Zomby
Dedication
Dici Zomby e pensi: "Che classe". Il talento londinese è (stato?) uno dei purosangue del parterre Hyperdub, e da diversi anni sfoggia ad ogni uscita un carisma e una padronanza dei mezzi da far invidia al più navigato dei producer di area dubstep: la sua Tarantula è diventata una presenza fissa nelle compilation UK dub più eclettiche (era anche qui), i suoi 12'' Mu5h e Zomby EP lo hanno visto amoreggiare con le visioni 8-bit tanto care al filone, e per la serie "provate a darmi una categoria" il suo precedente full-lenght ha coraggiosamente resuscitato l'età dell'oro rave al grido di Where Were You in '92? (altro che Pendulum...). Non forza mai la mano nei tecnicismi e non ripete mai sé stesso due volte, in una lenta metamorfosi perpetua che finora ha sempre soddisfatto le aspettative.
Oggi Zomby capitalizza la propria disinvoltura compositiva, distogliendo l'attenzione dalla componente meramente tecnica e affrontando senza timore il quesito estetico cruciale: può la passione per l'oscuro tornare in auge dopo il vuoto lasciato dal fu dubstep? Una possibile risposta vuol darla Dedication, fotografia ad alta risoluzione (sentito il tocco di fino del producer?) di come la nuova fase step abbia scelto da qualche tempo di abbandonare il proprio carattere rigido ed elitario, prendendo le distanze dai canoni UK bass, recidendo definitivamente il cordone ombelicale che lo legava all'underground grime e trasformandosi di fatto in un approccio di destrutturazione della dance intelligente.
Così si giustificano le architetture essenziali di Alothea o Riding With Death, che rinunciano agli eccessi dub in favore di una eleganza mistery che coglie nel segno. Una volta compreso il disegno globale si possono assorbire senza troppo stupore mosse come Black Orchid e A Devil Lay Here, che ridisegnano lo spirito spiccatamente dark del dub sulle sempre più apprezzate soluzioni Goblin/classic horror: come reinventare una nuova dark wave spostando di poco il timone citazionistico. I brani più riusciti sono però Natalias Song (ok, Burial lo abbiamo già sentito ovunque, ma qualcuno ha il coraggio di disprezzarne questi reflussi?) e la penetrante Things Fall Apart, con il contributo vocale di Panda Bear a dar vita ad una splendida nenia apatica e ossessiva su sfondo thrilling gocciolante.
Dedication è espressione del male di vivere moderno, e le depressioni lugubri di Resolve e Basquiat sono le lacrime disperate dell'angoscia ai tempi degli automi elettronici. È questo il segreto del vero artista: sapersi svincolare dalla regola generale mettendo in gioco la propria unicità espressiva, anche (e soprattutto) se ciò comporta liberare i propri disagi, le proprie densità emozionali. E se i risultati son tanto più riusciti quanto appaiono naturali e sinceri, allora qui siamo in presenza di uno dei lavori più importanti e caratteristici dell'estetica step UK recente. Questo Zomby può imporsi come pilastro per il nuovo corso, senza timori di inferiorità verso pesi massimi storici come Burial e Skream. La scena rimane sempre una polveriera, vero, ma c'è sempre bisogno di un faro-guida.
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