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R Recensione

7/10

Bachi Da Pietra

Necroide

Necroide è un album crudele, nero, pesante che definisce il probabile confine ultimo dell’estremizzazione che ha subito la musica dei Bachi da Pietra, per un sound che ha sempre di più il sapore del sangue e del metallo. Nati in fondo a cunicoli di catacombe a profondità abissali, i Bachi da Pietra ce li ritroviamo da qualche anno a questa parte sparati verso la superficie in cerca di non so quali stelle o nemici. Come l’estraneo di Lovecraft,  terrorizzano se stessi e gli altri con l’aberrazione che suggerisce il proprio aspetto e, tra un growl futurista ed un vocoder apocalittico, rimangono come a galla in un mare nero da loro stessi creato. Perché in fondo l’unica possibile trappola su questo sentiero fa parte del sentiero stesso; di certo la scelta di proporre un genere così duro e un approccio intellettuale così esplicito comporta il probabile rischio di fregarsi da soli, come un Icaro che invece di volare striscia e divora ma con l’ambizione di non essere considerato ‘mostro’.

Se osserviamo però dall’alto la storia del duo, ci possiamo accorgere di come in dieci anni di carriera non abbiano mai fallito un tiro e abbiano anzi consegnato alla musica italiana un capitale d’indubbia prepotenza qualitativa e di originalità, nonostante anche in passato lo stile affrontato fosse tutt’altro che di facile approccio; se è vero che la loro forse unica pecca è il non aver mai dato ai propri album la completezza necessaria per ambire a vette qualitative tali da potersi fregiare di chissà quali titoli, sfido chiunque a dire che ad oggi non sono una realtà musicale che, pur in scissione netta con lo stesso, contribuisce molto a far rialzare un po’ la china a quell’ambiente da ‘fighette post-chic’ che è diventato il panorama alternative italiano, soffocato come da una paura ancestrale di far scelte che possano anche solo richiamare il concetto di estremismo (in tutte le sue accezioni).

A galla dicevamo, e a galla rimangono infatti: non riesco a vederli allontanarsi verso chi sa quali lidi, o a vagare in Mari Lontani, direi invece che i nostri coriacei Bachi riescono nell’impresa di eruttare un album che devasta come pochi altri. Dal metal nero di Black Metal il Mio Folk, Feccia Rozza, Fascite Necroide, Danza Macabra, ai richiami alla musica nera (che sia soul, blues...) di Slayer & The Family Stone, Tarli Mai, la sperimentale quanto (a mio dire) riuscita Apocalinsect, a musiche dal maggior raggio come quelle di Vodooviking e Cofani Funebri, nonostante il sentiero impervio, le trappole sembrano tutte abilmente evitate in un dedalo di mostri e crudeltà in cui Succi e Dorella sembrano preferire, al districarsi tra gli ostacoli, falciare tutto, affrontando a viso aperto ogni bestia feroce. Non c’è uno sprazzo di luce a concedere tregua, anche nei momenti più, per così dire, pacati (Sepolta viva) il clima rimane  teso e oscuro e sicuramente questa cifra stilistica mantiene il suo fascino dalla prima all’ultima canzone. Uno stile che paga il conto con le innumerevoli influenze (dal metal anni ottanta, ai primi Swans, ai Today Is the Day) ma suona indipendente e completo, un discorso che parte da un punto preciso e che trova una sua ideale conclusione, regalandoci l’immagine di una band per nulla stanca  ma anzi attiva e vitale, rinvigorita dalla prospettiva ampia che la virata verso i confini estremi del Rock le ha concesso.

Roba seria dunque, per nulla compromessa o setacciata da impurità non-commerciali e che apre le orecchie ora a suon di ritmiche prepotenti e sferragliate epiche, ora con un approccio più claustrofobico, memore delle radici che dieci anni fa la band aveva saldamente ancorato nel granito e con una linea testuale che dalla slavatura dei versi vira sempre di più verso un incastonare le parole tra pezzi di roccia e acciaio in un approccio che vagamente ricorda l'hip hop e l'RnB e che per nulla stona in uno stile sempre più ritmato. Manca però ancora qualcosa per poter chiamare questo lavoro con un nome più bello del semplice ‘buon album’. Che sia il pezzo che metta tutti d’accordo o una maggiore profondità del muro sonoro che sembra quasi sempre frenato al livello epidermico, ma nonostante tutto si può dire in tutta tranquillità che Necroide non ha fatto altro che dare ancor più lustro ad una band che ha fatto della totale indipendenza dal circuito commerciale e l'assoluta sincerità artistica i propri marchi di fabbrica.

Necroide quindi, un bell’album di una band che più nera non si può.  Per orecchie fini ( in quanto Bachi da Pietra) ma non timorose di bruciare a volume sparato per un mortaio impazzito che strappa più di un fremito a chi è disposto a farsi emozionare. Bravissimi.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Franz Bungaro (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:01 del 11 ottobre 2015 ha scritto:

Ottima recensione, condivido e sottoscrivo tutto. Succi e Dorella, sempre più equipaggio rodato di una zattera che buttata nell'oceano fa il casino di un transatlantico.