Alcest
Écailles De Lune
Biasio, a rapporto! Daccordo, lo confesso: al sottoscritto il black metal, salvo eccezioni sporadicissime sul versante orchestrale, proprio non va. Ci ha provato decine, centinaia di volte ad approcciarlo, in molti (troppi) modi diversi, arrivando anche al punto estremo di obnubilare la, già di suo parecchio offuscata, sottosfera ideologica di cui si nutrono a palate questi artisti. Una volta mi carica di depressione. La seguente non riesco a sostenere i riverberi a zanzara che contraddistinguono le generalmente sporchissime chitarre. Poi è il turno dello scream, tenuto sempre e continuamente allerta, come un allarme pronto a scattare e difficile a fermarsi. Urla strozzate, sanguigne, rauche, distorte, vocoderizzate, nichiliste: avessi trovato la tipologia che fa per me, non ne starei qui a parlare. Non è questione della tecnica in sé (cosa dovrei dire, altrimenti, del growl death?); lidiosincrasia non affligge i suoi oggetti per il gusto del disturbo. Infine, rieccoci nel circolo vizioso, i testi. Pseudo-filosofia, romanticismo, foreste, chiese incendiate, inni pagani Così nel 1990, come nel 2010. Alla lunga parodistico.
Biasio, fuori tutta la verità! Certo che proprio non vi si può nascondere nulla, eh Il problema è che, negli ultimi anni, ho capito di essermi preso una cotta mica da ridere per Alcest. Sì, insomma: quello che si dovrebbe chiamare alsè e che tutti nominano, alla lettera, alcest. Bypassatelo sotto lo pseudonimo Neige, sotto legida di cantante-e-chitarrista-qualunque (ma autore, ricordatevelo, di un certo Souvenirs DUn Autre Monde), fatelo passare come nuova leva tra le nuove leve del levante black transalpino, la verità non cambierà: mi piace la sua musica, che teoricamente non avrebbe dovuto piacermi. Ohibò! Un problema in più per lispettore Callaghan. Non di difficile risoluzione, comunque. Più che spingersi nei territori più propri di Burzum e compari, ciò che suona il francesino potrebbe, infatti, tranquillamente passare per shoegaze carico e dagli accenti emotivi maggiormente enfatizzati. Emo-gaze? Non siamo qui per coniare il neologismo peggiore, ma per cercare, dentro il nuovo Écailles De Lune, conferme al capolavoro del 2007 che, appena qualche mese fa, erano rimaste un po in forse nei due brani, Percées De Lumière riproposto tale e quale anche qui e Circe Poisoning The Sea, dello split condiviso con i Les Discrets. Lindecisione di chi non sa, a conti fatti, se tagliare un altro pezzo delle proprie radici, oppure tornare sui propri passi ed attaccarsi, prosaicamente, alle proprie passioni adolescenziali.
Biasio, basta chiacchiere inutili: qual è il responso? Andiamo con calma. Gli ingredienti per confezionare il fiasco dellanno cerano proprio tutti: il clamore mediatico, la tensione di doversi rapportare ad un nuovo, unanime consenso, la prospettiva di chi è cosciente del proprio essere punto dequilibrio di un intero genere, rapportato al crocevia tra il passato ed il futuro. Invece, ancora una volta la classe e la sincerità la stessa, ricorderete, che avevo quasi messo in dubbio hanno avuto la meglio su tutto il resto. Alcest, con un disco così sulle spalle, avrebbe anche potuto vivere per un po di rendita, scegliendo di non scegliere: la tentazione cè stata, e tracce ne sono rimaste, seppur non così nette (Solar Song che, allopposto, è uno scurissimo pozzo di angelica mestizia). Per il resto ha, semplicemente, seguito la strada che gli pareva più congeniale, mantenendo importanti tratti caratteristici il muro di suono, la voce eterea e soggiacendo ad altrettanto rilevanti introduzioni, come ladozione, in pianta fissa, di un batterista in line-up (tale Winterhalter) e dello scream alternato.
I risultati, almeno nella title-track, sono vertiginosi: venti minuti, suddivisi in due parti, dove i respiri acustici annegano nei feedback, le torsioni vocali si strangolano allarringare di mitragliate di blast, scaglie di torrido gusto hard rock (alcuni assoli non sono davvero messi a caso!) che planano, disordinate, su un compattissimo scheletro new wave di matrice Amesoeurs. Basterebbe questo sunto, zaffata di introspettiva decadenza, per riassumere quella che già, nel settore, viene chiamata Lègion Noir, la riunione delle menti bleus dei progetti black più importanti nel Paese. O forse no, perché, nonostante la maggior aderenza al suono originario fosse stata preannunciata più volte a gesti, diviene arduo poter riassumere tutte queste influenze in unetichetta, fra laltro, così vituperata. Ecco che la già nota Percées De Lumière, connotata negativamente allinterno dello split, assume finalmente un suo significato dentro questa nuova gerarchia, giusto tributo ai numi tutelari di Neige presi, però, per mano, e fatti danzare in un bagno delle migliori sfumature rock dal 2000 in poi, con il cipiglio romantico e tenebroso di un Ian Curtis già a contatto con il suo destino.
La chiusura, sulle ali degli armonici di Sur L'Océan Couleur De Fer, ha il difetto di smorzare troppo il ritmo di un lavoro altrimenti da considerarsi consacrazione definitiva di un talento, quello di Alcest, che ci auspichiamo possa ancora crescere. Mentre gli altri farfugliano, lui agisce.
Biasio, non fare il poeta! Obbedisco
Tweet