, producendo una prospettiva strettamente deep, una discesa verso le profondità più viscerali del pianeta dubstep. Un bivio col quale adesso il fermento artistico si sta confrontando con silente attenzione, in una crescente suspence verso il primo che farà sentire la propria voce.

Le due strade hanno disegnato una netta biforcazione. Al di là del valore intrinseco dei dischi, sono state definite le principali linee-guida per il futuro. E a distanza di un paio di mesi possiamo dire che questi due macigni hanno sollevato un gran polverone. Oggi, col pulviscolo ancora davanti agli occhi, stiamo aspettando di poter vedere nuovamente qualcosa. La prossima mossa è nell'aria, e l'odore si fa sempre più forte.

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