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R Recensione

7/10

Alcest

Écailles De Lune

Biasio, a rapporto! D’accordo, lo confesso: al sottoscritto il black metal, salvo eccezioni sporadicissime sul versante orchestrale, proprio non va. Ci ha provato decine, centinaia di volte ad approcciarlo, in molti (troppi) modi diversi, arrivando anche al punto estremo di obnubilare la, già di suo parecchio offuscata, sottosfera ideologica di cui si nutrono a palate questi artisti. Una volta mi carica di depressione. La seguente non riesco a sostenere i riverberi “a zanzara” che contraddistinguono le – generalmente – sporchissime chitarre. Poi è il turno dello scream, tenuto sempre e continuamente all’erta, come un allarme pronto a scattare e difficile a fermarsi. Urla strozzate, sanguigne, rauche, distorte, vocoderizzate, nichiliste: avessi trovato la tipologia che fa per me, non ne starei qui a parlare. Non è questione della tecnica in sé (cosa dovrei dire, altrimenti, del growl death?); l’idiosincrasia non affligge i suoi oggetti per il gusto del disturbo. Infine, rieccoci nel circolo vizioso, i testi. Pseudo-filosofia, romanticismo, foreste, chiese incendiate, inni pagani… Così nel 1990, come nel 2010. Alla lunga parodistico.

Biasio, fuori tutta la verità! Certo che proprio non vi si può nascondere nulla, eh… Il problema è che, negli ultimi anni, ho capito di essermi preso una cotta mica da ridere per Alcest. Sì, insomma: quello che si dovrebbe chiamare alsè e che tutti nominano, alla lettera, alcest. Bypassatelo sotto lo pseudonimo Neige, sotto l’egida di cantante-e-chitarrista-qualunque (ma autore, ricordatevelo, di un certo “Souvenirs D’Un Autre Monde”), fatelo passare come nuova leva tra le nuove leve del levante black transalpino, la verità non cambierà: mi piace la sua musica, che teoricamente non avrebbe dovuto piacermi. Ohibò! Un problema in più per l’ispettore Callaghan. Non di difficile risoluzione, comunque. Più che spingersi nei territori più propri di Burzum e compari, ciò che suona il francesino potrebbe, infatti, tranquillamente passare per shoegaze carico e dagli accenti emotivi maggiormente enfatizzati. Emo-gaze? Non siamo qui per coniare il neologismo peggiore, ma per cercare, dentro il nuovo “Écailles De Lune”, conferme al capolavoro del 2007 che, appena qualche mese fa, erano rimaste un po’ in forse nei due brani, “Percées De Lumière” – riproposto tale e quale anche qui – e “Circe Poisoning The Sea”, dello split condiviso con i Les Discrets. L’indecisione di chi non sa, a conti fatti, se tagliare un altro pezzo delle proprie radici, oppure tornare sui propri passi ed attaccarsi, prosaicamente, alle proprie passioni adolescenziali.

Biasio, basta chiacchiere inutili: qual è il responso? Andiamo con calma. Gli ingredienti per confezionare il fiasco dell’anno c’erano proprio tutti: il clamore mediatico, la tensione di doversi rapportare ad un nuovo, unanime consenso, la prospettiva di chi è cosciente del proprio essere punto d’equilibrio di un intero genere, rapportato al crocevia tra il passato ed il futuro. Invece, ancora una volta la classe e la sincerità – la stessa, ricorderete, che avevo quasi messo in dubbio – hanno avuto la meglio su tutto il resto. Alcest, con un disco così sulle spalle, avrebbe anche potuto vivere per un po’ di rendita, scegliendo di non scegliere: la tentazione c’è stata, e tracce ne sono rimaste, seppur non così nette (“Solar Song” che, all’opposto, è uno scurissimo pozzo di angelica mestizia). Per il resto ha, semplicemente, seguito la strada che gli pareva più congeniale, mantenendo importanti tratti caratteristici – il muro di suono, la voce eterea – e soggiacendo ad altrettanto rilevanti introduzioni, come l’adozione, in pianta fissa, di un batterista in line-up (tale Winterhalter) e dello scream alternato.

I risultati, almeno nella title-track, sono vertiginosi: venti minuti, suddivisi in due parti, dove i respiri acustici annegano nei feedback, le torsioni vocali si strangolano all’arringare di mitragliate di blast, scaglie di torrido gusto hard rock (alcuni assoli non sono davvero messi a caso!) che planano, disordinate, su un compattissimo scheletro new wave di matrice Amesoeurs. Basterebbe questo sunto, zaffata di introspettiva decadenza, per riassumere quella che già, nel settore, viene chiamata Lègion Noir, la riunione delle menti bleus dei progetti black più importanti nel Paese. O forse no, perché, nonostante la maggior aderenza al suono originario fosse stata preannunciata più volte a gesti, diviene arduo poter riassumere tutte queste influenze in un’etichetta, fra l’altro, così vituperata. Ecco che la già nota “Percées De Lumière”, connotata negativamente all’interno dello split, assume finalmente un suo significato dentro questa nuova gerarchia, giusto tributo ai numi tutelari di Neige presi, però, per mano, e fatti danzare in un bagno delle migliori sfumature rock dal 2000 in poi, con il cipiglio romantico e tenebroso di un Ian Curtis già a contatto con il suo destino.

La chiusura, sulle ali degli armonici di “Sur L'Océan Couleur De Fer”, ha il difetto di smorzare troppo il ritmo di un lavoro altrimenti da considerarsi consacrazione definitiva di un talento, quello di Alcest, che ci auspichiamo possa ancora crescere. Mentre gli altri farfugliano, lui agisce.

Biasio, non fare il poeta! Obbedisco…

 

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 9 voti.
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krikka 5/10
Grind 10/10

C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:18 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Eccezionale la recensione, complimentissimi Marco!

Sicuramente dedicherò qualche ascolto (più d'uno!) a questo nuovo lavoro degli Alcest; per la verità, quello che ancora non mi convince è l'uso delle voce, troppo sottile, troppo eterea, per nulla marcata: intendiamoci, sono d'accordissimo con Marco quando parla dell'odiosa sanguinolenza e cacofonia dello scream, che disprezzo con tutto me stesso, ma davvero avrei preferito, anche per "Souvenirs d'un Autre Monde" una voce più significativa; peccato, perchè per il resto è davvero un disco splendido.

Ancora complimenti a Marco per la recensione, simpaticissima ma non semplicista o qualunquista

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:28 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Il commento sulla voce scritto poc'anzi non si riferiva certo al "sample" postato da Marco, che invece sto ascoltando proprio ora.

Anche se per motivi diversi, continua a non piacermi 'sta voce.

E lo ripeto: peccato, peccato, peccato.

bargeld alle 0:32 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Filippo, ma perchè hai dato 8 se ancora devi dedicarci qualche ascolto? E se glielo avessi dedicato, perchè 8 se c'è quella voce che proprio non ti convince? Chiedo, eh.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 1:08 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Effettivamente mi sono dimenticato di specificarlo, ma il voto era riferito alla recensione di Marco più che al disco in sè. Tutto qui

REBBY alle 8:23 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Ma i voti (e la classifica che ne consegue)

dovrebbero essere per i dischi non per i

recensori eheh

synth_charmer alle 9:31 del 30 aprile 2010 ha scritto:

è la recensione più bella che abbia letto negli ultimi mesi. Non so se ascolterò il disco, ma grandissimo Marco

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 10:21 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Pazienza, non lo sapevo e adesso lo so. Grazie per le spiegazioni comunque.

rael alle 11:00 del 30 aprile 2010 ha scritto:

il voto alla recensione e non al disco uahuahuah questa è il top dei top_'

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 11:28 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Quante storie ragazzi, suvvia...

bargeld alle 12:21 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Tranqullo Filippo, ci mancherebbe, era solo per valutare il tuo voto alla luce del fatto che sei un recensore, non solo un ascoltatore, e giacchè 8 è comunque un votone cercavo di estrapolare il tuo metro di giudizio.

Di solito si impara sbagliando, do not worry.

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 12:48 del 30 aprile 2010 ha scritto:

Figurati, nessun problema: pensavo si potessero mettere voti solo alle recensioni. Mi sbagliavo.

Ora che lo so, evito di fare altre figuracce

tarantula (ha votato 5 questo disco) alle 16:08 del 2 maggio 2010 ha scritto:

Mai disco fu più diviso: discreta la prima parte e veramente noiosa la seconda. Nei primi 3 pezzi c'è una buona alternanza tra melodia eterea ed accelerazioni metal; negli ultimi 3 prima si scende e poi si precipita nella noia!

morpheo33 (ha votato 9 questo disco) alle 2:46 del 18 maggio 2010 ha scritto:

stupendo ...nessun'altro aggettivo! secondo me al livello con il predecessore, se non migliore!