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R Recensione

8/10

Zomby

Dedication

Dici Zomby e pensi: "Che classe". Il talento londinese è (stato?) uno dei purosangue del parterre Hyperdub, e da diversi anni sfoggia ad ogni uscita un carisma e una padronanza dei mezzi da far invidia al più navigato dei producer di area dubstep: la sua Tarantula è diventata una presenza fissa nelle compilation UK dub più eclettiche (era anche qui), i suoi 12'' Mu5h e Zomby EP lo hanno visto amoreggiare con le visioni 8-bit tanto care al filone, e per la serie "provate a darmi una categoria" il suo precedente full-lenght ha coraggiosamente resuscitato l'età dell'oro rave al grido di Where Were You in '92? (altro che Pendulum...). Non forza mai la mano nei tecnicismi e non ripete mai sé stesso due volte, in una lenta metamorfosi perpetua che finora ha sempre soddisfatto le aspettative.

Oggi Zomby capitalizza la propria disinvoltura compositiva, distogliendo l'attenzione dalla componente meramente tecnica e affrontando senza timore il quesito estetico cruciale: può la passione per l'oscuro tornare in auge dopo il vuoto lasciato dal fu dubstep? Una possibile risposta vuol darla Dedication, fotografia ad alta risoluzione (sentito il tocco di fino del producer?) di come la nuova fase step abbia scelto da qualche tempo di abbandonare il proprio carattere rigido ed elitario, prendendo le distanze dai canoni UK bass, recidendo definitivamente il cordone ombelicale che lo legava all'underground grime e trasformandosi di fatto in un approccio di destrutturazione della dance intelligente.

Così si giustificano le architetture essenziali di Alothea o Riding With Death, che rinunciano agli eccessi dub in favore di una eleganza mistery che coglie nel segno. Una volta compreso il disegno globale si possono assorbire senza troppo stupore mosse come Black Orchid e A Devil Lay Here, che ridisegnano lo spirito spiccatamente dark del dub sulle sempre più apprezzate soluzioni Goblin/classic horror: come reinventare una nuova dark wave spostando di poco il timone citazionistico. I brani più riusciti sono però Natalias Song (ok, Burial lo abbiamo già sentito ovunque, ma qualcuno ha il coraggio di disprezzarne questi reflussi?) e la penetrante Things Fall Apart, con il contributo vocale di Panda Bear a dar vita ad una splendida nenia apatica e ossessiva su sfondo thrilling gocciolante.

Dedication è espressione del male di vivere moderno, e le depressioni lugubri di Resolve e Basquiat sono le lacrime disperate dell'angoscia ai tempi degli automi elettronici. È questo il segreto del vero artista: sapersi svincolare dalla regola generale mettendo in gioco la propria unicità espressiva, anche (e soprattutto) se ciò comporta liberare i propri disagi, le proprie densità emozionali. E se i risultati son tanto più riusciti quanto appaiono naturali e sinceri, allora qui siamo in presenza di uno dei lavori più importanti e caratteristici dell'estetica step UK recente. Questo Zomby può imporsi come pilastro per il nuovo corso, senza timori di inferiorità verso pesi massimi storici come Burial e Skream. La scena rimane sempre una polveriera, vero, ma c'è sempre bisogno di un faro-guida.

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Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 25 voti.

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tarantula alle 14:19 del 2 luglio 2011 ha scritto:

Discone!!!

per chi ha amato l'ultimo dei Vex'D solo un pò meno oscuro, perché qui la componente gotica è più estetica piuttosto che sentita come sofferenza dell'anima!

gull alle 20:36 del 20 luglio 2011 ha scritto:

Ah però! Interessante e molto promettente, da quel poco che ho ascoltato! Bravo Carlo che ci tieni aggiornati su questi generi così cool!

synth_charmer, autore, alle 9:44 del 21 luglio 2011 ha scritto:

wow, guarda un po' zitto zitto dov'è finito il caro Zomby in classifica, non immaginavo potesse piacere tanto! dovere, gull. Anzi, missione!

target alle 10:12 del 21 luglio 2011 ha scritto:

Hai visto: stai manovrando la svolta electro di sdm ) Il disco l'ho ascoltato una volta sola, settimana scorsa: bello, solo un po' troppo spezzettato (Biscardi direbbe 'no allo Zomby sbezzadino!'). Ci tornerò sicuro, comunque: interessante lo era.

synth_charmer, autore, alle 10:32 del 21 luglio 2011 ha scritto:

RE:

oh ma davvero, c'è un rullo che più electro non si può, le lobby elettroniche qui diventano sempre più potenti! disco frammentato, dici? Beh sì, che ogni canzone ha un suo stile diverso dalle altre è vero, ma la considero una virtù. In ogni caso c'è un filo conduttore di fondo, fatto più di sofferenza che di semplice oscurità. Un'intensità non comune in area step (dove si tende invece più a concentrarsi sull'artifizio tecnico), un altro punto in comune con Burial. E stiamo parlando di un artista che sa fare davvero di tutto, e lo ha già dimostrato. Londra è troppo avanti, diciamolo

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 10:26 del 21 luglio 2011 ha scritto:

Sta manovrando un mucchio di zombie replicanti e muti come i morti eheh che hanno però gusti molto diversi da lui. Ad essi piaccion molto anche BVDUB, Desolate, Fleet foxes,... Comunque bisognerà ascolarlo a modo, mai sottovalutare Carletto, uno su cinque lo imbrocca sempre! Per il momento, dopo l'ascolto sul pc delle tracce qui postate: dici Zomby e io penso che glasse eheh

synth_charmer, autore, alle 10:36 del 21 luglio 2011 ha scritto:

RE: uno su cinque lo imbrocca sempre!

...e gli altri 4 sei tu che non li hai capiti, mettici più impegno!

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 10:52 del 21 luglio 2011 ha scritto:

RERE 1:5

Ce lo metto eccome se ce lo metto l'impegno Carlè ed ho sempre con me anche qualche pasticca di sinflex forte 550 eh

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 12:52 del 21 luglio 2011 ha scritto:

Bell'album davvero, spezzettato in effetti, ma per contrappasso velocissimo e di una fruibilità unica. Come Flying Lotus, anche se per generi differenti, ogni cosa che tocca rapidamente Zomby diventa argento (e poco ci manca per l'oro). "Natalia's Song", "Things Fall Apart" e "A Devil Lay Here" sopra tutte.

boskizzi (ha votato 8 questo disco) alle 11:42 del 3 agosto 2011 ha scritto:

Mamma mia che bella scoperta. Thanks a lot. Acquistato stamane, credo che lo ascolterò in cuffia per un bel po'.

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 20:44 del 3 agosto 2011 ha scritto:

un bel lavoro, si. riesce nello stesso tempo a suonare familiare e a stupire, conservando alcuni stilemi caratterizzanti che lo rendono quasi un disco di dubstep "classico", nonostante siano numerosi gli innesti, le fughe in avanti e un approccio futuristico. detto questo l'album sconta, a mio avviso (e non solo mio da quel che leggo nei commenti qui sotto), un'eccessiva frammentarietà. la cosa non è gravissima però, ci troviamo di fronte ad un album di tutto rispetto. il giudizio potrà crescere, per ora però siamo sul 7,5.

loson (ha votato 9 questo disco) alle 16:37 del 29 agosto 2011 ha scritto:

La poetica del frammento. Strabiliante. Aphex Twin, Detroit, jazz, electro, IDM, 8-bit, EriK Satie, il primissimo synth-pop (qello oscuro e minimale), tutto ovviamente riletto alla luce del dubstep (o fu-dubstep, per quel che conta...). Disco proondamente melodico, stratificato, ponte fra dance popular e mondo avantgarde. Strabiliante (2) notare come ogni brano, anche il più piccino picciò (l'exotica in salsa afro di "Salamander", il drone a intermittenza di "Vanquish") sia perfettamente delineato, completo, dotato di personalità. E ascoltarli mentre l'uno sfuma nell'altro, stile "pocket symphony" o "libretto magico", permette di apprezzare sequenze a dir poco sconvolgenti: come quando dalla giungla al laser di "Black Orchid" ci si trova catapultati in un'automobile - il carburante è puro Mr. Fingers riletto Autechre - con una creatura orripilante che ci fissa dal sedile passeggero e alita "yeah" mefistofelici ("Riding With Death"); o ancora lo sfumare di "Lucifer" nel quadretto impressionista "Digital Rain". Una considerazione ad minchiam. Gran parte della dance elettronica, dai tempi della disco di Moroder, ci ha sempre proposto il concetto di "durata" come tassello fondamentale per la corretta fruizione di questa musica: tracce medio-lunghe (per non parlare degli extended mix) i cui tempi dilatati garantiscono l'attivarsi di determinati meccanismi sonori (nella musica stessa) e fisico-uditivi (nell'ascoltatore). Zomby qui ribalta la questione riducendo ogni traccia all'osso, senza però perdere in efficacia e forse guadagnando in coinvolgimento, visto il repentino susseguirsi di scenari. Fà un po' strano definire così un disco di nemmeno 36 minuti, ma tant'è: monumentale.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 9:16 del 31 ottobre 2011 ha scritto:

"la poetica del frammento"

Si legge sull'ultimo Mucchio a firma Damir Ivic (con quel nome è senz'altro un fantasista eheh) nella recensione dell'album di Joker (The vision): "...un lavoro inutile: una virata pop al filone dubstepiano...". Ma che c'entra rebby? C'entra, c'entra anzi centra eheh. Infatti la mezzapunta pensa lo stesso del qui recensito Dedication, tanto da parlare nella sua rece più di questo che di quello. Dice infatti dell'ultimo Zomby, "stroncando senza pietà": "Lavoro insufficiente il suo, molto meno interessante rispetto al precedente materiale da lui fatto uscire e soprattutto accettabile solo per chi certe sonorità elettroniche le orecchia facendo però di tutto per farsele piacere, per dimostrare di essere, ehm, alla page." Ma come? E adesso come faccio a dire che a me piace? Carletto urge una robusta entrata da mediano eheh. La definizione del Los (non sarà un epitaffio?) è da incorniciare.