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glenn dah
MessaggioInviato: Lun Dic 21, 2020 3:18 pm  Rispondi citando
Musicofilo


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UNDINE - C. Petzold, 2020

Notevole.
Due interpreti magistralmente nella parte, di magnetismo puro.
Senza svenevolezze inutili, una fantastica (in entrambi i sensi) storia d'amore e morte . Poi si svolge a due passi da dove abitavo io :°°°(

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"Morgan è il Caravaggio del nostro tempo"
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FrancescoB
MessaggioInviato: Ven Gen 01, 2021 11:56 am  Rispondi citando
Music God


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Alcuni film di fine anno.

George Stevens - Il Gigante


Colossal hollywoodiano della durata di quasi tre ore e mezza, che ho riservato alla serata dell'ultimo da vivere in lockdown ghgh
Stevens racconta la storia dei coniugi Benedict, ricchi e tradizionali mandriani del Texas rurale degli anni '30 e '40, cui contrappone l'ascesa di un giovane rampante e privo di scrupoli, che prima lavora alle loro dipendenze e poi, grazie a un fortunato lascito ereditario, diventa miliardario con il petrolio. Il film ha la pecca della lungaggine - tre ore e mezza sono davvero troppe, si poteva tagliare come minimo una mezz'ora; in alcune scelte estetiche, stilistiche e narrative risulta un pochino datato, molto in orbita Hollywood classica.
Però ci sono Rock Hudson, Elizabeth Taylor e soprattutto James Dean, alla terza e ultima prova da attore, prima dell'incidente automobilistico che gli sarà fatale pochi mesi più tardi. Il set fu un campo di battaglia, secondo quanto si legge, in quanto non correva buona sangue tra Dean e il regista e soprattutto tra Dean e Hudson, star ben più navigata. Condivido però le impressioni dello stesso Hudson: Dean recita sempre come se fosse sul lettino di uno psicoanalista, e all'epoca la cosa doveva risultare sconvolgente, oggi a tratti mi risulta un filo stonata.

Raoul Ruiz - La Ville des pirates

Una recensione entusiasta del leggendario Loson mi ha convinto a recuperare quello che viene considerato il capolavoro del regista cileno di adozione francese. E poi, quando ho visto che si parlava di surrealismo e post-modernismo, mi sono sentito nel giardino di casa. L'opera è un gioiello, io resto leggermente più freddo del mito Los perché a volte la confusione dei piani narrativi mi manda in titl. Questo in ogni caso non è un film che vuole raccontare una storia, ma costruire un immaginario: può anche essere che si tratti del mero delirio della protagonista (un'assassina? Una pazza?), isolata sulla costa dell'oceano; la fotografia satura e che esalta i colori più forti mi ha incantato, la figura del bambino mi ha invece inquietato, il finale mi ha sconcertato. Cito proprio Los: questo film sembra alludere a tutto e a nulla, "Persino di qualcosa talmente insensato, ridicolo e inconcludente come la vita".

George Wolfe: Ma Rainey's Black Bottom

Recentissima produzione Netflix, un buon lavoro che risente un po' dell'impostazione teatrale forse, dedicato alla figura della leggendaria bluesman, ambientato nella Chicago polverosa, razzista, dominata dal crimine degli anni '20. Nulla per cui strapparsi i capelli, ma l'ho guardato volentieri.

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MessaggioInviato: Ven Gen 29, 2021 4:41 pm  Rispondi citando
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Meet John Doe (Arriva John Doe) - 1941

Per fare soldi a palate un importante giornale americano inventa la persona di John Doe, fittizio uomo medio che si getterà dalla cima del municipio di New York la notte di Natale per protestare contro i mali della società. Allo scopo di conferire credibilità al tutto pagano un uomo in grado di recitare efficacemente la parte di mr. Doe; ma egli, che pure si chiama John, inizia a credere davvero negli ideali che doveva proclamare solo per farsa, e si decide a incarnare il personaggio al massimo delle sue capacità. Ma loschi uomini di potere tramano per sfruttare a loro vantaggio il fenomeno...

Di Capra si sono dette le peggio cose: populista, banalotto, simbolo di un cinema apparentemente vuoto di contenuti. Ma egli è anche uno di quei rari registi dotati di un cuore grande come una casa, e che questo cuore nei loro film migliori te lo vogliono far sentire tutto, anche a costo di passare per idealisti, per illusi. Capra sa bene che i soldi dominano buona parte del mondo, che l'entusiasmo delle masse è facilmente corruttibile, che i buoni sono spesso ingenui, che la tristezza e la disillusione possono colpire troppo forte e uccidere. Poi mette tutto questo da parte e torna a sognare un popolo intriso di una bontà profonda e luminosa.

Certamente il suo film più sottovalutato.

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MessaggioInviato: Lun Feb 01, 2021 6:01 pm  Rispondi citando
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Who Framed Roger Rabbit (Chi ha incastrato Roger Rabbit) - 1988

Los Angeles, 1947. Il detective alcolizzato Eddie Valiant finisce suo malgrado implicato in un caso di omicidio ai danni di un uomo d'affari compiuto da un "cartone animato". Lui e il sospettato cercheranno di scoprire la verità.

Il retro del DVD lo indica come "commedia"; assolutamente fuorviante: questo film è soprattutto una (geniale) parodia dei noir polizieschi americani. Un universo dove i cartoni lavorano come attori pagati per far ridere - ma nella "vita vera" forse sono tutt'altro che simpatici. Interessante il fatto che vengano presentati ambiguamente, un po' buffi e un po' loschi, con spesso una mancanza di giudizio inquietante (esemplare la scena della caduta dal palazzo: Titti fa cadere Eddie, e Topolino e Bugs Bunny non solo non lo salvano ma lo deridono nel bel mezzo della caduta). Pazzesca poi l'analogia dei cartoni con gli intrattenitori neri nell'America di quegli anni: il club con palco dove lavorano solo "cartoni" ma con un pubblico rigorosamente di persone vere, il fatto che quando un cartone uccide una persona è molto più sconvolgente del contrario...

Coloratissimo e unico.

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FrancescoB
MessaggioInviato: Lun Feb 01, 2021 10:11 pm  Rispondi citando
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Chi ha incastrato Roger Rabbit? è davvero un gioiello e un film irripetibile.

Qualche visione recente:

Barbet Schroeder - Barfly


La Schroeder ricorre a un cast d'eccezione e mette Mickey Rourke nei panni di Henri Chinaski, alias Charles Bukowski. Il film racconta della sua vita sregolata e degradata nei bassifondi di Los Angeles, della sua passione per donne e alcol e del suo inatteso successo come scrittore. Un ottimo lavoro, che però perde qualche punto quando ricorre troppo a certi stereotipi sull'artista "maledetto".

Morgan Neville - Won't You Be My Neighbor?

Splendido documentario sulla vita di Mister Rogers, in America una celebrità tra anni '60 e '90, conduttore di un programma per bambini delicato come la Melevisione e al tempo stesso capace di affrontare temi scottanti (il Vietnam, il razzismo, l'omosessualità). Rogers sembra quasi un Ned Flanders in carne e ossa, ma si intuisce che dietro la sua gentilezza quasi parodistica e la sua enorme correttezza nascondeva un carattere di ferro e la ferma determinazione di comunicare davvero con gli spettatori, specie con i piccoli. Era un conservatore dichiarato e non poteva vedere Trump molto prima che questi entrasse in politica, il fatto che il documentario sia uscito nel pieno dell'era Trump forse non è casuale.

Lucio Fulci - Non si sevizia un paperino

Capolavoro del giallo all'italiana, anticonvenzionale come più o meno ogni creazione di Fulci, anche per l'ambientazione improbabile, sulla carta (un paesino della Puglia). Alcune scene da capogiro e cast straordinario.

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MessaggioInviato: Ven Feb 05, 2021 6:23 pm  Rispondi citando
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Paths of Glory (Orizzonti di gloria) - 1957

Francia, prima guerra mondiale. Due generali dell'esercito francese decidono di sferrare un attacco ai limiti dell'impossibilità (e ne sono consapevoli), per conquistare la zona tedesca del "Formicaio". Ce la farà il corpo militare incaricato? Quali saranno le conseguenze?

In linea generale, per me un film di guerra fatto bene deve avere poco tempo dedicato ai combattimenti e molto dedicato ai "contorni", al resto: e questo film di certo supera il test. La fiera logica della Guerra viene rovesciata come un calzino, e vengono messi in luce tutti i suoi aspetti più abietti, ovvero pretese assurde, sommo disprezzo della coscienza e dell'intelligenza dei soldati, squallidi giochi di potere fra i gerarchi. Insomma, un tuffo in un brutto passato, che non fa mai male.

Dei vari capolavori di Kubrick, questo rischia di essere "saltato", forse perché meno moderno e immane rispetto agli altri, più semplice. Ma resta un documento imprescindibile per ricostruire la sua alta visione del genere umano.


Suspiria - 1977

Vienna. Nel mezzo di un violento temporale notturno la ballerina Suzy Benner cerca di entrare in una prestigiosa accademia di danza, ma non le aprono; vede però fuggire una ragazza in preda al panico. La ragazza quella notte verrà uccisa in maniera assurdamente brutale. Il giorno dopo riesce ad entrare nell'accademia, dove percepirà presto qualcosa di strano nell'ambiente...

L'opinione di molti riguardo a Dario Argento è: un seguace di Hitchcock con massimo un quinto del talento del maestro. Probabile che abbiano ragione, in effetti uno sguardo d'insieme della sua carriera la rivela, ehm... scoraggiante. Eppure, eppure. Suspiria, per cui ho un grosso debole, è speciale. Un'ambientazione gotica così intensa non l'ho mai vista (e poi si parla di Burton...) i colori sono un qualcosa di incredibile, la colonna sonora è un gioiello... che roba. Un film così ad Argento non riuscirà mai più. Che colori.

Gotico ed espressionista. A mio parere, un vanto del cinema italiano.

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FrancescoB
MessaggioInviato: Dom Feb 07, 2021 7:58 am  Rispondi citando
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Quoto le considerazioni di Gennà su Orizzonti di gloria, che è non solo uno dei capolavori del Sommo, ma direi una delle opere d'arte chiave di tutto il secolo scorso.
Se Kirk Douglas si supera, Adolphe Mejou regala un'interpretazione al tempo stesso perfida, sublime e titanica. Il finale mi mette i brividi anche dopo trenta visioni.

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MessaggioInviato: Dom Feb 07, 2021 9:54 pm  Rispondi citando
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Dieci film, famosissimi e celebratissimi, di cui periodicamente è bene rimarcare  la straordinaria bellezza:


2001: A Space Odessey (2001: Odissea nello spazio) - 1968

Apocalypse Now - 1979

Bronenosets Potyomkin (La corazzata Potëmkin) - 1925

The Gold Rush (La febbre dell'oro) - 1925

The Godfather (Il Padrino) + Part II - 1972/1974

No Country for Old Men (Non è un paese per vecchi) - 2007

Underground - 1995

The Conversation (La conversazione) - 1974

Taxi Driver - 1976

Eternal Sunshine of the Spotless Mind (tradotto ignobilmente in italiano con - Se mi lasci ti cancello) - 2004

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FrancescoB
MessaggioInviato: Lun Feb 08, 2021 8:15 am  Rispondi citando
Music God


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Possiamo anche dire che Coppola negli anni '70 è illegale? Perché (bestemmio) Il Padrino è quasi il minore dei suoi capolavori ed è tipo un film da 9. La Conversazione quasi inclassificabile, Apocalypse Now inclassificabile e basta.

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MessaggioInviato: Lun Feb 08, 2021 11:09 am  Rispondi citando
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Sì, possiamo dirlo. Da che mondo è mondo, Coppola ha messo d'accordo tutti, dalla critica più comune ai critici più marcatamente indipendentisti. Credo che il segreto della sua produzione settantiana stia in una commistione di talento, studio attento e grossi (o enormi) budget perfettamente adoperati per lo scopo; ma soprattutto, un utilizzo sistematico di attori indimenticabili in ruoli indimenticabili come raramente (mai?) è accaduto nella storia del cinema. Marlon Brando e Al Pacino nella parte di Corleone padre e figlio, De Niro (mio padre si chiamava Antonio Andolini...), l'Hackman meticoloso e circospetto di "Conversation"... per non parlare di un Cazale unico nel dipingere personaggi deboli e inetti (anche in Deer Hunter ovviamente), e degli altri grandi che hanno contribuito a rendere unici quei film.

Comunque, una carrellata del perché gli altri film sono speciali: Space Odessey beh, perché è Space Odessey, Potyomkin per il titanico montaggio (fermando il film in qualsiasi momento si ha una foto perfetta), Gold Rush per la tenerezza senza tempo, No Country for Old Men per la qualità generale, Underground perché è fuori di testa e ricco come poche cose mai accadute al Cinema, Taxi Driver per l’alienazione urbana (e il De Niro sovrannaturale), Eternal Sunshine perché mi ha fatto frignare (per ben due volte!), e non mi capitava da circa tre anni (da Gran Torino e La vita è bella, per capirci).

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MessaggioInviato: Gio Feb 11, 2021 6:52 pm  Rispondi citando
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The Thing (La cosa) - 1982

Antartide. Una stazione di ricerca americana assiste ad uno strano spettacolo: due uomini a bordo di un elicottero stanno cercando di uccidere un cane in fuga, utilizzando persino bombe a mano. Quando il cane raggiunge la base americana, l'uomo impazzito inizia a sparare sull'equipaggio e viene quindi ucciso. Ma presto si rendono conto che lo strano evento è correlato ad un terribile pericolo che incombe su tutti loro.

Io ho rispetto per gente come Romero, con il suo "Night of the Living Dead" (grande idea che avrebbe potuto portare a un capolavoro), o Hooper, con il "Texas Chainsaw Massacre" (altro film di grande potenza ma intaccato da scarsità di mezzi e inesperienza); registi non particolarmente brillanti, ma comunque e con budget risicati in grado di tirar fuori film di una certa levatura. Carpenter è certamente tra i loro "figli" (ha girato "Helloween"), ma nel suo film più impegnativo, The Thing appunto, forte anche di un budget finalmente importante, dà fondo a tutte le sue capacità e la sua esperienza creando una "cosa" che a mio avviso supera tutti i maestri... "They Live", invece, poteva essere un film della madonna - guastato però da attori scadenti e certe povere scelte di sceneggiatura, un gran peccato.

Tensione insopportabile, effetti speciali da capogiro, persino la colonna sonora di Morricone, danno vita a uno dei massimi horror di tutti i tempi e uno dei pochi che a distanza di molti anni (trenta e passa!) ancora riesce a far rimescolare le budella allo spettatore.

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21 Grams (21 grammi) - 2003

Impossibile parlarne della trama, visto che è creativamente de-strutturata e ricostruita dal regista, ed essendo quindi la sua ricomposizione uno dei suoi motivi d'interesse. Un inaspettato intreccio di vite (ma, a ben pensarci, plausibilissimo), una serie di duri rapporti di causa ed effetto, una tragedia venuta dal nulla. Lo scontro (apparente?) tra il Caso e la volontà.

Questo difficile film non va visto a cuor leggero. Crudo come pochi (come a volte la vita sa essere), infastidirà senz'altro chi pretende sempre storie a lieto fine. Non che il finale sia totalmente (banalmente, quindi) triste: è un finale giusto; solo non necessariamente come intendiamo la giustizia noi mortali.

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Elaine M. Sheldon - Recovery Boys

Ottimo documentario del 2018 dedicato a una delle piaghe della società americana contemporanea, ovvero la tossicodipendenza da oppiacei che uccide decine di migliaia di persone ogni anno e che per la prima volta ha abbassato l'aspettativa di vita degli americani. Un pugno nello stomaco, con qualche buco nella fase centrale (alcuni cambiamenti non vengono approfonditi bene), ma di grande interesse e che non edulcora nulla.

Steve James - Hoop Dreams


Documentario risalente a metà anni '90 e dedicato all'adolescenza di due giovani afroamericani di Chicago che ripongono grandi aspettative nella pallacanestro. Un po' lungo, ma splendido esempio di cinema verità e interessante spaccato dei sobborghi della Wind City all'epoca di Air Michael Jordan (ma le problematiche restano di estrema attualità).

Regina King- One Night in Miami

Un buon film del 2021 che racconta del complesso rapporto di quattro stelle dell'universo afroamericano negli anni '60. Naturalmente, parla dei problemi di allora quanto di quelli di oggi, non troppo diversi. Qualche lungaggine e qualche assolo un po' pesante, ma gli attori (soprattutto quelli che interpretano Malcolm e Sam Cooke) sono ottimi e la fotografia di un'epoca affascinante e tumultuosa è efficace.

Harmony Korine - Spring Breakers


Al tempo dell'uscita (2013), questo film fece molto discutere; ho letto recensioni che l'hanno stroncato completamente (non ultima quella del leggendario Mereghetti), altre che l'hanno esaltato come un piccolo capolavoro. Io mi colloco a metà strada: film audace, saturo, quasi a metà strada tra certo surrealismo di Malick e un'estetica pop pacchiana in stile MTV. Secondo me dobbiamo evitare la trappola del giudizio morale perché questo film da un lato mette a nudo alcuni aspetti della società e dall'altro vuole solo giocare con certi simboli e con una certa mentalità, a mio avviso. La scena con la canzone di Britney (in versione struggente) suonata al pianoforte da un grande James Franco è tra le più memorabili che abbia visto nell'ultimo periodo.

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MessaggioInviato: Mar Mar 02, 2021 8:47 pm  Rispondi citando
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Das weiße Band (Il nastro bianco) - 2009

Un paesino tedesco, fine ottocento - o almeno questo credevo all'inizio del film. Mentre torna a casa, il dottore del villaggio cade rovinosamente da cavallo finendo in ospedale. Il motivo: un nastro bianco, teso fra due altri, ha fatto inciampare l'animale in corsa. Presto altri strani accadimenti turbano la quiete del piccolo paese.

Ogni tanto i film "pastorali" (esiste come definizione?) ci vogliono, sono un tuffo in un passato distante, seppur non lontanissimo, dove è un piacere far visita. Avete presente "Com'era verde la mia valle"? Ecco: questo film è tutta un'altra cosa. Questa "Pastorale Tedesca" non parla di un piccolo Eden di buoni sentimenti e alti valori morali, ma piuttosto di un passato corroso da una risma di torbidità private, dove la piccolezza del luogo somiglia ben poco a un pregio. E Haneke è un genio. Semplicisticamente, si può dire che Il nastro bianco sia "Com'era verde la mia valle" passato al negativo fotografico.

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MessaggioInviato: Mer Mar 03, 2021 7:39 am  Rispondi citando
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Francis Veber - La cena dei cretini

Commedia di fine anni '90, molto francese per estetica e filosofia, ma anche molto divertente e con alcune trovate geniali. Nulla per cui stracciarsi le vesti, ma scorre liscia come l'olio e ti strappa diverse risate.

Arthur Penn - Four Friends

Dopo anni di ricerche vane ho trovato su Amazon Prime questo gioiello del leggendario Arhtur Penn, emblema della New Hollywood e del cinema indipendente americano che riesce a sfondare anche presso il grande pubblico (basti pensare a La Caccia, Bonnie & Clyde, Piccolo Grande Uomo). Four Friends è tra i risultati più alti della sua carriera, un film semi-corale (qualcosa di Altman, anche se l'impianto rimane più ordinato) che racconta gli anni del sogno americano, che si collocano tra la fine dei '50 e l'inizio dei '70; ma la grande storia (Kennedy, il Vietnam, i movimenti afroamericani) rimane sullo sfondo, Penn si concentra su quattro vicende individuali e ne ricava un gigantesco, magniloquente ritratto della piccola borghesia americana. Capolavoro.

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